Opinioni & Commenti

Anche la povertà presenta il conto alla famiglia

di Omar Ottonelli

Tra le notizie che hanno recentemente scandito il drammatico incedere della crisi economica (andamento febbrile dello spread, crescita della disoccupazione, pressione fiscale da record: al 55%…) merita certamente d’esser ricordata quella riguardante la pubblicazione del dossier Istat sulla povertà in Italia nel 2011.

Le stime ci dicono che circa l’11.1% delle famiglie italiane (il 5.2% in Toscana) sono da considerare al di sotto della soglia di povertà relativa e resta da capire quanto sia sostenibile una povertà del genere ancora a due cifre (tra le più alte in Occidente), a fronte di uno Stato che, stante la pesante pressione fiscale potrebbe almeno assicurare più efficaci politiche redistributive in grado di fronteggiarla e di riattivare, anche per questa via, quella domanda di beni e servizi che continua a languire.

Leggendo il documento, si scopre che, quando il capofamiglia ha meno di 65 anni, sono poveri appena il 3.6% dei nuclei con un solo componente e il 4.6% delle coppie prive di figli; quando, invece, c’è un figlio la percentuale sale al 10.4%, va al 14.8% con due figli e schizza perfino al 27.2% quando i figli a carico sono tre o più. Dati semplicemente allarmanti, specie se posti a confronto con il caso della Francia, dove il sostegno alla famiglia è ben più istituzionalizzato: le statistiche d’Oltralpe dicono che sono relativamente poveri l’11.9% dei nuclei con un solo individuo e il 4.2% delle coppie senza prole, ma appena il 3.3% di quelle con un figlio, il 4.2% di quelle con due figli e il 9.5% di quelle che di figli ne hanno tre o più.

I dati italiani, insomma, sia letti in termini assoluti, sia in confronto all’emblematico caso francese, mettono ancora una volta a nudo la debolissima tutela che in Italia è riconosciuta all’istituzione familiare, intesa come luogo di formazione del futuro del paese. I numeri ci incoraggiano dunque a tornare a rivendicare l’urgenza di riforme (più volte promesse e sempre drammaticamente disattese) che possano finalmente premiare chi sceglie di scommettere e investire sulla famiglia, anziché ricompensarlo con una crescente probabilità di finire tra coloro che non arrivano alla fine del mese. L’amore per i figli, spesso, è moneta più che sufficiente a far fronte ad ogni difficoltà e a distogliere le famiglie dal sollevare le loro legittime pretese; uno Stato e una nazione che desiderino ancora guardare con ottimismo al proprio futuro, invece, non possono più permettersi di costringere all’affanno chi, silenziosamente, si batte ogni giorno per assicurarlo.