Toscana

AFGHANISTAN, “EMERGENCY” HA LASCIATO IL PAESE

“Il personale di Emergency ha lasciato l’Afganistan sotto la responsabilità dell’Ambasciata d’Italia, oggi giovedì 26 aprile” dice un comunicato diffuso ieri da ‘Emergency‘, l’organizzazione medico-umanitaria di Gino Strada. Per tutti coloro che aldilà di qualsiasi personale convinzione ideologica sanno quanto vitale possa essere, soprattutto per i civili più poveri, l’attività di un’organizzazione come “Emergency”, la giornata che si sta chiudendo è da segnare in nero sul calendario degli aiuti umanitari. In un’intervista puvvlicata da “Peacereporter”, il giornale on-line vicino ad Emergency, Gino Strada ha detto: “Gli ospedali di Kabul, del Panjshir e di Lashkargah sono chiusi. I pazienti sono stati tutti dimessi dopo aver ultimato tutte le cure di cui necessitavano: le ammissioni le avevamo già bloccate diversi giorni fa. I pochi pazienti non ancora in condizione di essere dimessi sono stati trasferiti in altre strutture ospedaliere. Dentro abbiamo lasciato tutta l’attrezzatura medica. Il personale afgano dei tre ospedali, 1.200 persone in tutto, è stato mandato a casa, con salario garantito fino a fine maggio. Per sicurezza abbiamo lasciato solo le nostre guardie a sorvegliare le strutture e alcune decine di persone a far la guardia fuori dagli edifici e a fare le pulizie all’interno. Tutto questo perché vogliamo essere nelle condizioni di riaprire e riprendere l’attività in ogni momento”. Il comunicato dell’organizzazione chiarisce altri aspetti della decisione: “Mercoledì 25 aprile funzionari di polizia afgani si sono presentati all’ospedale di Emergency a Kabul intimando allo staff internazionale presente (tre cittadini italiani, un belga e un cittadino elvetico) di «consegnare i passaporti». La consegna è stata rifiutata. Abbiamo chiesto e ottenuto la migliore collaborazione da parte dell’Ambasciatore italiano a Kabul Ettore Sequi e della responsabile della Unità di Crisi della Farnesina, Elisabetta Belloni. Quest’ultimo grave episodio conferma come il governo afgano abbia perseguito con ogni mezzo, nell’ultimo mese, l’obiettivo di espellere Emergency dall’Afganistan: obiettivo ovviamente raggiungibile se i «servizi di sicurezza» di un governo impiegano le loro forze, anche militarizzate, contro chi pratica la non violenza. Il signor Amrullah Saleh, capo dei servizi di sicurezza afgani, ha definito Emergency un’ organizzazione «che sostiene i terroristi e addirittura i membri di Al Qaeda in Afganistan». Per i poteri del signor Saleh, capo della polizia, non si tratta di una diffamazione, ma di una minaccia: una chiara istigazione a rendere la nostra associazione un obiettivo. La detenzione, illegale e provocatoria dell’amministratore del personale dell’ospedale di Emergency di Lashkar-gah, il signor Rahmatullah Hanefi, che ha messo a repentaglio la propria vita per salvare quella di altri esseri umani, rientra in questo disegno del governo afgano”.

Nell’intervista a “Peacereporter”, ricordando che dietro la scelta di Kabul è forse “mossa da ‘mani invisibili’, come ha detto giorni addietro il ministro afgano della Sanità, mani statunitensi, ovviamente” , Strada aggiunge: “Emergency, soprattutto nel sud del paese, era percepita come una presenza scomoda. Era, anzi, l’unica presenza scomoda rimasta in zona di guerra. Il solo fatto di curare i civili vittime dei bombardamenti aerei della Nato è una cosa sgradita a chi sostiene che l’Occidente sia lì per portare democrazia e per ricostruire il paese. Non ho mai visto bombe che riscotruiscono! Tolta di mezzo Emergency, nel sud dell’Afghanistan rimangono solo soldati e spie”. Dal 1999 – ricorda il comunicato – Emergency ha fornito assistenza medica e chirurgica di alto livello e gratuita a oltre 1.500.000 cittadini afgani nei Centri chirurgici di Anabah, Kabul e Lashkar-gah e nel Centro di maternità e medicina in Panshir, nelle 25 cliniche e posti di primo soccorso e nelle 6 cliniche nelle prigioni afgane. “Gli interventi di Emergency – continua il documento – hanno come unico scopo la risposta ai bisogni della popolazione, in particolare della popolazione civile, in particolare di quanti, la quasi totalità, non potrebbero ricevere nessuna assistenza che non fosse gratuita. Questo dice, ben al di là del rammarico, la drammaticità della situazione che si determina con la sospensione dell’attività in Afganistan. L’impossibilità di permanenza del personale internazionale rende questi ospedali non in grado di offrire servizi qualitativamente adeguati alle necessità dei pazienti. Non possiamo assumerci la responsabilità di ingannare feriti e malati con illusioni che determinerebbero danni”. Per tutti coloro che aldilà di qualsiasi personale convinzione ideologica sanno quanto vitale possa essere, soprattutto per i civili più poveri, l’attività di un’organizzazione come “Emergency”, la giornata che si sta chiudendo è da segnare in nero sul calendario degli aiuti umanitari.

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