Vita Chiesa

BENEDETTO XVI A BRESCIA: PAOLO VI MAESTRO DI VITA E CORAGGIOSO TESTIMONE DI SPERANZA

Ha parlato della “capacità educativa” di Paolo VI ieri pomeriggio Benedetto XVI all’incontro ufficiale per l’inaugurazione della nuova sede e per l’assegnazione del Premio internazionale Paolo VI nell’Auditorium Vittorio Montini dell’Istituto Paolo VI a Concesio. Il premio è stato assegnato quest’anno alla collana francese “Sources Chrétiennes”. “Viviamo – ha detto il Papa – in tempi nei quali si avverte una vera ’emergenza educativa’. Formare le giovani generazioni, dalle quali dipende il futuro, non è mai stato facile, ma in questo nostro tempo sembra diventato ancor più complesso”. Infatti, “si vanno diffondendo un’atmosfera, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona, del significato della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita”. Eppure “si avverte con forza una diffusa sete di certezze e di valori. Occorre allora trasmettere alle future generazioni qualcosa di valido, delle regole solide di comportamento, indicare alti obiettivi verso i quali orientare con decisione la propria esistenza. Aumenta la domanda di un’educazione capace di farsi carico delle attese della gioventù; un’educazione che sia innanzitutto testimonianza e, per l’educatore cristiano, testimonianza di fede”. L’educatore Montini, ha aggiunto Benedetto XVI, “avvertì sempre la necessità di una presenza cristiana qualificata nel mondo della cultura, dell’arte e del sociale, una presenza radicata nella verità di Cristo, e, al tempo stesso, attenta all’uomo e alle sue esigenze vitali”. Ecco perché “l’attenzione al problema educativo, la formazione dei giovani, costituisce una costante nel pensiero e nell’azione di Montini”, che è stato “un sacerdote di grande fede e di ampia cultura, una guida di anime”. Generazioni di giovani universitari hanno trovato in lui, come assistente della Fuci, “un punto di riferimento, un formatore di coscienze, capace di entusiasmare, di richiamare al compito di essere testimoni in ogni momento della vita, facendo trasparire la bellezza dell’esperienza cristiana”. Per Montini “erano essenziali la piena armonia e l’integrazione tra la dimensione culturale e religiosa della formazione, con particolare accento sulla conoscenza della dottrina cristiana, e i risvolti pratici della vita”. Insomma, “non separava mai quella che in seguito definirà ‘carità intellettuale’ dalla presenza sociale, dal farsi carico del bisogno degli ultimi”. Papa Montini insisteva sulla formazione dei giovani “per renderli capaci di entrare in rapporto con la modernità, un rapporto, questo, difficile e spesso critico, ma sempre costruttivo e dialogico”. Paolo VI, pur sottolineando alcune caratteristiche negative della cultura moderna, “come il soggettivismo, l’individualismo e l’affermazione illimitata del soggetto”, riteneva necessario, ha ricordato Benedetto XVI, “il dialogo a partire sempre da una solida formazione dottrinale, il cui principio unificante era la fede in Cristo; una ‘coscienza’ cristiana matura, dunque, capace di confronto con tutti, senza però cedere alle mode del tempo”. Inoltre, per Papa Montini “il giovane va educato a giudicare l’ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola, va aiutato ad avere un ‘pensiero forte’ capace di un ‘agire forte’, evitando il pericolo, che talora si corre, di anteporre l’azione al pensiero e di fare dell’esperienza la sorgente della verità”. In Paolo “mai vennero meno l’anelito e la preoccupazione per il tema dell’educazione” tanto che, in momenti burrascosi e travagliati, come il Sessantotto, “con coraggio indicò la strada dell’incontro con Cristo come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle aspirazioni dei giovani, divenuti vittime dell’ideologia”.Paolo VI definì se stesso “vecchio amico dei giovani”: “Sapeva riconoscere e condividere – ha osservato Benedetto XVI – il loro tormento quando si dibattono tra la voglia di vivere, il bisogno di certezza, l’anelito all’amore, e il senso di smarrimento, la tentazione dello scetticismo, l’esperienza della delusione. Aveva imparato a comprenderne l’animo e ricordava che l’indifferenza agnostica del pensiero attuale, il pessimismo critico, l’ideologia materialista del progresso sociale non bastano allo spirito, aperto a ben altri orizzonti di verità e di vita”. Oggi, come allora, ha affermato il Papa, “emerge nelle nuove generazioni una ineludibile domanda di significato, una ricerca di rapporti umani autentici”. Paolo VI diceva: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. “Maestro di vita e coraggioso testimone di speranza è stato – secondo il Papa – questo mio venerato predecessore, non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti”. Ma, ha concluso, “solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa; non ha perso mai la fiducia nei giovani, rinnovando loro, e non solo a loro, l’invito a fidarsi di Cristo e a seguirlo sulla strada del Vangelo”.Sir