Lucca

Annarosa Nannetti: testimone di pace e riconciliazione

Una «pasionaria» dell’Associazione dei Familiari delle Vittime degli eccidi nazifascisti dei Comuni di Grizzana, Marzabotto, Monzuno e territori limitrofi, Anna Rosa Nannetti, è venuta a trovarci in Redazione in occasione di un incontro con fratel Arturo Paoli (nella foto) e con gli studenti della scuola Media di Gallicano. La signora Nannetti ha raccontato che la sua attività di «costruttrice di pace» è nata in famiglia, nella cerchia di amici, ripensando alla sua esperienza di bambina di due anni della montagna bolognese.

Sulla Montagna di Monte Sole furono uccisi, con la collaborazione dei fascisti locali, 770 civili inermi, fra donne, bambini, malati, disabili, preti; furono uccisi tutti gli animali, minati campi e boschi e distrutte le case, perché gli abitanti non vi potessero ritornare. I bambini sopravissuti alla «pulizia etnica» furono dati in affidamento alle famiglie della pianura. La Nannetti, una delle bambine, rileva una grande solidarietà nonostante fossero tempi, in cui ognuno aveva da pensare a sé stesso. Molte persone oggi hanno due mamme – dice la Nannetti – una naturale e l’altra affidataria, con la quale è rimasto un legame affettivo intenso.

Nelle scuole, dove viene chiamata a raccontare la guerra, lei racconta la speranza, la gratuità, la solidarietà, che ha permesso alla gente dell’Appennino bolognese di rimettersi in cammino dopo la fine della guerra. Dice di avere molta fiducia nei giovani, nei quali vede crescere la sensibilità per la pace e che restano allibiti all’ascolto della narrazione delle vicende vissute dalle popolazioni di allora, sebbene lei eviti la crudezza.

La Nannetti, ex insegnante, ha creato un ponte di riconciliazione con la Germania, realizzando un progetto che l’ha portata in ben cinque Licei tedeschi. Le parole della cancelliera Merkel, secondo cui l’esperienza nazista sarebbe «una delle pagine peggiori della storia», sono il segnale che anche in Germania oramai a più livelli si sta dileguando la rimozione e si affronta la realtà storica criticamente – sostiene Nannetti – e aggiunge che lei sottolinea sempre, secondo verità, la differenza fra Wehrmacht (Forze Armate) e SS (unità paramilitari), essendo queste ultime le autrici delle stragi.

Nannetti ha raccolto numerose testimonianze del tragico 1944, che ha trascritto fedelmente da registrazione, omettendo, in fase di revisione, ciò che secondo gli intervistati avrebbe potuto gettare cattiva luce su persone e istituzioni. Per esempio, è stato «autocensurato» il racconto della suora molto severa, quasi spietata, perché l’episodio avrebbe avuto l’effetto di generalizzare e di offendere l’opera generosa e intensa di molte altre suore.

Nella Scuola della Pace di Monte Sole, il territorio in cui avvenne il «genocidio» di Marzabotto e di altri comuni limitrofi, ogni anno un giovane austriaco vi svolge il servizio civile: è anche questo un segnale di riconciliazione e di ferma volontà di voltare pagina, non per dimenticare, ma per proseguire, perché, come scrive Solženicyn nell’«Arcipelago Gulag»: «Se solo fosse così semplice. Se solo vi fossero persone cattive, che insidiosamente commettono azioni cattive e fosse solo necessario separarle dal resto di noi e distruggerle. Ma la linea che divide il bene dal male passa tagliente attraverso il cuore di ogni essere umano. Infondo è solo per il modo in cui sono andate le cose che gli altri sono stati assassini e noi non lo siamo stati».

(L’incontro con Anna Rosa Nannetti è stato possibile grazie all’Anpi e all’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca)