Politica & società

Autonomia differenziata, via libera al disegno di legge sui Lep

Il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che delega l’esecutivo a definire i livelli essenziali delle prestazioni, base per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Restano incognite sulle risorse e sulla tenuta costituzionale del provvedimento

(Foto Ansa/Sir)

Il governo torna alla carica con l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni. Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli affari regionali Roberto Calderoli, ha approvato un nuovo disegno di legge che delega all’esecutivo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, presupposto fondamentale di tutto il disegno dell’autonomia. I Lep, secondo la formulazione della legge 86 dello scorso anno (nota alle cronache come “legge Calderoli”) costituiscono quei livelli che “indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali e per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali”.

“Il provvedimento – spiega il comunicato di Palazzo Chigi – si compone di 33 articoli, suddivisi in tre titoli. L’articolo 1 delinea l’ambito della delega al governo per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e ne descrive il procedimento di esercizio”.
“In particolare, il comma 1, ai fini della completa attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, conferisce al Governo una delega a emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per le specifiche funzioni disciplinate dalla normativa vigente nelle materie indicate dall’articolo 3, comma 3, della legge 26 giugno 2024, n. 86, ad eccezione della materia ‘tutela della salute’” (per cui sono operativi già da anni i Lea, peraltro con risultati molto controversi date le profonde disuguaglianze che si registrano in materia sanitaria). Le materie a cui si fa riferimento nell’articolo citato – vale la pena ricordarlo – sono le seguenti: norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; alimentazione; ordinamento sportivo; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.

“Il Titolo II del disegno di legge – si legge ancora nella nota di Palazzo Chigi – contiene i principi e i criteri direttivi specifici per la determinazione dei Lep concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in relazione alle funzioni attinenti ciascuna materia, ambito di materia o settore organico di materie”. L’ultimo articolo del ddl prevede, tra l’altro, che dall’attuazione della delega non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il che resta un nodo irrisolto perché, se davvero con i Lep si intendono superare le disuguaglianze tra i cittadini delle diverse Regioni, da qualche parte le risorse dovranno pur essere attinte. L’altra questione è quella dei tempi. Il ddl delega dovrà essere approvato dal Parlamento – e il passaggio non si preannuncia indolore – dopo di che il governo avrà nove mesi di tempo per emanare i decreti attuativi. Resta poi da chiarire se il nuovo testo passerà l’esame di costituzionalità a cui sarà certamente sottoposto una volta divenuto legge. Il precedente fu oggetto di uno scrutinio molto severo da parte della Corte costituzionale che aveva individuato numerosi profili di illegittimità e aveva praticamente riscritto la legge in alcuni dei suoi elementi fondamentali. Ora le opposizioni sostengono che il governo non abbia imparato la lezione e che il nuovo provvedimento sia viziato da problemi analoghi a quelli dell’altro. Il cammino dell’autonomia differenziata si presenta ancora molto lungo e dagli esiti incerti.