Cultura & Società

Campo internazionale. 100 giovani da 15 paesi: all’odio online si risponde con la conoscenza

È possibile dialogare in un mondo in cui l’odio dilaga, in cui la violenza – sia in rete che in strada – mette in guardia da ogni forma di diversità, in cui la diffidenza sembra la risposta più prudente ai cambiamenti? Forse sì, stando ai concreti di speranza lanciati dai giovani del Campo Internazionale dell’Opera per la Gioventù «Giorgio La Pira», conclusosi nei giorni scorsi. Cento giovani provenienti da quindici paesi diversi, che per dieci giorni al «Villaggio La Vela» di Castiglione della Pesciaia (Gr) hanno condiviso incontri, pasti, giochi, preghiera.

Un’occasione unica per dimostrare che l’odio sulla rete, i pregiudizi e la disinformazione si possono battere con la conoscenza e il dialogo: un’esperienza di vita per dire che la pace non è un’illusione per ottimisti.

Giovani italiani, israeliani, palestinesi, russi, studenti provenienti da vari paesi del continente africano e dal sudamerica. Giovani cattolici, ortodossi, musulmani, ebrei. Tutti insieme, per un’esperienza di amicizia e conoscenza.

Il tema di quest’anno, «La strada del dialogo: trasmettere umanità», ha invitato i partecipanti a riflettere sui temi della comunicazione sotto vari aspetti. La riflessione sulle potenzialità ambivalenti della rete ha coinvolto la discussione dei giovani su un fronte ampio e cruciale: il tema – al di là della sfera tecnologica – ha portato ad un necessario confronto sui temi dell’identità, sul ruolo dei media nella comprensione della realtà, sul dialogo tra religioni in un tempo dominato da stereotipi e semplificazioni.

Presenti al campo numerose personalità e ospiti: Cenap Aydin (Istituto Tevere), Massimo Toschi (Regione Toscana), Gianmaria Piccinelli (Seconda Università di Napoli), i giornalisti Wlodek Goldkorn (L’Espresso), Jacopo Storni (Corriere Fiorentino, Redattore Sociale) e Antonello Riccelli (Telegranducato e vicepresidente Ucsi).

Particolarmente partecipato l’incontro del 18 agosto, che ha permesso ai giovani di confrontarsi con Izzedin Elzir (Imam di Firenze e Presidente UCOII), Fra Matteo Brena (Francescano, responsabile Custodia di Terra Santa per la Toscana) e Rav. Joseph Levi (Comunità Ebraica di Firenze): i presenti hanno avuto modo di porre domande sui temi dell’innovazione e della fede, sulla sfida della dimensione «contemplativa» al tempo dei social network, sulle frontiere del dialogo tra chiese in un tempo in cui è predominante la diffusione dell’odio e del pregiudizio.

Il Campo Internazionale – proposto dall’Opera la Pira da oltre 25 anni – come di consueto si è concluso con la stesura di un documento finale, simbolo e sintesi del percorso svolto dai ragazzi.

«Uno dei cambiamenti più pervasivi ­ scrivono i giovani ­- è rappresentato da social media, su cui la nostra attenzione si è focalizzata di più durante il Campo. Molte persone rischiano di diventare soggetti passivi piuttosto che attivi nell’uso dei social media. La loro identità è sempre di più plasmata dai contenuti e dai network dei social, mentre la dimensione di comunicare se stessi e le proprie prospettive agli altri sta perdendo di importanza». Da qui l’importanza dell’«educazione all’uso dei social media», perché «educare alla ricchezza delle diversità è fondamentale per evitare odio e violenza verso chi ha opinioni e background diversi. Le nostre comunità vanno diversificandosi, e il dialogo è perciò essenziale se vogliamo crescere insieme».

Nel documento i giovani prendono in esame anche l’impatto che i social media hanno «sulla cittadinanza e sulle dinamiche democratiche». Accade spesso, scrivono, che questi media amplifichino «le notizie, le opinioni e le reazioni agli eventi a livello globale. Emozioni istantanee sono alla ribalta e influenzano profondamente la comprensione di cosa succede nella società, mentre il ragionamento e l’analisi profonda sono lasciate sullo sfondo». E «non è per caso che l’importanza delle fake news nelle dinamiche dei social è cresciuta esponenzialmente e molte persone non riescono o non sono interessate ad affrontare il problema».

Una parte del documento affronta poi il ruolo che i media hanno nel dialogo interreligioso, lamentando come i nuovi media tendano «a diffondere parole di odio attraverso le religioni, dando terreno fertile ai fondamentalisti». « In fondo – osservano i giovani -, questi ultimi sono gli individui che parlano – o gridano – di più di Dio, ma allo stesso tempo sono quelli che parlano di meno con Dio, usando la religione come uno strumento di comunicazione e azioni violente».

Da qui, in positivo, l’impegno dei giovani partecipanti al Campo: «Noi, seguaci delle religioni abramitiche, abbiamo avuto l’opportunità di incontrarci, abbiamo scoperto diversi approcci alla fede, e abbiamo condiviso anche speranze, paure, fragilità e difficoltà. Abbiamo capito ed esperito che l’unica via significativa di comunicare la nostra religione comporta l’essere testimoni trasparenti e coerenti della nostra fede».

«Con questo documento – concludono -ci impegniamo a portare nel mondo le modalità di comunicazione e dialogo che abbiamo vissuto ed esperito al Villaggio “La Vela”, così da costruire tutti insieme un sentiero di pace, sulla base di un terreno comune di ascolto e rispetto; una comunità di uomini e donne di buona volontà in cui le parole non sono mai usate come armi per ferire ma come mani tese per unire assieme le nostre diversità; una famiglia umana in cui siamo capaci di riconoscerci come fratelli e sorelle».