Lettere in redazione

Calcio, l’appello del Papa è rimasto inascoltato

Il Santo Padre ha ricevuto le squadre che dovevano giocare per la Coppa Italia; il suo appello perché lo sport sia una festa, è rimasto totalmente inascoltato. D’altra parte, Egli ha ricevuto dei personaggi che ostentano la loro notorietà, che guadagnano milioni di euro, che frequentano ambienti mondani e che pensano a tutto fuorché a quello che ha detto il Papa. Certo, la violenza negli stadi non dipende dai giocatori, ma un calcio così malato, dove le Autorità devono trattare l’inizio o meno di una partita con i capi degli ultras, ci fa pensare che sia tutto da rivedere.Quindi, molti politici, personaggi dello spettacolo, della «cultura», si affannano a farsi vedere con «quelli del calcio», per acquisire voti, visibilità, per piacere alla gente. Il Papa no, però; il Papa non ha bisogno di questo e forse – la prossima volta – sarà meglio che riceva di nuovo i giovani che fanno sport, che lanci a loro un messaggio di pace e di speranza. Quelli dei piani alti, dai contratti con molti zeri, i loro allenatori ed i loro presidenti, che non fanno altro che litigare in tv, sono pecorelle irrimediabilmente smarrite. Antonio Di FuriaPrato

Nessuna pecorella è mai irrimediabilmente smarrita e il Papa fa bene a ricordare i veri valori dello sport – come ha fatto nell’incontro di venerdì 2 maggio –  proprio ai calciatori professionisti e ai vertici di quel calcio che il giorno dopo avrebbero dato di sé un’immagine davvero penosa. Dopo aver messo in guardia dal «grande giro di affari, per la pubblicità, le televisioni» che rischia di prevalere sullo sport, Francesco si è rivolto direttamente alle due squadre: «Voi calciatori – ha detto – avete una grande responsabilità. Siete al centro dell’attenzione, e tanti vostri ammiratori sono giovani e giovanissimi; tenete conto di questo, pensate che il vostro modo di comportarvi ha una risonanza, in bene e in male. Siate sempre veri sportivi!». Come vede ha parlato chiaro (leggi qui)!

Quanto ai giovani che fanno sport il Papa li incontrerà nel pomeriggio di sabato 7 giugno, in piazza san Pietro, in occasione del 70° del Csi. Anche a loro – mi immagino – ripeterà l’invito a considerare lo sport per la «forte valenza educativa» che ha «per la crescita della persona»: «crescita personale, nell’armonia di corpo e di spirito, e crescita sociale, nella solidarietà, nella lealtà, nel rispetto». E anche in quel caso sarà necessario ammonire gli adulti – dirigenti sportivi, allenatori, ma soprattutto genitori – che lo sport è fatto per la crescita della persona e non per prevalere sugli altri o per far soldi.

Le do però ragione sul fatto che l’appello di Francesco sembra caduto nel vuoto (e non mi riferisco ai giocatori, i quali hanno interpretato correttamente la partita). Lo spettacolo trasmesso sabato sera da RaiUno merita solo un aggettivo: vergognoso! Ne sono responsabili un manipolo di delinquenti travestiti da tifosi, tollerati dalle società (spesso sotto ricatto) e dalla giustizia italiana, incapace di perseguirli, mentre crea mille difficoltà ai veri tifosi. Ma lo sono soprattutto le autorità preposte a quell’evento – la Lega calcio, il responsabile della sicurezza dello stadio, il Questore e il Prefetto, in primis – che hanno accettato di negoziare lo svolgimento della partita con tale «Genny a’ carogna», che ostentava una maglietta inneggiante all’uccisore di Filippo Raciti e si era autoproclamato capo degli ultras napoletani. E che dire poi della telecronaca allestita dal servizio pubblico? Quasi più grave del fatto in sé… Con grande irresponsabilità si è fatto credere per oltre mezz’ora che ci fossero stati scontri tra tifoserie, senza specificare che in ogni caso quelli della Fiorentina ne erano estranei; si è continuato a parlare di «vertici» per decidere se giocare o no, come se fosse la cosa più logica da fare in un Paese civile; si è descritto il capitano del Napoli Hamsik quasi come un eroe per essere andato a negoziare con i capi tifosi (e qui ha sbagliato anche chi ce lo ha mandato, ovviamente); si è subito avallato senza batter ciglio l’idea che la partita si poteva giocare proprio perché «Genny a’ carogna» aveva finalmente detto di sì.

Almeno fosse servito a svegliare qualche coscienza! Temo che la brutta figura fatta davanti a tutto il mondo non servirà neanche questa volta a ricostruire su basi nuove il calcio italiano. Lo dimostra il fatto che finora nessun responsabile si è sentito in dovere di presentare le sue dimissioni. Vedremo se il presidente del Consiglio, che credo abbia mal digerito quello spettacolo, saprà (e potrà) fare qualcosa. Ma riformare questo calcio può risultargli più difficile che cambiare il Senato!

Claudio Turrini