Lucca

Alle sorgenti dell’impegno pastorale di Enrico Bartoletti

In queste pagine emerge l’infaticabile attività di pastore della Chiesa di Lucca e di segretario della Cei, di studioso attento alle ricerche bibliche e teologiche d’oltralpe, di apprezzato conferenziere e padre spirituale di tante persone si radicava infatti in una profonda esperienza spirituale di credente innamorato di Gesù Cristo e della sua Parola.

Il Diario spirituale pubblicato è accompagnato da una introduzione dello storico Agostino Giovagnoli, da una Nota introduttiva del curatore e da una presentazione dei momenti salienti della vita del vescovo, nonché da un apparato di note che aiutano il lettore meno esperto a orientarsi nella selva di nomi e di citazioni testuali presenti nel Diario. Esso consiste in una serie di quaderni ed agende sulle quali Bartoletti annotava riflessioni spirituali, resoconti di incontri, corsi di esercizi spirituali e conferenze, valutazioni e bilanci (spesso fortemente autocritici) sul suo cammino interiore e sulle attività pastorali svolte: esso consente quindi di conoscere meglio soprattutto l’uomo, il cristiano Bartoletti, e di ricostruire l’itinerario, talora sofferto, mediante il quale egli acquisì una precisa consapevolezza del contesto socio-culturale e religioso in cui viveva la Chiesa italiana e degli appelli che il Signore le rivolgeva, attraverso persone ed eventi, chiamandola a rinnovarsi e a discernere nuove forme di testimonianza e di azione pastorale tra gli uomini del nostro tempo. Il titolo del volume è tratto dal motto episcopale di Bartoletti, a sua volta ripreso da Isaia 30,15.

Come osserva don Marcello nella nota introduttiva, non si tratta di una fonte compatta e sistematica: se risultano documentati gli anni della sua formazione in Seminario ed i primi anni di ministero sacerdotale, nonché quelli dell’episcopato lucchese e del servizio prestato a Roma come segretario della Cei, mancano materiali relativi al decennio 1947-1957, durante il quale egli svolse la funzione di rettore del Seminario fiorentino ed avviò importanti contatti con varie personalità del mondo ecclesiale e della cultura. Da altre fonti (anche orali) sappiamo che quel decennio fu per Bartoletti un periodo di notevoli sofferenze, per le incomprensioni che dovette affrontare da parte di alcuni superiori e confratelli, di cui compare comunque qualche traccia anche nel Diario.

Il materiale, che nelle agende non seguiva un rigoroso ordine cronologico, viene distribuito nel volume, rispettando comunque il contesto originario mediante una serie di rinvii alle pagine delle singole agende, in tre capitoli, corrispondenti a tre periodi della vita di Bartoletti: Bartoletti seminarista (1933-1939), Bartoletti presbitero (1940-1946), Bartoletti vescovo (1958-1975).

Appunti personaliCome rileva il Giovagnoli, non si tratta di testi destinati ad un pubblico, ma di appunti personali, che ci consentono non tanto di conoscere la figura pubblica di Bartoletti, quanto piuttosto «di entrare a diretto contatto con la vita spirituale di mons. Bartoletti», segnata da momenti di grande fiducia nell’azione dello Spirito (ad esempio nell’agosto 1941 egli ringrazia il Signore per avere incontrato tante persone nel sacramento della confessione; l’11 ottobre 1962, all’apertura del Concilio, annota: «Dio sa parlare, quando vuole, agli uomini che l’attendono e lo cercano»), ma anche da momenti forte insoddisfazione (ad esempio il 17 gennaio 1941 confessa: «Signore, mi trovo a un vero disastro nella mia vita spirituale. Quel carattere fermo e volitivo che altri mi attribuiscono non è per nulla mio possesso»). Il Diario illumina inoltre «le radici conciliari che sono state all’origine del percorso compiuto dalla Chiesa italiana negli ultimi decenni»: se egli non intervenne mai pubblicamente in Concilio, preparò tuttavia il terreno per la sua maturazione e per la successiva ricezione mediante lo studio approfondito della Scrittura e della liturgia, anche con l’apporto di personalità come Agostino Bea, Giulio Belvederi, don Divo Barsotti e con la frequentazione di ambienti come il monastero di Camaldoli. Nuove sensibilità spiritualiGli anni del Seminario vedono emergere, a partire da una spiritualità di tipo tradizionale, incentrata sull’esame di coscienza e la confessione frequente, sull’opposizione gloria di Dio-gloria dell’uomo, sul culto del Sacro Cuore e della regalità di Cristo «re delle anime» che ha come nemico il peccato, e su un’immagine forte del ministero sacerdotale, una sensibilità particolare per l’ascolto della Parola e la liturgia (il 3 luglio 1943 dichiara di voler essere «ostia di lode specialmente nella preghiera») ed un’attenzione al rapporto personale coi compagni ed allievi di Seminario, che assume i caratteri di una paternità generosa ed esigente ma altresì di una fraternità spirituale. Il giovane Bartoletti percepisce il valore dello studio, ma lo subordina al primato della formazione spirituale; si interroga sul modo in cui sta vivendo la sua vocazione e, giunto nell’ottobre 1934 al Collegio Capranica, annota: «Ho bisogno di stabilire saldamente il regno di Cristo nell’anima mia, per costituirlo poi nell’anima degli altri. Ecco il mio compito quotidiano, superiore anche a quello della formazione intellettuale». Poco dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1940, dichiara: «Non voglio, o Gesù, essere mediocre; voglio lasciarmi attrarre e trasformare dalla tua santa umanità»; «Devo una buona volta decidermi ad essere integrale, totalitario; a cercare solamente la tua volontà per uniformarmi ad essa». Tra i seminaristi come «angelo custode»Divenuto vicerettore, dichiara di voler essere «angelo custode» dei suoi alunni, e manifesta, insieme ad un senso di inadeguatezza di fronte ai compiti, una carità pastorale profonda: «Ho scoperto molti atti di infedeltà fra i ragazzi, ma, “Deo gratias”, certe ferite ci fanno avvicinare di più, ci fanno ad un tratto diventare amici, e ci accorgiamo finalmente di fare la strada insieme». Avverte inoltre l’esigenza di tener conto dell’esistenza di diversi livelli di maturazione, anche tra i sacerdoti giovani ai quali dedica varie lezioni. Si rende conto dei limiti di certi ambienti ecclesiastici: «il Seminario e i seminaristi di Orvieto: desolante visione di mediocrità provincialesca» (20 luglio 1942).

Il 26 luglio 1943, dopo la caduta di Mussolini, percepisce la precarietà degli idoli terreni: «Ho sentito Iddio attraversare la storia!». Dopo la nomina a rettore del Seminario minore (settembre 1943) Bartoletti esprime a don Giueppe Lensi il suo timore di trovarsi in una situazione difficile soprattutto per quanto concerne i rapporti col clero. L’11 febbraio 1946, di fronte agli attacchi ricevuti per il suo modo di gestire il Seminario, confessa a don Lupori il suo profondo senso di solitudine: «Mi rifugio in qualche libro che mi hai fatto conoscere anche tu: Bernanos è diventato spaventosamente mio. Eppoi cerco di rifugiarmi in Dio, per quanto mi dispiaccia di ridurlo a una cosa tanto meschina e soggettiva il mio Dio».

Si avverte il passaggio da un’impostazione ascetico-attivistica ad un atteggiamento di fiducioso abbandono nelle mani di Dio (si veda il riferimento al «Tutto è grazia» di Bernanos, in data 10 febbraio 1945). Nella lettera inviata ai familiari alla vigilia dell’ordinazione presbiterale (luglio 1939: «L’ideale che domani per me si compie, anche se non tutti lo comprendono, non è umano, ma divino: io divento realmente un altro Cristo!») ed ancora nel 1943 egli mostra di aderire ad una spiritualità sacerdotale incentrata sull’idea che il sacerdote deve essere un «altro Cristo»; ma nel 1961, in occasione di un pellegrinaggio a Lourdes, questa immagine è applicata anche agli infermi e in generale al cristiano in quanto tale; ed affiora l’idea del sacerdozio comune dei fedeli, per cui i presbiteri sono chiamati a vivere «come fratelli fra i fratelli» (settembre 1969).

L’episcopatoDopo l’ordinazione episcopale, alle riflessioni spirituali (con qualche momento di forte autocritica) si alternano sempre più spesso appunti di lavoro e schemi di esercizi spirituali. Nel breve Diario del Concilio (ottobre-novembre 1962) Bartoletti esprime la sua fiducia in papa Giovanni ed il suo disagio di fronte a talune iniziative di vescovi italiani («Mi spiace, davvero, il clima in cui ci mettiamo, avallando sempre più i sospetti nei riguardi dell’Episcopato straniero e confermando sempre più le nostre false sicurezze e il nostro conformismo»).

Dopo l’udienza papale del 20 settembre 1975 si sente sostenuto da Paolo VI nel portare la croce: «L’udienza di oggi è stata per me una grazia del Signore, attesa con sofferenza, ricevuta con intima gioia e profonda commozione. Il Papa, quasi rispondendo ai miei dubbi e insicurezze interiori, mi ha confermato il suo mandato e la sua fiducia, approvando quanto ho potuto fare nella difficile situazione italiana ed esortandomi a continuare col suo pieno appoggio».

Il Diario, col suo prezioso corredo di note, aiuta a comprendere quali letture abbiano nutrito la crescita spirituale di Bartoletti oltre alle citazioni esplicite (di J.B. Chautard, autore de L’anima dell’apostolato; Agostino, Bernardo, san Francesco di Sales, Teresa d’Avila, Pascal, Laberthonnière, F. Mauriac, Sertillanges, Bernanos, don Primo Mazzolari…) troviamo richiami spesso non letterali ma piuttosto liberi a testi classici come l’Imitazione di Cristo e gli opuscoli di S. Alfonso de’ Liguori e ad autori meno noti di fine Ottocento (come Beaudenom).

Nel volume sono inserite tre importanti testimonianze (dell’ambasciatore Pompei, di don Ernesto Balducci, del teologo Italo Mancini) che aiutano a comprendere l’impegno profuso da Bartoletti per favorire il dialogo tra le diverse componenti della Chiesa italiana, nonché tra la Chiesa ed una società in via di rapida secolarizzazione, nei difficili anni della ricezione ed attuazione del Concilio.

La lettura del volume, al di là dell’omaggio al vescovo, può aiutare a liberarci da una religiosità abitudinaria e a vivere con maggiore consapevolezza il nostro cammino di fede in una società che cambia, senza dimenticare l’aiuto prezioso che possono fornirci i grandi maestri spirituali, tra i quali merita di essere collocato anche il vescovo Bartoletti.

 

SCHEDA DEL LIBRO:Bartoletti Enrico: In spe fortitudo. Diario spirituale (1933-1975). Introduzione di Agostino Giovagnoli. A cura di Marcello Brunini. Edizioni Dehoniane Bologna, maggio 2013. Pagine: 208. Già disponibile nelle librerie.