Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: SENZA LE RADICI CRISTIANE L’EUROPA PERDE LA SUA IDENTITÀ

In un’Europa “alla ricerca della propria identità”, solo la “linfa vitale” delle “radici cristiane” può assicurare “un’unità nuova e duratura”, che superi gli orizzonti semplicemente economici e politici. Lo ha detto il Papa nel’udienza generale di oggi, dedicata alla figura di san Benedetto e alla perenne attualità della sua Regola, apportatrice di “un autentico fermento spirituale che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, creando dopo la caduta dell’unità politica una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente”. Secondo Benedetto XVI, la regola benedettina “offre indicazioni utili non solo ai monaci, ma anche a tutti coloro che cercano una guida nel loro cammino verso Dio. Per la sua misura, la sua umanità e il suo sobrio discernimento tra l’essenziale e il secondario nella vita spirituale, essa ha potuto mantenere la sua forza illuminante fino ad oggi”. Di qui la perenne validità dell’”opera meravigliosa” svolta da san Benedetto e dalla sua Regola “per la formazione della civiltà e della cultura europea”, riconosciuta da Paolo VI, che lo ha proclamato il 24 ottobre del 1964 Patrono d’Europa. “Oggi l’Europa – uscita appena da un secolo profondamente ferito da due guerre mondiali e dopo il crollo delle grandi ideologie rivelatesi come tragiche utopie – è alla ricerca della propria identità”, ha osservato il Papa, secondo il quale “per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente altrimenti non si può ricostruire l’Europa”. “Senza questa linfa vitale – ha ammonito Benedetto XVI – l’uomo resta esposto al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sé – utopia che, in modi diversi, nell’Europa del Novecento ha causato, come ha rilevato il Papa Giovanni Paolo II, un regresso senza precedenti nella tormentata storia dell’umanità”. “Padre del monachesimo occidentale”, ha esordito Benedetto XVI nella catechesi dell’udienza, san Benedetto da Norcia “ha esercitato un influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea”. Come scrive nei “Dialoghi” san Gregorio Magno, san Benedetto è stato “un uomo concreto” che ha illustrato che “l’ascesa alle vette della contemplazione può essere realizzata da chi si abbandona completamente a Dio”.

“Un uomo di responsabilità pubblica deve essere sempre un uomo che ascolta e che sa imparare da quanto ascolta”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, nella catechesi di oggi dedicata alla figura di san Benedetto. Soffermandosi sulla figura dell’abate, “autoritratto” del patrono d’Europa, Benedetto XVI ha fatto notare che nella Regola benedettina è chiamato a “decidere responsabilmente”, ma anche ad ascoltare “il consiglio dei fratelli”,perché “spesso Dio rivela al più giovane la soluzione migliore”. “Questa disposizione – ha detto il Pontefice – rende sorprendentemente moderna una regola scritta quasi quindici secoli fa”. Senza contare che per san Benedetto il monastero, oltre ad operare nel “nascondimento”, ha anche “una finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società”. Quando il 21 marzo del 547,Benedetto da Norcia – nelle parole del Papa – lasciò con la sua Regola e con la famiglia benedettina da lui fondato un patrimonio che fino ad oggi ha portato frutto in tutto il mondo”. Su questo patrimonio Benedetto XVI è tornato anche alla fine della catechesi dell’udienza di oggi: “Cercando il vero progresso – ha esortato a braccio – ascoltiamo anche oggi la Regola come luce del nostro cammino. San Benedetto rimane un vero maestro, dal quale possiamo imparare l’arte di vivere l’umanesimo vero”.

“Senza preghiera non c’è vera esperienza di Dio”. A ribadirlo è stato il Papa, ripercorrendo nell’udienza generale di oggi le tappe principali della vita di san Benedetto da Norcia, “immersa in un’atmosfera di preghiera, fondamento portante della sua esistenza”. “La spiritualità di Benedetto – ha detto il Papa ai circa 22mila fedeli presenti oggi in piazza S. Pietro – non era un’interiorità fuori dalla realtà”, poiché “nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo egli viveva sotto lo sguardo di Dio e con il proprio sguardo rivolto verso Dio, pur senza perdere mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti”. Per san Benedetto, “la preghiera è in primo luogo un atto di ascolto che deve poi tradursi nell’azione concreta”: così “la vita del monaco diventa una sintesi tra azione e contemplazione”. “In contrasto con un’autorealizzazione facile ed egocentrica,oggi spesso saltata – ha ammonito il Santo Padre – l’impegno primo ed irrinunciabile del discepolo di san Benedetto è la sincera ricerca di Dio, sulla via tracciata dal Cristo umile ed obbediente”.

“In questo modo l’uomo diventa sempre più conforme a Cristo e raggiunge la vera autorealizzazione come creatura ad immagine e somiglianza di Dio”, ha puntualizzato Benedetto XVI, che ha citato in particolare i tre anni vissuti da eremita completamente solo in una grotta, dal Medioevo in Poi divenuta il “cuore” del monastero benedettino del “Sacro Speco”. “Il periodo di Subiaco – ha sottolineato il Papa – fu per Benedetto un periodo di maturazione”, dove “doveva sopportare le tre tentazioni fondamentali di ogni essere umano: la tentazione dell’autoaffermazione e del desiderio di porsi al centro, la tentazione della sensualità e, infine, la tentazione dell’ira e della vendetta”. San Benedetto era convinto, infatti, che “solo dopo aver vinto queste tentazioni, egli avrebbe potuto dire agli altri una parola utile per le loro situazioni di bisogno”. “La sua anima, ormai pacificata – le parole del Pontefice – era in grado di controllare pienamente le pulsioni dell’io, e di diffondere pace intorno a sé. Solo allora decise di fondare i primi suoi monasteri”. Nella prima parte della catechesi odierna, menzionando i miracoli compiuti dal Santo e narrati da san Gregorio Magno, il Papa ha commentato, a braccio, che essi dimostrano come “Dio non è un’ipotesi lontana dell’origine del mondo, ma una presenza nella vita dell’uomo che si apre a lui”.

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