Vita Chiesa

Arezzo, nuova Lettera pastorale dell’arcivescovo Riccardo Fontana

«I discepoli di Emmaus siamo noi, perché è lì, su quella strada, che è nata la terapia della speranza. Il segreto della strada che conduce ad Emmaus è tutto qui: Dio camminerà con noi per sempre, anche nei momenti più dolorosi, anche nei momenti più brutti, anche nei momenti della sconfitta. Non siamo soli: gli altri nostri compagni di viaggio sono i santi, angeli dal volto e dal cuore umano, spesso anonimi, nascosti in mezzo a noi».Il vescovo Riccardo Fontana conclude così la sua nuova Lettera pastorale, Concittadini dei Santi, familiari di Dio – la decima indirizzata alla Chiesa di Arezzo-Cortona-Sansepolcro -, presentata in occasione del recente convegno pastorale diocesano, ad Arezzo, e lo fa con un richiamo forte, accorato, a farci vincere dalla speranza, ad esserne testimoni.Un appello reso ancor più urgente dalla «situazione attuale della pandemia che ci offre l’opportunità di riflettere sulla nostra condizione di Chiesa, per trasformare il grande male in un’occasione propizia per chi vuole crescere nella logica del Regno di Dio. La fede diventa esperienza reale e condivisa, se si esprime in un cammino di Chiesa nutrito dalla stima vicendevole, dall’attenzione per le opinioni altrui quando contribuiscono al bene comune» – ha sottolineato il vescovo Riccardo, cercando – con parole dirette, perfino intime – di leggere i fatti della storia (e la pandemia non può non essere tra questi) attraverso il dono della fede, affidandosi completamente a Dio.E ancora: «dobbiamo far crescere lo spirito di famiglia all’interno delle varie comunità e della nostra amata Chiesa in terra d’Arezzo», impegnati «a costruire per noi e per la generazione dei figli che ci guarda, quella identità in cui tutti ci possiamo ritrovare».Con un’insistenza particolare a unire gli sforzi e il nostro impegno, perché «se costruita insieme, la nostra esperienza ecclesiale diventerà Chiesa di tutti: con un forte senso di appartenenza, una proposta a vivere il Vangelo della carità, a rimotivare quanti sapranno far crescere, con l’entusiasmo dei figli del Regno, che c’è bisogno di tutti, perché questa è la nostra vocazione di concittadini dei santi, familiari di Dio».Essere concittadini dei santi significa avere il culto della santità, ma vivere nel nostro tempo, nel nostro mondo e viverci appieno secondo le esigenze del nostro tempo. Non siamo nati cento anni fa, non saremo creati tra un secolo: ci siamo oggi. Viviamo nell’ambiente di oggi ed abbiamo, facendocene carico, delle responsabilità nei confronti di coloro che ci circondano oggi, valorizzando e potenziando le relazioni con i fratelli di oggi. Siamo chiamati ad essere Figli del Regno, ad essere «coloro che si fidano del Signore (…), che danno al Signore la propria disponibilità a contribuire nella messa in opera del progetto di Dio e pregano il Signore, chiedendo per sé e per gli altri i doni della conversione e della perseveranza».Una Chiesa fatta di figli del Regno è una chiesa capace di affrontare le difficoltà, di edificare il Regno di Dio nel nostro tempo, senza paura, senza timore, perché «è una Chiesa che tiene viva la presenza delle persone incontrate, non già nel rapporto superficiale della conoscenza occasionale, ma è intenta a recuperare la comunità cristiana fatta di volti, di storie, di rispetto e di affetto, di cammino comune e di obiettivi condivisi». È una Chiesa i cui figli sono appieno «concittadini dei Santi, familiari di Dio».