Vita Chiesa

Associazioni e movimenti ecclesiali in Toscana: il Volontariato Vincenziano

«Il nostro punto di forza è il rapporto umano con i più bisognosi, che non sono ‘casi da risolvere’, bensì persone che hanno bisogno di essere aiutate come se fossero di famiglia». Con queste parole della presidente toscana Nicoletta Berardi, professoressa universitaria in pensione di psicobiologia e psicologia fisiologica, conosciamo più da vicino i Gruppi di volontariato vincenziano, un’importante realtà presente in 28 città della Toscana e il cui assistente spirituale regionale è padre Ferdinando Manzoni.Come nasce il suo impegno nei gruppi di volontariato vincenziano?«Sono entrata nel volontariato vincenziano nel 2014, quando a Pisa ho conosciuto alcune persone che facevano parte del gruppo locale, volontari che si impegnano ad alleviare le difficoltà delle singole persone e delle famiglie, volontari che avevano costruito con le persone aiutate un rapporto splendido. Chi opera nella San Vincenzo, infatti, è continuamente al corrente della situazione personale di ogni persona che usufruisce dei servizi, come se fosse parte della famiglia. Ho iniziato anche a leggere gli scritti di san Vincenzo all’epoca e ho conosciuto il modo con cui questo santo aveva avviato nel Seicento quest’attività molto innovativa per l’epoca, soprattutto perché la responsabilità della cura di queste persone bisognose era data alle donne.Sono quindi entrata nell’associazione, spinta dall’idea che avrei potuto fare qualcosa di bello, in buona compagnia, in un contesto in cui il rapporto umano sarebbe stato al primo posto. Di quel periodo ricordo che riflettevo molto sulla frase “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”: in effetti pensavo di aver ricevuto tanto e quindi mi è sembrato giusto ridare qualcosa ad altri che ne avevano bisogno».Cosa vuol dire essere Vincenziani?«In tutta la mia vita ho incontrato tante persone e sono quindi abituata a relazionarmi, come, ad esempio, con i colleghi professori all’università o con gli studenti. Ma il dialogo che c’è con loro è diverso da quello che si può avere con chi ha delle necessità particolari: di fronte a chi ha problemi e chiede aiuto, ci si pone la necessità di risolvere le difficoltà, anche se non sempre è possibile. Essere vincenziani, dunque, significa saper imbastire questo secondo tipo di dialogo. Per me i primi mesi sono stati caratterizzati anche dal tirocinio “all’ascolto”, che certamente non porta alla risoluzione dei problemi, ma può dare “vicinanza”. Ora conosco quante forme di difficoltà e povertà sono presenti all’interno della società Toscana e purtroppo spesso non si conoscono. È cambiato anche il mio modo di vedere la realtà. Un tempo pensavo: “i problemi si affrontano e si risolvono”, ora so che non è sempre così».Di cosa si occupa nello specifico il gruppo di volontariato della San Vincenzo?«Alcuni gruppi si occupano di assistenza in carcere o assistenza alle persone malate; altri si dedicano al doposcuola oppure offrono altri servizi correlati, come la raccolta di libri per gli studenti delle famiglie bisognose; in ogni caso tutti i gruppi si impegnano nella raccolta e nella distribuzione degli alimenti e spesso anche degli indumenti, e nell’ascolto».Della sua missione fa parte anche la lotta alle povertà materiali e spirituali e alle cause che le determinano. Come pensa che siano cambiate le povertà dopo la pandemia?«Il senso di povertà e la misura della povertà sono cambiati perché è cambiata la struttura sociale. Ci sono famiglie che vivono con piccole pensioni, al di sotto dei 500 euro al mese, con cui non si riesce a pagare affitto, utenze e spesa. Si tratta di gravi mancanze di sicurezza che minano tutta la struttura della vita di queste persone. Ci sono comunque forme di povertà anche tra le persone che hanno un tetto e che spesso si trovano a dover scegliere tra l’acquisto del cibo o quello dei libri per i figli.Un’associazione non può certo risolvere tutti i problemi, ma ognuno di noi può dare una mano per aiutare. Le “vecchiette” della “San Vincenzo”, così come qualcuno le chiama, vengono considerate fuori moda, forse perché non si conosce il nostro impegno: la nostra non è un’assistenza, ma un supporto, un accompagnare. Questo è lo scopo dell’Associazione, non solo un aiuto materiale. Il volontario Vincenziano pensa: “Io devo annunciare la buona novella, ma chi opera il cambiamento è il Signore: io sono solo un mezzo, non sono quello che risolve, ma sono quello che dà una possibilità.” Se non ci accompagnassero il Signore e san Vincenzo, faremmo ben poco!»Quali sono i vostri punti di forza e quali invece le difficoltà che incontrate?«La difficoltà principale è che siamo poche rispetto al lavoro che abbiamo di fronte. Il nostro punto di forza, invece, è il fatto che lavoriamo tutte insieme, ci incontriamo, condividiamo problemi e proposte e ne parliamo, facciamo veramente gruppo. E questo lo constato nelle interazioni con i vari gruppi toscani e, in prima persona, nel gruppo di Pisa e nel gruppo regionale, di cui, oltre a me, fanno parte Azelia Batazzi, Carla Gaetani, Claudio Rossi, Lina Bellandi, Maria Cristina Fossi, Graziano Tinivella».Ci può raccontare un aneddoto vissuto durante il suo servizio?«Ogni anno organizziamo, come Gruppo vincenziano di Pisa, un mercatino natalizio, ma nel 2020, a causa della pandemia, questo non era possibile; il parroco però ci ha dato il permesso di fare almeno una vendita simbolica, con il distanziamento, e noi pensavamo che avremmo avuto un forte calo di offerte: i parrocchiani, invece, hanno risposto in maniera incredibile!In particolare, ricordo una signora che è venuta a comprare un barattolo di marmellata e mi ha pagato con tutte monetine da 10 centesimi. Ho capito che era una persona in difficoltà, ma mi ha detto che lei era convinta che qualcuno fosse ancora più in difficoltà di lei. Mentre le davo il barattolo di marmellata, mi è venuto in mente l’episodio del Vangelo, quando la vedova al tempio metteva i pochi spiccioli che possedeva, che per lei erano tutto, mentre gli altri gettavano grandi quantità di monete, solo per far sentire il risuono delle loro offerte».Che messaggio vuole dare ai lettori?«Vorrei rivolgere un invito a tutte le persone a conoscere più da vicino i Gruppi di volontariato vincenziano. La modalità è molto semplice: se non ci avete già incontrati agli eventi che i vari gruppi organizzano nel corso dell’anno, basta recarsi nella propria parrocchia e chiedere al proprio parroco se esiste una realtà locale dei Gruppi di volontariato vincenziano oppure dove si trova il gruppo più vicino alla propria comunità. Si potrebbero così far nascere nuovi gruppi o magari dare una mano a quelli già esistenti».