Firenze

Betori: “Un Natale tra guerre e violenza. No all’odio”

Il saluto ai giornalisti del cardinale Betori: tra i temi toccati don Milani e le elezioni comunali

“È un Natale che richiede molto impegno, a comprendere la fiducia che Dio ha sull’uomo e quindi la responsabilità di portare l’amore di Dio verso tutti così da costruire un mondo più coeso e più fraterno e più sereno”. Questo il messaggio del cardinale Giuseppe Betori.

“Viviamo un natale particolare – ha affermato – assediati come siamo da notizia di guerra. Ma la violenza non è solo quella delle guerre”. Betori ha ricordato la violenza di genere, l’uccisione delle donne, la violenza dei giovani, tante realtà di conflittualità all’interno della società: “Abbiamo bisogno di debellare ogni forma di violenza. Anche quella nell’uso delle parole che, ci ricorda il papa, feriscono e creano divisioni. Ricostruire pace, serenità e convivenza sentendoci tutti responsabili nell’eliminare ogni occasione di odio”.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, ha parlato del centenario di don Milani appena concluso: «Il comitato per il centenario – ha detto – ha lavorato molto bene, i convegni organizzato sono stati tutti di alto profilo”. Ha accennato quindi alla questione degli archivi e dei documenti di don Milani, che riguarda la Fondazione Don MIlani e altri enti: un tema “sul quale la diocesi non può fare alcunché. Adesso ci troviamo una lite giudiziaria che avrà soluzione solo in tribunale”. Betori ha sottolineato che i documenti relativi a don Milani di proprietà della diocesi “sono ben custodite nell’archivio diocesano, al quale io auspico posano affluire anche gli altri archivi. L’essenziale non è stabilire la proprietà ma che le carte siano conservate all’interno di un’istituzione che è in grado di renderle fruibili secondo le regole dell’archivistica nazionale ed ecclesiastica. Don Milani, ha detto ancora, “è una figura poliedrica non è riducibile a un solo messaggio. Quello che cerco di ribadire è che non si capisce niente se non a partire dalla radice sacerdotale che è a sua volta radicata sulla fede. Se si chiarisce questo allora si chiarisce tutto il resto”.

Riguardo al suo successore, ha risposto: “Ogni stagione ha bisogno di un vescovo adatto al momento: non voglio sostituirmi al Papa. Gli dirò la situazione della diocesi, poi sarà lui a decidere. È una cosa troppo da Papa nominare un vescovo, io rispetto questo Papa, gli voglio bene e lui vuole bene a me”. Betori aveva presentato al Papa la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi nel febbraio 2022 alla vigilia del compimento dei 75 anni, nel rispetto della normativa canonica: la rinuncia era stata accettata, ma con la richiesta di continuare nel governo pastorale della diocesi ‘donec aliter provideatur’, ossia finché non si provveda in modo diverso. “Mi sento ormai fiorentino, accettato da questa città, e stavo pensando a una mia permanenza qui anche dopo l’entrata in funzione della rinuncia”, ha spiegato il cardinale.
Dal 4 al 9 marzo è in programma la visita ‘ad limina’ dei vescovi toscani in Vaticano e l’incontro col Papa, per la quale Betori sta preparando “una relazione corposa di dati e valutazioni che sto raccogliendo da tutti gli uffici. Una volta riunito il tutto trarrò le mie conclusioni”.

A proposito delle vocazioni, ha ricordato: “Quando sono arrivato a Firenze c’erano 400 preti, adesso sono 289. A questi per fortuna si aggiungono quelli che vengono da fuori. Abbiamo anche l’aiuto importante dai religiosi, tra cui un centinaio hanno incarichi diocesani. Il fatto che da questa diocesi negli ultimi anni siano usciti 4 vescovi è un riconoscimento del fatto che questo clero sa esprimere qualità”. Secondo Betori, “Dobbiamo lasciar da parte la nostalgia dei seminari pieni. Il nostro seminario è nato per ospitare 200 seminaristi. Attualmente ci vivono una quindicina di ragazzi, alcuni fiorentini, altri che per un accordo con due diocesi indiane studiano qui. Nel nostro seminario poi confluiscono seminaristi di varie diocesi toscane. A questi si aggiungono una decina di seminaristi nella sezione distaccata di Scandicci che fa riferimento al Movimento Neocatecumenale. Abbiamo avuto alcuni anni di vuoto, adesso stiamo riprendendo fiato, grazie anche alla pastorale giovanile e vocazionale che fanno un buon lavoro. Non è facile proporre a un giovane oggi la strada del sacerdozio, che è controcorrente in modo forte”. 

Le parrocchie oggi, ha sottolineato, sono centrate sulla figura del prete multifunzione: la comunità di domani dovrà fare riferimento a un prete perché senza il prete non c’è eucaristia ma le varie funzioni dovranno essere spacchettate e assunte da diaconi e da varie figure ministeriali, i ministeri istituiti e di fatto.

Rispondendo a una domanda sulle prossime elezioni, che riguarderanno anche il sindaco di Firenze, ha affermato: “Chiunque andrà a governare questa città non dimentichi le sue radici ma abbia il coraggio di scelte che rendano la città viva, non semplicemente conservata. Sono state fatte cose buone in questi anni nell’uno e nell’altro senso”. Betori ha fatto riferimenti al simbolo della città: “Il giglio di Firenze a differenza di quello francese ha una ramificazione di radici, tanti apporti religiosi e non religiosi. Non ne ha solo una, ne ha diverse, ha una ramificazione, non c’è un unico spirito dentro questa città. Una di quelle radici è la Chiesa cattolica, ma non è la sola. Se Firenze perde questo, diventa una città come tutte le altre, un contenitore di monumenti che non ispirano alcun messaggio. Questo giglio poi ha gli stami che simboleggiano la vitalità, il dar vita”.

In riferimento alla sparizione della piccola Kata, Betori ha citato di nuovo il problema dell’emergenza abitativa, perché a Firenze oggi “persone che lavorano non riescono a ottenere una casa, o per la loro provenienza o perché i prezzi delle case sono troppo alti. E’ un problema fondamentale: da lì nascono situazioni di degrado, si generano occupazioni, che favoriscono delitti come questo”. Il dialogo con le istituzioni in questi anni, ha aggiunto il cardinale, “l’ho fatto sempre” e l’ascolto “c’è stato sempre: poi l’attuazione dipende da tante condizioni che non sta a me giudicare, ma con il Comune, la Prefettura, la Regione, ho trovato sempre grandi possibilità di dialogo”