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Brexit: i leader Ue, avanti con i negoziati per l’uscita di Londra dalla «casa comune»

«In un processo libero e democratico il popolo britannico ha espresso il suo desiderio di lasciare l’Unione europea. Siamo spiacenti per questa decisione ma la rispettiamo». I leader delle istituzioni Ue intervengono ufficialmente sul Brexit: prendono la parola, congiuntamente Juncker (Commissione), Tusk (Consiglio europeo), Rutte (Consiglio dei ministri Ue) e Schulz (Europarlamento).

Sottolineano che si tratta di «una situazione senza precedenti, ma siamo uniti nella nostra risposta; rimarremo fermi e difenderemo i valori fondamentali dell’Unione europea, quali la promozione della pace e il benessere dei suoi popoli. L’Unione dei 27 Stati membri continuerà: questo rappresenta il panorama del nostro futuro politico comune. Siamo legati da storia, geografia e interessi comuni e svilupperemo la nostra cooperazione su queste basi. Insieme indirizzeremo cambiamenti comuni verso la crescita e la ricchezza comune e assicureremo stabilità e sicurezza per i nostri cittadini».

«Attendiamo ora dal governo del Regno Unito – affermano i leader delle istituzioni Ue – che faccia seguito il più rapidamente possibile alla decisione del popolo britannico per quanto possa essere dolorosa; ogni ritardo prolungherà inutilmente l’incertezza. L’articolo 50 del Trattato Ue stabilisce la procedura da seguire nel caso in cui uno Stato membro decida di lasciare l’Unione. Noi siamo pronti ad avviare rapidamente dei negoziati con il Regno Unito sui termini e le condizioni del suo ritiro. Fino al termine dei negoziati il Regno Unito resta membro dell’Ue con tutti i diritti e gli obblighi relativi».

E ancora: «Secondo i trattati, che il Regno Unito ha ratificato, il diritto dell’Ue continua ad applicarsi pienamente nel Regno Unito finché egli non ne sarà più membro. Come convenuto il nuovo status del Regno Unito nell’Ue», definito al Consiglio europeo del 18-19 febbraio 2016, «non avrà effetto e cessa di esistere. Non ci saranno rinegoziazioni». Infine «per quanto riguarda il Regno Unito noi speriamo che sarà nell’avvenire un partner vicino all’Unione europea. Noi speriamo che il Regno Unito formuli le sue proposte a riguardo. Ogni accordo che sarà concluso» con Londra «come Paese terzo dovrà tenere conto degli interessi delle due parti e mostrare equilibrio in termini di diritti e di obbligazioni».

«È l’inizio della fine dell’Unione europea?», ha domandato un cronista a Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, nella sala stampa del palazzo Berlaymont, sede dell’Esecutivo a Bruxelles. Juncker alza lo sguardo e risponde: «No». Poi gira i tacchi e se ne va. Si conclude tra gli applausi – fatto più unico che raro – la conferenza stampa del capo dell’Esecutivo, sceso tra i corrispondenti delle testate internazionali per spiegare i prossimi passi dell’Ue dopo il referendum inglese. E cosa farà ora il motore franco-tedesco? – domanda un altro giornalista? «Dal motore franco-tedesco, come lo chiama lei – risponde Juncker –, mi aspetto una posizione molto chiara, perché è evidente che l’incertezza nella quale ci troviamo non durerà a lungo», «dobbiamo accelerare i negoziati» per il dopo-Brexit. Sono ore intense nelle sedi dell’Ue: si accavallano le dichiarazioni dei responsabili delle istituzioni comuni e degli eurodeputati. Il Parlamento europeo dovrebbe riunirsi in plenaria straordinaria martedì 28 giugno, in mattinata; poi, a seguire, la riunione dei capi di Stato e di governo dell’Unione nel Consiglio europeo.

Il commento dei vescovi cattolici di Inghilterra. «Un nuovo passaggio della storia, difficile per tutti»: così il Primate cattolico di Inghilterra e Galles, cardinale Vincent Nichols, ha definito il nuovo scenario politico ed economico aperto dal risultato del voto nel referendum del Brexit con il quale la maggioranza dei britannici ha deciso di lasciare l’Unione europea. In una dichiarazione diffusa poche ore dopo l’annuncio dei risultati, la guida dei cinque milioni di cattolici inglesi e gallesi ha detto che «la conferenza episcopale prega perché chi è impegnato nel difficile compito di rispettare la volontà popolare, espressa nelle urne, lavori con rispetto e civiltà, oltre le profonde differenze di opinione, e perché i più vulnerabili siano sostenuti e protetti soprattutto coloro che sono facili vittime del traffico umano e di datori di lavoro senza scrupoli». L’arcivescovo di Westminster ha anche ricordato la «grande tradizione democratica del Regno Unito di rispettare la volontà degli elettori» e ha detto di pregare perché «le nostre nazioni costruiscano sulle tradizioni migliori di generosità e apertura agli stranieri e accoglienza di chi ha più bisogno di aiuto». Il comunicato della guida della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles si conclude con una preghiera perché «dobbiamo adesso lavorare duramente per dimostrare di essere buoni vicini e saper contribuire con decisione agli sforzi internazionali per affrontare i problemi più critici del nostro mondo».