Benedetto XVI

Benedetto XVI, i discorsi a Cipro

1. Intervista concessa sull’aereo durante il volo verso Cipro 2. Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto Internazionale di Paphos (4 giugno 2010) 3. Celebrazione Ecumenica nell’area archeologica della Chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa (Paphos, 4 giugno 2010) 4. Incontro con le Autorità civili e con il Corpo Diplomatico nel grande giardino del Palazzo Presidenziale di Nicosia (5 giugno 2010) 5. Incontro con la Comunità Cattolica di Cipro nel Campo sportivo della Scuola elementare di St. Maron (Nicosia, 5 giugno 2010) 6. Visita di cortesia a S.B. Chrysostomos II, Arcivescovo di Cipro, nell’Arcivescovado Ortodosso di Nicosia (5 giugno 2010) 7. Messa con Sacerdoti, Religiosi, Religiose, Diaconi, Catechisti ed Esponenti di Movimenti ecclesiali di Cipro nella Chiesa parrocchiale latina di Holy Cross (Nicosia, 5 giugno 2010) 8. Messa in occasione della pubblicazione dell’Instrumentum Laboris dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi – Palazzo dello Sport Elefteria (Nicosia, 6 giugno 2010) 9. Recita dell’Angelus Domini (Nicosia, 6 giugno 2010) 10. Visita alla Cattedrale Maronita di Cipro (Nicosia, 6 giugno 2010) 11. Cerimonia di congedo all’Aeroporto Internazionale di Larnaca (6 giugno 2010) 1. Intervista concessa sull’aereo durante il volo verso Cipro

Padre Lombardi: Santità, noi La ringraziamo di essere con noi, come in ogni viaggio, e di darci la Sua parola per orientare la nostra attenzione in questi giorni, che saranno così intensi. Naturalmente, purtroppo, la prima domanda è obbligata per la circostanza che ieri ci ha colpito così dolorosamente, l’assassinio di Mons. Padovese, e che è stata per Lei occasione di un dolore profondissimo. Quindi, a nome di tutti i colleghi, volevo chiederLe di dirci qualche parola su come Lei ha recepito questa notizia e come vive l’inizio del viaggio a Cipro in quest’atmosfera.

Papa: Naturalmente, sono profondamente addolorato per la morte di Mons. Padovese, che ha anche molto contribuito per la preparazione del Sinodo; ha collaborato, e sarebbe stato un elemento prezioso in questo Sinodo. Raccomandiamo alla bontà del Signore la sua anima. Questa ombra, tuttavia, non ha niente a che fare con i temi stessi e con la realtà del viaggio, perché non dobbiamo attribuire alla Turchia o ai Turchi questo fatto. E’ una cosa sulla quale abbiamo poche informazioni. Sicuro è che non si tratta di un assassinio politico o religioso; si tratta di una cosa personale. Aspettiamo ancora tutte le spiegazioni, ma non vogliamo adesso mescolare questa situazione tragica con il dialogo con l’Islam e con tutti i problemi del nostro viaggio. E’ un caso a parte, che rende tristi, ma che non dovrebbe oscurare in nessun modo il dialogo, in tutti i sensi, che sarà tema e intenzione di questo viaggio.

Padre Lombardi: Cipro è una terra divisa. Santità, Lei non si recherà nella parte settentrionale occupata dai Turchi. Lei ha un messaggio per gli abitanti di quella regione? E come pensa che la Sua visita possa contribuire a risolvere la distanza fra la parte greca e quella turca, a procedere verso una soluzione di convivenza pacifica, nel rispetto della libertà religiosa, del patrimonio spirituale e culturale delle diverse comunità?

Papa: Questo viaggio a Cipro è, in molti sensi, una continuazione del viaggio dell’anno scorso in Terra Santa e anche del viaggio a Malta di quest’anno. Il viaggio in Terra Santa aveva tre parti: Giordania, Israele e Territori palestinesi. Per tutti e tre si trattava di un viaggio pastorale, religioso; non era un viaggio politico o turistico. Il tema fondamentale era la pace di Cristo, che deve essere pace universale nel mondo. Il tema era quindi: da una parte, l’annuncio della nostra fede, la testimonianza della fede, il pellegrinaggio a questi luoghi che testimoniano la vita di Cristo e tutta la storia santa; dall’altra parte, la responsabilità comune di tutti quanti credono in un Dio creatore del cielo e della terra, in un Dio a immagine del quale siamo creati. Malta e Cipro aggiungono ancora con forza il tema di San Paolo, grande credente, evangelizzatore, e anche san Barnaba, che è cipriota e che ha aperto la porta per la missione di San Paolo. Quindi, testimonianza della nostra fede per l’unico Dio, dialogo e pace sono i temi. Pace in un senso molto profondo: non è una aggiunta politica alla nostra attività religiosa, ma pace è una parola del cuore della fede, sta nel centro dell’insegnamento paolino; pensiamo alla Lettera agli Efesini, dove dice che Cristo ha portato la pace, ha distrutto le mura dell’inimicizia. Questo rimane un mandato permanente, così non vengo con un messaggio politico, ma con un messaggio religioso, che dovrebbe preparare di più le anime a trovare l’apertura per la pace. Queste non sono cose che vengono dall’oggi al domani, ma è molto importante non solo fare i necessari passi politici, ma soprattutto anche preparare le anime per essere capaci di fare i passi politici necessari, creare quell’apertura interiore per la pace, che, alla fine, viene dalla fede in Dio e dalla convinzione che siamo tutti figli di Dio e fratelli e sorelle fra di noi.

Padre Lombardi: Grazie Santità. Questa nuova domanda è molto in continuità con la prima, però io la faccio ugualmente, in modo che se Lei vuole aggiungere qualche altra cosa potrà farlo. Lei si reca in Medio Oriente pochi giorni dopo che l’attacco israeliano alla flottiglia davanti a Gaza ha aggiunto ulteriori tensioni al già difficile processo di pace. Come pensa che la Santa Sede, il Vaticano possa contribuire a superare questo momento difficile per il Medio Oriente?

Papa: Direi che noi contribuiamo soprattutto in modo religioso. Possiamo anche essere di aiuto con consigli politici e strategici, ma il lavoro essenziale del Vaticano è sempre quello religioso, che tocca il cuore. Con tutti questi episodi che viviamo, c’è sempre il pericolo che si perda la pazienza, che si dica “adesso basta”, e non si voglia più cercare la pace. E qui mi viene in mente, in quest’Anno Sacerdotale, una bella storia del Parroco di Ars. Alle persone che gli dicevano: non ha senso che io adesso vada alla confessione e all’assoluzione, perché dopodomani sono sicuro di ricadere negli stessi peccati, il Curato d’Ars rispondeva: non fa niente, il Signore volutamente dimentica che tu dopodomani farai gli stessi peccati, ti perdona adesso completamente, sarà longanime, e continuerà ad aiutarti, a venire verso di te. Così dobbiamo quasi imitare Dio, la sua pazienza. Dopo tutti i casi di violenza, non perdere la pazienza, non perdere il coraggio, non perdere la longanimità di ricominciare; creare queste disposizioni del cuore di ricominciare sempre di nuovo, nella certezza che possiamo andare avanti, che possiamo arrivare alla pace, che la violenza non è la soluzione, ma la pazienza del bene. Creare questa disposizione mi sembra il principale lavoro che il Vaticano e i suoi organi e il Papa possono fare.

Padre Lombardi: Grazie! Passiamo ad un altro tema, quello dell’ecumenismo. Santità, il dialogo con gli Ortodossi ha fatto molti passi avanti dal punto di vista culturale, spirituale e della vita. In occasione del recente Concerto offertoLe dal Patriarca di Mosca si è sentita una profonda sintonia fra ortodossi e cattolici di fronte alle sfide poste al cristianesimo in Europa dalla secolarizzazione. Ma qual è la sua valutazione sul dialogo, anche dal punto di vista più propriamente teologico?

Papa: Vorrei innanzitutto sottolineare questi progressi grandi che abbiamo fatto nella comune testimonianza dei valori cristiani nel mondo secolarizzato. Questa non è solo una coalizione – diciamo – morale, politica, ma è veramente una cosa profondamente di fede, perché i valori fondamentali per i quali viviamo in questo mondo secolarizzato non sono moralismi, ma sono la fisionomia fondamentale della fede cristiana. Quando siamo capaci insieme di testimoniare questi valori, di impegnarci nel dialogo, nella discussione di questo mondo, nella testimonianza per vivere questi valori, abbiamo già dato una testimonianza fondamentale di un’unità molto profonda della fede. Naturalmente, ci sono molti problemi teologici, ma anche qui gli elementi di unità sono forti. Vorrei indicare tre elementi che ci legano, che ci vedono sempre più vicini, ci fanno sempre più vicini. Primo: la Scrittura, la Bibbia non è un libro caduto dal cielo, che c’è adesso ed ognuno lo prende, ma è un libro cresciuto nel popolo di Dio e vive in questo comune soggetto del popolo di Dio e solo qui rimane sempre presente e reale, cioè la Bibbia non è isolabile, ma la Bibbia sta nel nesso di tradizione e Chiesa. Questa consapevolezza è fondamentale e appartiene al fondamento di Ortodossia e Cattolicesimo e ci dà una strada comune. Come secondo elemento, diciamo: la tradizione, che ci interpreta, che ci apre la porta per la Scrittura, ha anche una forma istituzionale, sacra, sacramentale voluta dal Signore, cioè l’episcopato; ha una forma personale, cioè il collegio dei vescovi insieme è testimone e presenza di questa tradizione. E terzo punto: la cosiddetta regula fidei, cioè la confessione della fede elaborata negli antichi Concili è la somma di quanto sta nella Scrittura e apre la “porta” di interpretazione. Poi altri elementi: la liturgia, il comune amore per la Madonna ci legano profondamente e sempre più ci diventa anche chiaro che sono le fondamenta della vita cristiana. Dobbiamo essere più consapevoli e approfondire anche i dettagli, ma mi sembra che anche se le culture diverse, le situazioni diverse abbiano cerato malintesi e difficoltà, cresciamo nella consapevolezza dell’essenziale e dell’unità dell’essenziale. Vorrei aggiungere che, naturalmente, non è la discussione teologica che crea di per sé l’unità; è una dimensione importante, ma tutta la vita cristiana, il conoscersi, l’esperienza della fratellanza, imparare, nonostante l’esperienza del passato, questa fraternità comune, sono processi che esigono anche grande pazienza. Ma mi sembra che stiamo proprio imparando la pazienza, così come l’amore, e con tutte le dimensioni del dialogo teologico andiamo avanti, lasciando al Signore quando ci donerà l’unità perfetta.

Padre Lombardi: E ora un’ultima domanda. Uno degli scopi di questo viaggio è la consegna del documento di lavoro del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente. Quali sono le Sue principali attese e speranze per questo Sinodo, per le comunità cristiane e anche per i credenti di altre fedi in questa regione?

Papa: Il primo punto importante è che diversi Vescovi, Capi di Chiese si vedano qui, perché abbiamo tante Chiese – vari Riti sono dispersi in diversi Paesi, in situazioni diverse – ed essi appaiono spesso isolati, spesso hanno anche poche informazioni dall’altro; vedersi insieme, incontrarsi insieme, e così prendere conoscenza l’uno dell’altro, dei problemi, delle diversità e delle situazioni comuni, formare insieme un giudizio sulla situazione, sul cammino da prendere. Questa comunione concreta di dialogo e di vita è un primo punto. Secondo è anche la visibilità di queste Chiese, che si veda, cioè, nel mondo che c’è una grande e antica cristianità nel Medio Oriente, che spesso non sta davanti ai nostri occhi, e che questa visibilità ci aiuta anche ad essere loro vicini, ad approfondire la nostra conoscenza reciproca, a imparare gli uni dagli altri, ad aiutarci, e aiutare così anche i cristiani del Medio Oriente a non perdere la speranza, a rimanere, anche se le situazioni possono essere difficili. Così – terzo punto – nel dialogo tra di loro si aprono anche al dialogo con gli altri cristiani ortodossi, armeni, eccetera, e cresce una comune consapevolezza della responsabilità cristiana e anche una comune capacità di dialogo con i fratelli musulmani, che sono fratelli, nonostante le diversità; e mi sembra venga anche l’incoraggiamento, nonostante tutti i problemi, a continuare, con una visione comune, il dialogo con loro. Tutti i tentativi per una convivenza sempre più fruttuosa e fraterna sono molto importanti. Questo quindi è un incontro interno della cristianità cattolica del Medio Oriente nei diversi Riti, ma è un incontro proprio anche di apertura, di capacità rinnovata di dialogo, di coraggio e di speranza per il futuro.

Padre Lombardi: Grazie, Santità, di questa panoramica ampia e grazie in particolare della visione così positiva e incoraggiante che ci ha dato anche delle finalità di questo viaggio; e noi quindi Le facciamo veramente gli auguri perché il viaggio si volga in questa atmosfera e con questi risultati, e cerchiamo di collaborare anche con una buona informazione a questo scopo. Grazie, Santità, e buon viaggio!

2. Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto Internazionale di Paphos (4 giugno 2010)

Signor Presidente, Vostra Beatitudine Crisostomo, Vostre Beatitudini, Eccellenze, Distinte Autorità, Signore e Signori,

Χαίρετε! Ειρήνη μαζί σας!  Είναι μεγάλη η χαρά μου που είμαι σήμερα μαζί σας. [Saluti! La Pace sia con voi! E’ un grande piacere per me essere con voi oggi].

Signor Presidente, Le sono vivamente grato per il cortese invito a visitare la Repubblica di Cipro. Rivolgo i miei cordiali saluti a Lei, al Governo e al popolo di questa Nazione, e La ringrazio per le gentili parole di benvenuto. Ricordo ancora con gratitudine la Sua recente visita in Vaticano e attendo con gioia il nostro incontro di domani a Nicosia.

Cipro si trova all’incrocio di culture e religioni, di storie gloriose ed antiche insieme, ma che ancora mantengono un forte e visibile impatto sulla vita del vostro Paese. Essendo entrata recentemente nell’Unione Europea, la Repubblica di Cipro ha iniziato a sentire il beneficio di scambi economici e politici con gli altri Paesi Europei. Tale appartenenza ha dato al vostro Paese anche l’accesso a mercati, a tecnologia e a conoscenze pratiche. E’ grandemente auspicabile che questa appartenenza porti prosperità nel vostro Paese e che gli altri Paesi Europei, a loro volta, vengano arricchiti dalla vostra eredità spirituale e culturale, che riflette il vostro ruolo storico, trovandovi tra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Possano l’amore della vostra Patria e delle vostre famiglie e il desiderio di vivere in armonia con i vostri vicini sotto la protezione misericordiosa di Dio onnipotente, ispirarvi a risolvere pazientemente i problemi che ancora condividete con la comunità internazionale per il futuro della vostra Isola.

Seguendo le orme dei nostri comuni padri nella fede, i Santi Paolo e Barnaba, sono venuto fra voi come pellegrino e il servo dei servi di Dio. Da quando gli Apostoli hanno portato il messaggio cristiano in queste rive, Cipro è stata benedetta da una forte eredità cristiana. Saluto come un fratello in quella fede Sua Beatitudine Crisostomo Secondo, Arcivescovo di Nea Giustiniana e di Tutta Cipro, e attendo intensamente di poter incontrare presto molti altri membri della Chiesa Ortodossa di Cipro.

Attendo anche con gioia di poter salutare gli altri responsabili religiosi Ciprioti. Spero di rafforzare i nostri comuni legami e di ribadire la necessità di consolidare la reciproca fiducia e l’amicizia durevole con tutti quelli che adorano l’unico Dio.

Quale successore di Pietro vengo in modo speciale a salutare i Cattolici di Cipro per confermarli nella fede (cfr Lc 22,32) ed incoraggiarli ad essere esemplari sia come cristiani che come cittadini, e a vivere pienamente il loro ruolo nella società a beneficio sia della Chiesa, sia dello Stato. Durante la mia permanenza tra di voi consegnerò anche l‘Instrumentum Laboris, un documento di lavoro in vista della Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in seguito, a Roma, quest’anno. Tale Assemblea esaminerà molti aspetti della presenza della Chiesa nella regione e le sfide che i Cattolici devono affrontare, talvolta in circostanze difficili, vivendo la comunione con la Chiesa Cattolica ed offrendo la loro testimonianza a servizio della società e del mondo. Cipro è perciò un luogo appropriato dal quale lanciare la riflessione della nostra Chiesa sul posto della secolare comunità cattolica del Medio Oriente, la nostra solidarietà con tutti i Cristiani della regione e la nostra convinzione che essi hanno un insostituibile ruolo da sostenere nella pace e nella riconciliazione fra i suoi popoli.

Signor Presidente, cari amici, con questi pensieri affido il mio pellegrinaggio a Maria, la Madre di Dio, e all’intercessione dei Santi Paolo e Barnaba.

Ο Θεός ας ευλογήση τον Κυπριακό Λαό.  Η Παναγία ας σας προστατεύει πάντα! [Che Dio benedica il popolo di Cipro. Che la Tutta Santa vi protegga sempre!]

3. Celebrazione Ecumenica nell’area archeologica della Chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa (Paphos, 4 giugno 2010)

Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo,

“Η χάρις και η ειρήνη ας είναι πλούσια μαζί σας” (1 Pt 1,2). Με μεγάλη μου χαρά χαιρετώ εσάς που αντιπροσωπεύετε τις διάφορες χριστιανικές κοινότητες παροόσες στην Κύπρο. [“A voi grazia e pace in abbondanza” (1Pt 1,2). Con grande gioia saluto voi che rappresentate le comunità cristiane presenti a Cipro].

Ringrazio Sua Beatitudine Crisostomo II per le gentili parole di benvenuto, Sua Eminenza Giorgio, Metropolita di Pafos, che ci ospita, e quanti si sono impegnati per rendere possibile questo incontro. Mi è grato, inoltre, salutare cordialmente i cristiani di altre confessioni qui presenti, inclusi coloro che appartengono alle comunità armena, luterana e anglicana.

In verità, è una grazia straordinaria per noi essere riuniti in preghiera in questa chiesa della Agia Kiriakì Chrysopolitissa [chiesa della Santissima Signora Ricoperta d’Oro]. Abbiamo appena udito la lettura dagli Atti degli Apostoli, che ci ha ricordato come Cipro fu la prima tappa dei viaggi missionari dell’Apostolo Paolo (cfr At 13,1-4). Riservati per sé dallo Spirito Santo, Paolo, unitamente a Barnaba, originario di Cipro, ed a Marco, il futuro evangelista, dapprima giunsero a Salamina, dove iniziarono a proclamare la parola di Dio nelle sinagoghe. Attraversando l’isola, giunsero a Pafos, dove, proprio vicino a questo luogo, predicarono alla presenza del proconsole romano Sergio Paolo. Fu quindi da questo posto che il messaggio del Vangelo cominciò a diffondersi in tutto l’impero e la Chiesa, fondata sulla predicazione apostolica, fu capace di piantare radici in tutto il mondo allora conosciuto.

La Chiesa a Cipro può giustamente andare fiera del proprio collegamento diretto con la predicazione di Paolo, Barnaba e Marco e della comunione nella fede apostolica, che la lega a tutte quelle Chiese che custodiscono la stessa regola della fede. Questa è la comunione, reale, benché imperfetta, che già ora ci unisce, e che ci sospinge a superare le nostre divisioni e a lottare per ripristinare quella piena unione visibile, che è voluta dal Signore per tutti i suoi seguaci. Poiché, nelle parole di Paolo, vi è “un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” (Ef 4,4-5).

La comunione ecclesiale nella fede apostolica è sia un dono, sia un appello alla missione. Nel passo degli Atti che abbiamo ascoltato, vediamo un’immagine dell’unità della Chiesa nella preghiera, nell’apertura alle spinte dello Spirito alla missione. Come Paolo e Barnaba, ogni cristiano, mediante il battesimo, è “riservato” perché porti testimonianza profetica al Signore risorto ed al suo vangelo di riconciliazione, di misericordia e di pace. In tale contesto, l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si riunirà a Roma nel prossimo ottobre, rifletterà sul ruolo vitale dei cristiani nella regione, li incoraggerà nella loro testimonianza al Vangelo e li aiuterà a promuovere maggior dialogo e cooperazione fra cristiani in tutta la regione. Significativamente, i lavori del Sinodo saranno arricchiti dalla presenza di delegati fraterni di altre Chiese e Comunità cristiane dell’area, quale segno del comune impegno al servizio della parola di Dio e della nostra apertura alla potenza della sua Grazia che riconcilia.

L’unità di tutti i discepoli di Cristo è un dono da implorare dal Padre, nella speranza che esso rafforzi la testimonianza del Vangelo nel mondo d’oggi. Il Signore ha pregato per la santità e l’unità dei suoi discepoli proprio perché il mondo creda (cfr Gv 17,21). Giusto cento anni orsono, alla Conferenza Missionaria di Edimburgo, l’acuta consapevolezza che le divisioni fra cristiani erano un ostacolo alla diffusione del Vangelo diede origine al movimento ecumenico moderno. Oggi dobbiamo essere grati al Signore, il quale, mediante il suo Spirito, ci ha condotto – specie negli ultimi decenni –a riscoprire la ricca eredità apostolica condivisa da Oriente e da Occidente, e, mediante un dialogo paziente e sincero, a trovare le vie per riavvicinarci l’un l’altro, superando le controversie del passato e guardando ad un futuro migliore.

La Chiesa in Cipro, che si dimostra essere come un ponte fra l’Oriente e l’Occidente, ha contribuito molto a questo processo di riconciliazione. La via che conduce all’obiettivo della piena comunione non sarà certamente priva di difficoltà, ma la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa di Cipro sono impegnate a progredire sul cammino del dialogo e della cooperazione fraterna. Possa lo Spirito Santo illuminare le nostre menti e irrobustire la nostra determinazione, così che insieme possiamo recare il messaggio della salvezza agli uomini e alle donne del nostro tempo, i quali sono assetati di quella verità che porta libertà autentica e salvezza (cfr Gv 8,32), la verità il cui nome è Gesù Cristo!

Cari sorelle e fratelli, non posso concludere senza evocare la memoria dei Santi che hanno adornato la Chiesa in Cipro, in particolare sant’Epifanio, vescovo di Salamina. La santità è il segno della pienezza della vita cristiana, di una profonda docilità interiore allo Spirito Santo che ci chiama ad una conversione e a un rinnovamento costanti, mentre ci sforziamo di essere sempre più conformati a Cristo nostro Salvatore. Conversione e santità sono anche i mezzi privilegiati mediante i quali apriamo le menti e i cuori alla volontà del Signore per l’unità della sua Chiesa. Mentre rendiamo grazie per l’incontro odierno e per il fraterno affetto che ci unisce, chiediamo ai santi Barbara ed Epifanio, ai santi Pietro e Paolo, e a tutti i Santi di Dio, di benedire le nostre comunità, di conservarci nella fede degli Apostoli, e di guidare i nostri passi sulla via dell’unità, della carità e della pace.

4. Incontro con le Autorità civili e con il Corpo Diplomatico nel grande giardino del Palazzo Presidenziale di Nicosia (5 giugno 2010)

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori,

sono grato di avere, nel contesto del mio viaggio apostolico a Cipro, la possibilità di incontrare le Autorità politiche e civili della Repubblica, come pure i membri della comunità diplomatica. Ringrazio il Presidente Christofias per le parole gentili di benvenuto, che ha espresso anche a vostro nome, e che volentieri ricambio attraverso il mio rispettoso augurio per il vostro importante lavoro, ricordando, in particolare, la felice occasione del cinquantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica.

Ho appena deposto una corona di fiori al monumento del defunto Arcivescovo Makarios, primo Presidente della Repubblica di Cipro. Come lui, ciascuno di voi nella vita di pubblico servizio deve essere impegnato a servire il bene degli altri nella società, a livello locale, nazionale ed internazionale. Si tratta di una nobile vocazione, stimata dalla Chiesa. Quando adempiuto con fedeltà, il servizio pubblico ci permette di crescere in sapienza, integralmente e con realizzazione personale. Platone, Aristotele e gli stoici diedero grande importanza a tale realizzazione personale – eudemonia – quale scopo per ogni essere umano, e videro nel carattere morale la via per raggiungerlo. Per loro, e per i grandi filosofi islamici e cristiani che hanno seguito i loro passi, la pratica della virtù consisteva nell’agire secondo la retta ragione, nel perseguimento di tutto ciò che è vero, buono e bello.

In una prospettiva religiosa, siamo membri di un’unica famiglia umana creata da Dio, e siamo chiamati a promuovere l’unità e a costruire un mondo più giusto e fraterno fondato su valori durevoli. Nella misura in cui adempiamo il nostro dovere, serviamo gli altri e aderiamo a ciò che è giusto, le nostre menti divengono più aperte alle verità più profonde e la nostra libertà si rafforza nel suo aderire a ciò che è buono. Il mio predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, scrisse una volta che l’obbligazione morale non dovrebbe essere vista come una legge che si impone da se stessa dall’esterno e che esige obbedienza, ma piuttosto come un’espressione della sapienza stessa di Dio, alla quale la libertà umana si sottomette con prontezza (cfr Veritatis splendor, 41). Quali esseri umani, troviamo la nostra realizzazione ultima in riferimento a quella Realtà Assoluta, il cui riflesso trova così spesso riscontro nella nostra coscienza come invito pressante a servire la verità, la giustizia e l’amore.

A livello personale, come servitori pubblici voi conoscete l’importanza della verità, dell’integrità e del rispetto nel vostro relazionarvi con gli altri. Le relazioni personali sono spesso i primi passi per costruire fiducia e – a tempo debito – solidi vincoli di amicizia fra individui, popoli e nazioni. Questa è una parte essenziale del vostro ruolo, sia di politici sia di diplomatici. In Paesi con situazioni politiche delicate, un simile rapporto personale onesto e aperto può essere l’inizio di un bene più grande per società e popoli interi. Permettetemi di incoraggiarvi, quanti siete oggi qui presenti, a cogliere le opportunità offertevi, sia a livello personale sia a livello istituzionale, per costruire tali relazioni e, così facendo, promuovere il bene più grande dell’insieme delle Nazioni, ed il vero bene di quanti rappresentate.

Gli antichi filosofi greci ci insegnano inoltre che il bene comune viene servito precisamente attraverso l’influenza di persone dotate di chiara visione morale e di coraggio. In tal modo, le azioni politiche vengono a purificarsi dagli interessi egoistici o da pressioni di parte e vengono poste su una base più solida. Inoltre, le aspirazioni legittime di quanti rappresentiamo vengono protette e promosse. La rettitudine morale e il rispetto imparziale degli altri e del loro benessere sono essenziali al bene di qualsiasi società, dato che essi stabiliscono un clima di fiducia nel quale ogni relazione umana, religiosa o economica, sociale e culturale, o civile e politica, acquista forza e sostanza.

Ma cosa significa in termini pratici rispettare e promuovere la verità morale nel mondo della politica e della diplomazia a livelli nazionali ed internazionali? Come può la ricerca della verità recare un’armonia più grande alle tribolate regioni della terra? Desidererei suggerire che vi sono tre vie.

Prima di tutto, il promuovere la verità morale significa agire in modo responsabile sulla base della conoscenza dei fatti reali. Come diplomatici, sapete per esperienza che tale conoscenza vi aiuta a identificare le ingiustizie e le recriminazioni, così che potete valutare in maniera spassionata le preoccupazioni di quanti sono coinvolti in una determinata disputa. Quando le parti riescono ad innalzarsi dal proprio modo di vedere gli eventi, acquisiscono una visione oggettiva e integrale. Quanti sono chiamati a risolvere simili dispute sono in grado di prendere le giuste decisioni e di promuovere una genuina riconciliazione nel momento in cui afferrano e riconoscono la verità piena di una questione specifica.

Un secondo modo di promuovere la verità morale consiste nel destrutturare le ideologie politiche che altrimenti soppianterebbero la verità. Le esperienze tragiche del 20° secolo hanno posto in evidenza l’inumanità che consegue dalla soppressione della verità e della dignità umana. Anche ai giorni nostri, siamo testimoni di tentativi di promuovere pseudovalori con il pretesto della pace, dello sviluppo e dei diritti umani. In questo senso, parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ho richiamato l’attenzione sui tentativi di certi ambienti di reinterpretare la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo al fine di soddisfare interessi particolari, che avrebbero compromesso l’intima unitarietà della Dichiarazione e l’avrebbero allontanata dei suoi intenti originari (cfr Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008).

In terzo luogo, il promuovere la verità morale nella vita pubblica esige uno sforzo costante per fondare la legge positiva sui principi etici della legge naturale. Richiamarsi ad essa, un tempo, era considerato evidente da sé, ma l’onda del positivismo nella dottrina giuridica contemporanea richiede la riaffermazione di questo importante assioma. Individui, comunità e Stati senza la guida di verità morali oggettive, diverrebbero egoisti e senza scrupoli, ed il mondo sarebbe un luogo pericoloso per viverci. D’altra parte, rispettando i diritti delle persone e dei popoli, proteggiamo e promuoviamo la dignità umana. Quando le politiche che sosteniamo sono poste in atto in armonia con la legge naturale propria della nostra comune umanità, allora le nostre azioni diventano più fondate e portano ad un’atmosfera di intesa, di giustizia e di pace.

Signor Presidente, illustri amici, con queste considerazioni riaffermo la mia stima e quella della Chiesa per il vostro importante servizio alla società e all’edificazione di un futuro sicuro per il nostro mondo. Invoco su tutti voi le benedizioni divine di saggezza, forza e perseveranza nell’adempimento dei vostri doveri. Grazie.

5. Incontro con la Comunità Cattolica di Cipro nel Campo sportivo della Scuola elementare di St. Maron (Nicosia, 5 giugno 2010)

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

Είναι ευάρεστο σε μένα να είμαι μαζί με σας που είστε οι αντιπρόσωποι της καθολικής κοινότητας της Κύπρου. [E’ una grande gioia per me essere con voi, rappresentanti della comunità cattolica di Cipro.]

Ringrazio l’Arcivescovo Soueif per le sue gentili parole di benvenuto a vostro nome e ringrazio, in modo particolare, i bambini per la loro bella rappresentazione. Saluto anche Sua Beatitudine il Patriarca Foual Twad e rendo onore al grande e paziente lavoro della Custodia Francescana della Terra Santa nella persona di Padre Pizzaballa, oggi qui con noi.

In questa storica occasione della prima visita del Vescovo di Roma a Cipro, vengo a confermarvi nella vostra fede in Gesù Cristo e ad incoraggiarvi a rimanere un cuore solo ed un’anima sola nella fedeltà alla tradizione apostolica (cfr At 4,32). Come successore di Pietro, sto tra di voi oggi per offrirvi l’assicurazione del mio sostegno, delle mie affettuose preghiere e del mio incoraggiamento.

Abbiamo appena ascoltato dal Vangelo di Giovanni come alcuni Greci, che avevano saputo delle grandi opere che Gesù aveva compiute, si avvicinassero all’apostolo Filippo dicendo: “Vogliamo vedere Gesù” (cfr Gv 12,21). Queste parole toccano profondamente ciascuno di noi. Come gli uomini e le donne del Vangelo, vogliamo vedere Gesù, conoscerlo, amarlo e servirlo con “un cuore solo ed un’anima sola” (cfr At 4,32). Inoltre, come la voce dal cielo nel Vangelo di oggi, che ha dato testimonianza alla gloria del nome di Dio, la Chiesa proclama il suo nome non solamente per il proprio beneficio, ma per il bene dell’umanità intera (cfr Gv 12,30). Anche voi, odierni seguaci di Cristo, siete chiamati a vivere la vostra fede nel mondo unendo le vostre voci ed azioni per la promozione dei valori del Vangelo giunti a voi attraverso generazioni di Cristiani Ciprioti. Questi valori, profondamente radicati nelle vostre culture, così come nel patrimonio della Chiesa universale, dovranno continuare a ispirare i vostri sforzi di promuovere la pace, la giustizia e il rispetto per la vita umana e la dignità dei vostri concittadini. In questo modo la vostra fedeltà al Vangelo assicurerà beneficio a tutta la società cipriota.

Cari fratelli e sorelle, data la vostra particolare situazione, desidero anche attirare la vostra attenzione su una parte essenziale della vita e missione della nostra Chiesa, ossia la ricerca di una maggiore unità nella carità con gli altri cristiani e il dialogo con coloro che non sono cristiani. In modo particolare dal Concilio Vaticano Secondo, la Chiesa è stata impegnata a proseguire sulla via di una maggiore comprensione con i nostri fratelli cristiani manifestando un ancor più stretto legame d’amore ed amicizia fra tutti i battezzati. Nella vostra particolare situazione, voi siete in grado di portare un contributo personale al raggiungimento di una maggiore unità cristiana nella vita quotidiana. Vi incoraggio a fare così, confidando che lo Spirito del Signore, che ha pregato perché i suoi discepoli siano uno (cfr Gv 17,21), vi accompagnerà in questo importante compito.

Guardando al dialogo interreligioso molto ancora occorre fare nel mondo. Questo è un altro campo  nel quale i cattolici di Cipro spesso vivono situazioni che offrono loro delle opportunità per una giusta e prudente azione. Solo attraverso un paziente lavoro di reciproca fiducia può essere superato il peso della storia passata, e le differenze politiche e culturali fra i popoli possono diventare un motivo di operare per una maggiore comprensione. Vi esorto ad aiutare a creare tale vicendevole fiducia fra cristiani e non cristiani, come fondamento per costruire una pace durevole ed un’armonia fra i popoli di diverse religioni, regioni politiche e basi culturali.

Cari amici, desidero invitarvi a guardare alla profonda comunione che voi già condividete fra voi e con la Chiesa Cattolica nel mondo. Con attenzione ai bisogni immediati della Chiesa, vi incoraggio a pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa e a promuoverle. Mentre quest’Anno Sacerdotale si sta chiudendo, la Chiesa ha guadagnato una rinnovata consapevolezza del bisogno di sacerdoti buoni, santi e ben preparati. Essa desidera uomini e donne religiosi completamente sottomessi a Cristo, dediti a diffondere il regno di Dio sulla terra. Nostro Signore ha promesso che coloro che offrono la loro vita ad imitazione di lui la conserveranno per la vita eterna (cfr Gv 12,25). Chiedo ai genitori di considerare questa promessa ed incoraggiare i loro figli a rispondere generosamente alla chiamata del Signore. Invito i pastori a seguire i giovani, i loro desideri ed aspirazioni, e a formarli alla pienezza della fede.

Qui, in questa scuola cattolica, desidero rivolgere una parola a coloro che operano nelle scuole cattoliche dell’Isola, specialmente agli insegnanti. Il vostro lavoro fa parte di una lunga e stimata tradizione della Chiesa cattolica di Cipro. Continuate pazientemente a servire il bene dell’intera comunità sforzandovi per una educazione eccellente. Che il Signore vi benedica abbondantemente nel sacro impegno della formazione che è il più grande dono che l’Onnipotente fa a noi e ai nostri figli.

Rivolgo ora una speciale parola a voi, miei cari giovani di Cipro. Παραμείνετε δυνατοί στην πίστη σας, γεμάτοι χαρά στην υπηρεσία του Θεού και γενναιόδωροι με τον χρόνο σας και με τα τάλαντα σας. Βοηθήστε να κτισθεί ένα καλύτερο μέλλον για την Εκκλησία και για την χώρα σας, προωθώντας το καλό των άλλων παρά  το δικό σας. [Siate forte nella vostra fede, gioiosi nel servire il Signore e generosi con il vostro tempo e i vostri talenti! Aiutate a costruire un miglior futuro per la Chiesa e per il vostro Paese mettendo il bene degli altri prima di voi stessi.]

Cari Cattolici di Cipro, coltivate la vostra armonia in comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro ed accrescete i vostri legami fraterni con gli altri nella fede, nella speranza e nell’amore.

In modo speciale, desidero consegnare questo messaggio ai presenti che vengono da Kormakiti, Asomatos, Karpasha e Agia Marina. Conosco le vostre aspirazioni e le vostre sofferenze, e vi chiedo di portare la mia Benedizione, la mia vicinanza e il mio affetto a tutti coloro che provengono dai vostri villaggi dove i Cristiani sono un popolo di speranza. Da parte mia, spero vivamente e prego che, con l’impegno di buona volontà degli interessati, sarà presto assicurata una vita migliore per tutti gli abitanti dell’isola. 

Con queste brevi parole affido ciascuno di voi alla protezione della Beata Vergine Maria e all’intercessione dei Santi Paolo e Barnaba.

Ο Θεός ας σας ευλογήση όλους! [Che Dio vi benedica!]

6. Visita di cortesia a S.B. Chrysostomos II, Arcivescovo di Cipro, nell’Arcivescovado Ortodosso di Nicosia (5 giugno 2010)

Vostra Beatitudine,

Σε χαιρετώ με αδελφική αγάπη εν τω Αναστημένω Κυρίω.Σε ευχαριστώ για την θερμή σου υποδοχή. [La saluto con fraterno affetto nel Cristo Risorto e La ringrazio per il Suo gentile saluto di benvenuto.]

Ricordo con gratitudine la Sua visita a Roma tre anni fa, e mi rallegro che oggi ci incontriamo ancora nella Sua amata terra. Per Suo tramite saluto il Santo Sinodo e tutti i Sacerdoti, diaconi, monaci e monache e fedeli laici della Chiesa di Cipro.

Anzitutto desidero esprimere la mia gratitudine per l’ospitalità che la Chiesa di Cipro ha così generosamente offerto alla Commissione Internazionale per il Dialogo Teologico in occasione dell’incontro dello scorso anno in Paphos. Sono parimenti grato per il sostegno che la Chiesa di Cipro, con la chiarezza ed apertura dei suoi contributi, ha sempre dato all’impegno del dialogo. Possa lo Spirito Santo guidare e confermare questa grande iniziativa ecclesiale, che mira a ricomporre la piena e visibile comunione tra le Chiese dell’Oriente e dell’Occidente, una comunione che deve essere vissuta nella fedeltà al Vangelo e alla tradizione apostolica, in modo che apprezzi le legittime tradizioni dell’Oriente e dell’Occidente, e che sia aperta alla diversità dei doni tramite i quali lo Spirito edifica la Chiesa nell’unità, nella santità e nella pace.

Questo spirito di fraternità e di comunione ha anche trovato espressione nel generoso contributo che Vostra Beatitudine ha inviato, a nome della Chiesa di Cipro, per coloro che, lo scorso anno, a L’Aquila, vicino a Roma, hanno sofferto a causa del terremoto, e le cui necessità mi stanno a cuore. In tale spirito, mi associo con Lei, pregando perché tutti gli abitanti di Cipro, con l’aiuto di Dio, trovino la saggezza e la forza di lavorare insieme per una giusta soluzione dei problemi che ancora sono da risolvere, impegnandosi per la pace e la riconciliazione e costruendo per le generazioni future una società che si distingua per il rispetto dei diritti di tutti, inclusi i diritti inalienabili alla libertà di coscienza e alla libertà di culto.

Cipro è tradizionalmente considerata parte della Terra Santa, e la situazione di continuo conflitto nel Medio Oriente dev’essere un motivo di riflessione per tutti i fedeli Cristiani. Nessuno può rimanere indifferente alla necessità di offrire sostegno in ogni maniera possibile ai Cristiani di quella tormentata regione, affinché le sue antiche Chiese possano vivere in pace e prosperità. Le comunità cristiane di Cipro possano trovare un ambito molto fruttuoso per la cooperazione ecumenica, pregando e lavorando insieme per la pace, la riconciliazione e la stabilità nelle terre benedette dalla presenza terrena del Principe della Pace.

Con questi sentimenti, Vostra Beatitudine, la ringrazio ancora una volta per il Suo fraterno benvenuto e voglio assicurarLa delle mie preghiere per Lei e per tutto il clero e i fedeli della Chiesa di Cipro.

Η χαρά και η ειρήνη του αναστημένου Χριστού ας είναι πάντοτε μαζί σου. [Che la gioia del Signore risorto sia sempre con voi!]

7. Messa con Sacerdoti, Religiosi, Religiose, Diaconi, Catechisti ed Esponenti di Movimenti ecclesiali di Cipro nella Chiesa parrocchiale latina di Holy Cross (Nicosia, 5 giugno 2010)

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

il Figlio dell’Uomo deve essere innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna (cfr Gv 3,14-15). In questa Messa votiva adoriamo e lodiamo il nostro Signore Gesù Cristo, poiché con la sua Santa Croce ha redento il mondo. Con la sua morte e risurrezione ha spalancato le porte del Cielo e ci ha preparato un posto, affinché a noi, suoi seguaci, venga donato di partecipare alla sua gloria.

Nella gioia della vittoria redentrice di Cristo, saluto tutti voi riuniti nella chiesa della Santa Croce e vi ringrazio per la vostra presenza. Apprezzo molto il calore con il quale mi avete accolto. Sono particolarmente grato a Sua Beatitudine il Patriarca latino di Gerusalemme per le sue parole di benvenuto all’inizio della Messa, e per la presenza del Padre Custode di Terra Santa. Qui a Cipro, terra che fu il primo porto di approdo dei viaggi missionari di san Paolo attraverso il Mediterraneo, giungo oggi fra voi, sulle orme di quel grande Apostolo, per rinsaldarvi nella vostra fede cristiana e per predicare il Vangelo che offre vita e speranza al mondo.

Il centro della celebrazione odierna è la Croce di Cristo. Molti potrebbero essere tentati di chiedere perché noi cristiani celebriamo uno strumento di tortura, un segno di sofferenza, di sconfitta e di fallimento. E’ vero che la croce esprime tutti questi significati. E tuttavia a causa di colui che è stato innalzato sulla croce per la nostra salvezza, rappresenta anche il definitivo trionfo dell’amore di Dio su tutti i mali del mondo.

Vi è un’antica tradizione che il legno della croce sia stato preso da un albero piantato da Seth, figlio di Adamo, nel luogo dove Adamo fu sepolto. In quello stesso luogo, conosciuto come il Golgota, il luogo del cranio, Seth piantò un seme dall’albero della conoscenza del bene e del male, l’albero che si trovava al centro del giardino dell’Eden. Attraverso la provvidenza di Dio, l’opera del Maligno sarebbe stata sconfitta ritorcendo le sue stesse armi contro di lui.

Ingannato dal serpente, Adamo ha abbandonato la filiale fiducia in Dio ed ha peccato mangiando i frutti dell’unico albero del giardino che gli era stato proibito. Come conseguenza di quel peccato entrarono nel mondo la sofferenza e la morte. I tragici effetti del peccato, e cioè la sofferenza e la morte, divennero del tutto evidenti nella storia dei discendenti di Adamo. Lo vediamo dalla prima lettura di oggi, che fa eco alla caduta e prefigura la redenzione di Cristo.

Come punizione dei propri peccati, il popolo di Israele, mentre languiva nel deserto, venne morso dai serpenti ed avrebbe potuto salvarsi dalla morte solo volgendo lo sguardo al simbolo che Mosè aveva innalzato, prefigurando la croce che avrebbe posto fine al peccato e alla morte una volta per tutte. Vediamo chiaramente che l’uomo non può salvare se stesso dalle conseguenze del proprio peccato. Non può salvare se stesso dalla morte. Soltanto Dio può liberarlo dalla sua schiavitù morale e fisica. E poiché Dio ha amato così tanto il mondo, ha inviato il suo Figlio unigenito non per condannare il mondo – come avrebbe richiesto la giustizia – ma affinché attraverso di Lui il mondo potesse essere salvato. L’unigenito Figlio di Dio avrebbe dovuto essere innalzato come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così che quanti avrebbero rivolto lo sguardo a lui con fede potessero avere la vita.

Il legno della croce divenne lo strumento per la nostra redenzione, proprio come l’albero dal quale era stato tratto aveva originato la caduta dei nostri progenitori. La sofferenza e la morte, che erano conseguenze del peccato, divennero il mezzo stesso attraverso il quale il peccato fu sconfitto. L’agnello innocente fu sacrificato sull’altare della croce, e tuttavia dall’immolazione della vittima scaturì una vita nuova: il potere del maligno fu distrutto dalla potenza dell’amore che sacrifica se stesso.

La croce, pertanto, è qualcosa di più grande e misterioso di quanto a prima vista possa apparire. Indubbiamente è uno strumento di tortura, di sofferenza e di sconfitta, ma allo stesso tempo esprime la completa trasformazione, la definitiva rivincita su questi mali, e questo lo rende il simbolo più eloquente della speranza che il mondo abbia mai visto. Parla a tutti coloro che soffrono – gli oppressi, i malati, i poveri, gli emarginati, le vittime della violenza – ed offre loro la speranza che Dio può trasformare la loro sofferenza in gioia, il loro isolamento in comunione, la loro morte in vita. Offre speranza senza limiti al nostro mondo decaduto.

Ecco perché il mondo ha bisogno della croce. Essa non è semplicemente un simbolo privato di devozione, non è un distintivo di appartenenza a qualche gruppo all’interno della società, ed il suo significato più profondo non ha nulla a che fare con l’imposizione forzata di un credo o di una filosofia. Parla di speranza, parla di amore, parla della vittoria della non violenza sull’oppressione, parla di Dio che innalza gli umili, dà forza ai deboli, fa superare le divisioni, e vincere l’odio con l’amore. Un mondo senza croce sarebbe un mondo senza speranza, un mondo in cui la tortura e la brutalità rimarrebbero sfrenati, il debole sarebbe sfruttato e l’avidità avrebbe la parola ultima. L’inumanità dell’uomo nei confronti dell’uomo si manifesterebbe in modi ancor più orrendi, e non ci sarebbe la parola fine al cerchio malefico della violenza. Solo la croce vi pone fine. Mentre nessun potere terreno può salvarci dalle conseguenze del nostro peccato, e nessuna potenza terrena può sconfiggere l’ingiustizia sin dalla sua sorgente, tuttavia l’intervento salvifico del nostro Dio misericordioso ha trasformato la realtà del peccato e della morte nel suo opposto. Questo è quanto celebriamo quando diamo gloria alla croce del Redentore. Giustamente sant’Andrea di Creta descrive la croce come “più nobile e preziosa di qualsiasi cosa sulla terra […], poiché in essa e mediante di essa e per essa tutta la ricchezza della nostra salvezza è stata accumulata e a noi restituita” (Oratio X, PG 97, 1018-1019).

Cari fratelli sacerdoti, cari religiosi, cari catechisti, il messaggio della croce è stato affidato a noi, così che possiamo offrire speranza al mondo. Quando proclamiamo Cristo crocifisso, non proclamiamo noi stessi, ma lui. Non offriamo la nostra sapienza al mondo, non parliamo dei nostri propri meriti, ma fungiamo da canali della sua sapienza, del suo amore, dei suoi meriti salvifici. Sappiamo di essere semplicemente dei vasi fatti di creta e, tuttavia, sorprendentemente siamo stati scelti per essere araldi della verità salvifica che il mondo ha bisogno di udire. Non stanchiamoci mai di meravigliarci di fronte alla grazia straordinaria che ci è stata data, non cessiamo mai di riconoscere la nostra indegnità, ma allo stesso tempo sforziamoci sempre di diventare meno indegni della nostra nobile chiamata, in modo da non indebolire mediante i nostri errori e le nostre cadute la credibilità della nostra testimonianza.

In questo Anno Sacerdotale permettetemi di rivolgere una parola speciale ai sacerdoti oggi qui presenti e a quanti si preparano all’ordinazione. Riflettete sulle parole pronunciate al novello sacerdote dal Vescovo, mentre gli presenta il calice e la patena: “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”.

Mentre proclamiamo la croce di Cristo, cerchiamo sempre di imitare l’amore disinteressato di colui che offrì se stesso per noi sull’altare della croce, di colui che è allo stesso tempo sacerdote e vittima, di colui nella cui persona parliamo ed agiamo quando esercitiamo il ministero ricevuto. Nel riflettere sulle nostre mancanze, sia individualmente sia collettivamente, riconosciamo umilmente di aver meritato il castigo che lui, l’Agnello innocente, ha patito in nostra vece. E se, in accordo con quanto abbiamo meritato, avessimo qualche parte nelle sofferenze di Cristo, rallegriamoci, perché ne avremo una felicità ben più grande quando sarà rivelata la sua gloria.

Nei miei pensieri e nelle mie preghiere mi ricordo in modo speciale dei molti sacerdoti e religiosi del Medio Oriente che stanno sperimentando in questi momenti una particolare chiamata a conformare le proprie vite al mistero della croce del Signore. Dove i cristiani sono in minoranza, dove soffrono privazioni a causa delle tensioni etniche e religiose, molte famiglie prendono la decisione di andare via, e anche i pastori sono tentati di fare lo stesso. In situazioni come queste, tuttavia, un sacerdote, una comunità religiosa, una parrocchia che rimane salda e continua a dar testimonianza a Cristo è un segno straordinario di speranza non solo per i cristiani, ma anche per quanti vivono nella Regione. La loro sola presenza è un’espressione eloquente del Vangelo della pace, della decisione del Buon Pastore di prendersi cura di tutte le pecore, dell’incrollabile impegno della Chiesa al dialogo, alla riconciliazione e all’amorevole accettazione dell’altro. Abbracciando la croce loro offerta, i sacerdoti e i religiosi del Medio Oriente possono realmente irradiare la speranza che è al cuore del mistero che celebriamo nella liturgia odierna.

Rinfranchiamoci con le parole della seconda lettura di oggi, che parla così bene del trionfo riservato a Cristo dopo la morte in croce, un trionfo che siamo invitati a condividere. “Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,9-10).

Ναι, αγαπητές εν Χριστώ αδελφές και  αγαπητοί αδελφοί, εμάς δε μή γένοιτο καυχάσθαι ει μή εν τώ σταυρώ του Κυρίου ημών Ιησού Χριστού (cfr Gal 6:14).  Αυτος ειναι η σωτηρία, η ζωή και η ανάστασις. Δια μέσου αυτου εσωθήκαμε και ελευθερωθήκαμε. [Sì, amati fratelli e sorelle in Cristo, lungi da noi la gloria che non sia quella nella croce di Nostro Signore Gesù Cristo (cfr Gal 6,14). Lui è la nostra vita, la nostra salvezza e la nostra risurrezione. Per lui noi siamo stati salvati e resi liberi.]

8. Messa in occasione della pubblicazione dell’Instrumentum laboris dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi – Palazzo dello Sport Elefteria (Nicosia, 6 giugno 2010)

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

saluto con gioia i Patriarchi e Vescovi delle varie comunità ecclesiali del Medio Oriente che sono venuti a Cipro per questa occasione e ringrazio specialmente il Molto Reverendo Youssef Soueif, Arcivescovo Maronita di Cipro, per le parole che mi ha rivolte all’inizio della Messa. Rivolgo anche un caloroso saluto a Sua Beatitudine Crisostomo II.

Lasciatemi dire quanto io sia felice di avere questa opportunità di celebrare l’Eucarestia insieme a così tanti fedeli di Cipro, una terra benedetta dal lavoro apostolico di San Paolo e San Barnaba. Saluti tutti voi con grande affetto e vi ringrazio per l’ospitalità e per la generosa accoglienza che mi avete riservato. Estendo un particolare saluto agli immigrati Filippini e dello Sri Lanka ed alle altre comunità di immigrati che formano un significativo gruppo nella popolazione cattolica di questa isola. Prego perché la vostra presenza qui possa arricchire l’attività e il culto delle parrocchie alle quali appartenete e che a vostra volta possiate ottenere il sostegno spirituale dall’antica eredità cristiana della terra che avete scelta come vostra casa.

Oggi celebriamo la Solennità del Corpo e Sangue di Cristo. Corpus Christi, il nome dato a questa festa in Occidente, è usato nella tradizione della Chiesa per indicare tre distinte realtà: il corpo fisico di Gesù, nato dalla Vergine Maria, il suo corpo eucaristico, il pane del cielo che ci nutre in questo grande sacramento, e il suo corpo ecclesiale, la Chiesa. Riflettendo su questi diversi aspetti del Corpus Christi, giungiamo ad una più profonda comprensione del mistero della comunione che lega tutti coloro che appartengono alla Chiesa. Tutti quelli che si nutrono del corpo e sangue di Cristo nell’Eucarestia  sono riuniti dallo Spirito Santo in un solo corpo (cfr Preghiera Eucaristica II) per formare l’unico popolo santo di Dio. Così come lo Spirito Santo è sceso sugli Apostoli nel Cenacolo a Gerusalemme, lo stesso Santo Spirito è all’opera in ogni celebrazione della Messa per un duplice scopo: santificare i doni del pane e del vino affinché diventino il corpo e sangue di Cristo e riempire coloro che sono nutriti da questi santi doni perché possano divenire un solo corpo ed un solo spirito in Cristo.

Sant’Agostino spiega magnificamente questo processo (cfr Sermone 272). Egli ci ricorda che il pane non è preparato a partire da un solo, ma da numerosi grani. Prima che questi grani diventino pane devono essere macinati. Egli fa qui allusione all’esorcismo al quale i catecumeni dovevano sottomettersi prima del loro battesimo. Ciascuno di noi che apparteniamo alla Chiesa ha bisogno di uscire dal mondo chiuso della propria individualità ed accettare la compagnia di coloro che condividono il pane con lui. Non devo più pensare a partire  da “me stesso” ma da “noi”. E’ per questo che tutti i giorni noi preghiamo “nostro” Padre per il “nostro” pane quotidiano. Abbattere le barriere tra noi e i nostri vicini è prima premessa per entrare nella vita divina alla quale siamo chiamati. Abbiamo bisogno di essere liberati da tutto quello che ci blocca e ci isola: timore e sfiducia gli uni verso gli altri, avidità ed egoismo, mancanza di volontà di accettare il rischio della vulnerabilità alla quale ci esponiamo quando ci apriamo all’amore.

I grani di frumento, una volta schiacciati, sono mischiati nella pasta e cotti. Qui sant’Agostino fa riferimento all’immersione nelle acque battesimali seguita dal dono sacramentale dello Spirito Santo che infiamma  il cuore dei fedeli con il fuoco dell’amore di Dio. Questo processo che unisce e trasforma i grani isolati in un solo pane ci presenta una immagine suggestiva dell’azione unificante dello Spirito Santo sui membri della Chiesa, realizzata in maniera eminente attraverso la celebrazione dell’Eucarestia. Coloro che prendono parte a questo grande sacramento diventano il Corpo ecclesiale del Cristo quando si nutrono del suo Corpo eucaristico. “Sii ciò che tu puoi vedere – dice sant’Agostino incoraggiandoli – e ricevi ciò che tu sei”.

Queste forti parole ci invitano a rispondere generosamente all’invito ad “essere il Cristo” per coloro che ci circondano. Noi siamo il suo corpo adesso sulla terra. Per parafrasare una celebre frase attribuita a santa Teresa d’Avila, noi siamo gli occhi con i quali la sua compassione guarda a coloro che sono nel bisogno, siamo le mani che egli stende per benedire e per guarire, siamo i piedi dei quali egli si serve per andare a fare il bene, e siamo le labbra con le quali il suo Vangelo viene proclamato. E’ quindi importante sapere che quando noi partecipiamo così alla sua opera di salvezza, noi non facciamo memoria di un eroe morto prolungando ciò che egli ha fatto: al contrario, Cristo è vivente in noi, suo corpo, la Chiesa, suo popolo sacerdotale. Nutrendoci di Lui nell’Eucarestia e accogliendo lo Spirito Santo nei nostri cuori, diventiamo veramente il corpo di Cristo che abbiamo ricevuto, siamo veramente in comunione con lui e gli uni con gli altri, e diveniamo autenticamente suoi strumenti, rendendo testimonianza a lui davanti al mondo.

“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). Nella prima comunità cristiana, nutrita alla tavola del Signore, noi vediamo gli effetti dell’azione unificatrice dello Spirito Santo. Condividevano i loro beni in comune, staccandosi da ogni bene materiale per amore dei fratelli. Hanno trovato soluzioni eque alle loro differenze come vediamo, per esempio, nella risoluzione della disputa fra Ellenisti ed Ebrei sulla distribuzione quotidiana (cfr At 6,1-6). Come più tardi ha detto un commentatore: “Vedi come questi cristiani si amano l’un l’altro e come sono pronti a morire l’uno per l’altro” (Tertulliano, Apologia,39). Ma il loro amore non era affatto limitato verso i loro amici credenti. Mai hanno considerato se stessi come esclusivi, privilegiati beneficiari del favore divino, ma invece come messaggeri inviati a spargere la buona notizia della salvezza in Cristo fino ai confini della terra. E fu così che il messaggio affidato agli Apostoli dal Signore Risorto, venne sparso in tutto il Medio Oriente e da qui al mondo intero.

Αγαπητοί εν Χριστώ αδελφοί και αγαπητές αδελφές, σήμερα είμαστε καλεσμένοι σαν ένα σωμα και μιά ψυχή να εξετάσουμε σε βάθος την κοινωνία μας με τον Κυριον και με τον πλησίον και να τον μαρτυρήσουμε μπροστά σε ολο τον κόσμο. [Cari fratelli e sorelle in Cristo, oggi siamo chiamati, come loro, ad essere un cuore ed un’anima sola, approfondendo la nostra comunione con il Signore e tra di noi, ed essere suoi testimoni dinnanzi al mondo].

Siamo chiamati a superare le nostre differenze, a portare pace e riconciliazione dove ci sono conflitti, ad offrire al mondo un messaggio di speranza. Siamo chiamati ad estendere la nostra attenzione ai bisognosi, dividendo generosamente i nostri beni terreni con coloro che sono meno fortunati di noi. E siamo chiamati a proclamare incessantemente la morte e risurrezione del Signore, finché egli venga. Per lui, con lui ed in lui, nell’unità che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, rendiamo onore e gloria a Dio nostro Padre celeste insieme a tutti gli angeli e santi che cantano le sue lodi per sempre. Amen

9. Recita dell’Angelus Domini (Nicosia, 6 giugno 2010)

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

a mezzogiorno è tradizione della Chiesa rivolgersi in preghiera alla Beata Vergine Maria, ricordando con gioia il suo pronto assenso a divenire la madre di Dio. E’ stato un invito che l’ha riempita di trepidazione e che lei avrebbe potuto appena comprendere. Era un segno che Dio aveva scelto lei, sua umile ancella, per cooperare con lui nell’opera di salvezza. Come non rallegrarci per la generosità della sua risposta! Attraverso il suo “sì” la speranza della storia è divenuta una realtà, l’Unico che Israele aveva da lungo atteso venne nel mondo, dentro la nostra storia. Di lui l’angelo ha annunciato che il suo regno non avrebbe avuto fine (Lc 1,33).

Circa trent’anni dopo, trovandosi Maria piangente ai piedi della croce, dev’essere stato difficile mantenere viva questa speranza. Le forze delle tenebre sembrava che avessero avuto il sopravvento. E nel suo intimo lei avrebbe ricordato le parole dell’angelo. Ma anche nella desolazione del Sabato Santo la certezza della speranza la sostenne fino alla gioia della mattina di Pasqua. Ed anche noi, suoi figli, viviamo nella stessa fiduciosa speranza che la Parola fatta carne nel seno di Maria, mai ci abbandonerà. Egli, il Figlio di Dio e il Figlio di Maria, fortifica la comunione che ci lega insieme così che noi possiamo divenire testimoni di lui e del potere del suo amore che guarisce e riconcilia.

Ora desidero dire alcune parole in lingua polacca nella lieta circostanza dell’odierna beatificazione di Jerzy Popiełuszko, sacerdote e martire.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Kościoła w Polsce, który dziś raduje się wyniesieniem na ołtarze księdza Jerzego Popiełuszki. Jego ofiarna posługa i męczeństwo są szczególnym znakiem zwycięstwa dobra nad złem. Niech jego przykład i wstawiennictwo budzi gorliwość kapłanów i rozpala miłość wiernych.

[Rivolgo un cordiale saluto alla Chiesa in Polonia, che oggi gioisce dell’elevazione agli altari del padre Jerzy Popiełuszko. Il suo zelante servizio e il martirio sono particolare segno della vittoria del bene sul male. Il suo esempio e la sua intercessione accrescano lo zelo dei sacerdoti e infiammino d’amore i fedeli laici.]

Imploriamo ora la Vergine Maria, nostra Madre, di intercedere per tutti noi, per il popolo di Cipro e per la Chiesa del Medio Oriente, con Cristo suo Figlio, il Principe della Pace.  

10. Visita alla Cattedrale Maronita di Cipro (Nicosia, 6 giugno 2010)

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

sono molto contento di poter fare questa visita alla Cattedrale di Nostra Signora delle Grazie. Ringrazio l’Arcivescovo Youssef Soueif per le sue gentili parole di benvenuto a nome della comunità Maronita di Cipro e cordialmente saluto tutti voi con le parole dell’Apostolo: “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (1 Cor 1,3)!

Visitando questo edificio compio nel mio cuore un pellegrinaggio spirituale verso ogni chiesa maronita dell’isola. Vi assicuro che, con la premura di un padre, sono vicino ad ogni fedele di quelle antiche comunità.

Questa chiesa Cattedrale in vari modi rappresenta la vera lunga e ricca storia, talvolta turbolenta, della comunità Maronita di Cipro. I Maroniti giunsero a queste rive in vari periodi durante i secoli e furono spesso duramente provati per rimanere fedeli alla loro specifica eredità cristiana. Tuttavia, nonostante la loro fede sia stata esaminata come l’oro nel fuoco (cfr Pt 1,7), sono rimasti perseveranti nella fede dei loro padri, una fede che è ora passata a voi, Maroniti Ciprioti di oggi. Vi esorto a far tesoro di questa grande eredità, di questo dono prezioso.

Questo edificio Cattedrale ci ricorda anche una importante verità spirituale. San Pietro ci dice che noi Cristiani siamo come pietre vive “costruiti come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” (1Pt 2,5). Insieme con i Cristiani sparsi nel mondo, siamo parte di questo grande tempio che è il Corpo Mistico di Cristo. Il nostro culto spirituale, offerto in molte lingue, in molti posti ed in una bella varietà di liturgie, è una espressione dell’unica voce del Popolo di Dio, unito in preghiera e in ringraziamento a lui in una permanente comunione gli uni con gli altri. Questa comunione, che abbiamo così cara, ci sospinge a portare la Buona Notizia della nostra nuova vita in Cristo a tutta l’ umanità.

Ιδου η πρόκλησις που σας αφήνω σήμερα: εγώ προσεύχουμαι ώστε η εκκλησία σας, με ενότητα μαζύ με τους ποιημένες σας και με τον Επίσκοπον Ρώμης, να αυξάνεται εις την αγιοσύνη, εις την πίστην του Ευαγγελίου και εις την αγάπη γιά τον Κύριον και για τον πλησίον. [Questo è l’impegno che io condivido con voi oggi: prego perché la vostra Chiesa in unione con tutti i vostri pastori e con il Vescovo di Roma, possa crescere in santità, nella fedeltà al Vangelo e nell’amore per il Signore e per l’un l’altro.]

Raccomandando voi e le vostre famiglie, specialmente i vostri amati bambini, alla intercessione di San Marone, di cuore imparto a tutti voi la mia Apostolica Benedizione.

11. Cerimonia di congedo all’Aeroporto Internazionale di Larnaca (6 giugno 2010)

Signor Presidente, Distinte Autorità, Signore e Signori,

è giunto ormai il tempo per me di lasciarvi, dopo il mio breve ma fruttuoso Viaggio Apostolico a Cipro.

Signor Presidente, la ringrazio per le gentili parole e sono felice di esprimere la mia gratitudine a Lei per tutto quello che Lei, il suo Governo e le Autorità civili e militari hanno fatto per rendere la mia visita un memorabile successo.

Mentre lascio la vostra terra, come molti pellegrini prima di me, ricordo ancora come il Mediterraneo è formato da un ricco mosaico di popoli con le loro proprie culture e le loro bellezze, calore ed umanità. Nonostante tale realtà, il Mediterraneo Orientale, al medesimo tempo, non è estraneo a conflitto e spargimento di sangue, come abbiamo tragicamente visto negli ultimi giorni. Raddoppiamo i nostri sforzi al fine di costruire una pace reale e duratura per tutti i popoli della regione.

Assieme a questo obiettivo generale, Cipro può giocare un ruolo particolare nel promuovere il dialogo e la cooperazione. Impegnandovi pazientemente per la pace dei vostri focolari domestici e per la prosperità dei vostri vicini, voi sarete ben preparati ad ascoltare e comprendere tutti gli aspetti di molte complesse questioni, ed aiutare i popoli a giungere ad una maggiore comprensione gli uni degli altri. La strada che state percorrendo è una di quelle alle quali la comunità internazionale guarda con grande interesse e speranza e noto con soddisfazione tutti gli sforzi compiuti per favorire la pace per il vostro popolo e per tutta l’isola di Cipro.

Mentre rendo grazie a Dio per questi giorni che hanno visto il primo incontro della comunità cattolica di Cipro con il successore di Pietro nella vostra terra, ricordo anche con gratitudine i miei incontri con le altre autorità cristiane, in particolare Sua Beatitudine Crisostomo II e gli altri rappresentanti della Chiesa di Cipro che ringrazio per la loro fraterna accoglienza. Spero che la  mia visita qui possa essere un ulteriore passo lungo il cammino che è stato aperto prima di noi con l’abbraccio a Gerusalemme dell’allora Patriarca Atenagora ed il mio venerabile predecessore Papa Paolo VI. I loro primi passi profetici compiuti insieme ci hanno indicato la strada che anche noi dobbiamo percorrere. Abbiamo un appello divino ad essere fratelli, a camminare fianco a fianco nella fede, umili davanti a Dio onnipotente e con inscindibili legami di affetto l’uno per l’altro. Nell’invitare i fedeli cristiani a continuare questo cammino, desidero assicurarli che la Chiesa Cattolica, con la grazia di Dio, impegnerà se stessa per raggiungere l’obiettivo della perfetta unità nella carità tramite una stima più profonda verso ciò che Cattolici ed Ortodossi hanno di più caro.

Lasciatemi anche esprimere ancora la mia sincera speranza e preghiera che, insieme, Cristiani e Musulmani diverranno un lievito di pace e riconciliazione tra i Ciprioti e ciò sarà di esempio per gli altri Paesi.

Infine, Signor Presidente, mi permetta di incoraggiare Lei ed il suo Governo nella vostra alta responsabilità. Come ben sapete, fra i vostri compiti più importanti vi è quello di assicurare la pace e la sicurezza di tutti i Ciprioti. Avendo pernottato in questi ultimi giorni nella Nunziatura Apostolica, che si trova nella zona cuscinetto sotto il controllo delle Nazioni Unite, ho potuto vedere di persona qualcosa della triste divisione dell’isola, come pure rendermi conto della perdita di una parte significativa di un’eredità culturale che appartiene a tutta l’umanità. Ho potuto anche ascoltare Ciprioti del nord che vorrebbero ritornare in pace alle loro case e ai loro luoghi di culto, e sono stato profondamente toccato dalle loro richieste. Certamente, verità e riconciliazione, insieme al mutuo rispetto, sono il fondamento più solido per un futuro in unità e pace per quest’isola e per la stabilità e prosperità di tutti i suoi abitanti. Molto di positivo è stato raggiunto, a questo riguardo, negli anni scorsi, per mezzo di un dialogo concreto, benché ancora molto rimanga da fare per superare le divisioni. Mi permetta di incoraggiare Lei ed i suoi concittadini a lavorare con pazienza e costanza con i vostri vicini per costruire un futuro migliore e più sicuro per tutti i vostri figli. In questo impegno, sia certo delle mie preghiere per la pace di tutta Cipro.

Κύριε Πρόεδρε και αγαπητοί φίλοι, με αυτά τα σύντομα λόγια, σας αποχαιρετώ.  Σας ευχαριστώ πάρα πολύ και εύχομαι ο Τριαδικός Θεος και η Παναγία να σας ευλογούν πάντα. Χαίρετε! Ειρήνη μαζί σας! [Signor Presidente, cari amici, con queste brevi parole vi porgo il mio arrivederci. Grazie mille e che la Trinità Santissima e la Vergine Tutta Santa vi benedica sempre. Addio! La pace sia con voi!]

Χαίρετε! Ειρήνη μαζί σας! [Signor Presidente, cari amici, con queste brevi parole vi porgo il mio arrivederci. Grazie mille e che la Trinità Santissima e la Vergine Tutta Santa vi benedica sempre. Addio! La pace sia con voi!]© Copyright 2010 – Libreria Editrice VaticanaL’Instrumentum laboris del Sinodo del Medio Oriente (in italiano)