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Ccee all’Osce: «tendenze genocide» in alcune persecuzioni contro cristiani

L'intervento della Santa Sede alla conferenza sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani, promossa il 18 maggio a Vienna dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

L’esortazione «ad agire in modo chiaro» contro l’intolleranza e i «crimini d’odio» verso i cristiani, e a proteggerli «nei loro territori», giacché «in alcune regioni» essi subiscono persecuzioni per le quali «si potrebbe anche parlare di tendenze genocide». A rivolgerla ai Paesi Osce è la delegazione della Santa Sede che ha partecipato con una delegazione del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) alla conferenza sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani, promossa il 18 maggio a Vienna dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Dalla discussione, cui hanno preso parte le delegazioni dei vari Stati della regione Osce, e Ong attive in questo ambito, è emersa «l’importanza di rafforzare gli sforzi per prevenire e combattere l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani nella regione, concentrandosi sui crimini ispirati dall’odio, l’esclusione, l’emarginazione e la negazione dei diritti», riferisce oggi un comunicato del Ccee. Il Ccee è stato rappresentato all’incontro da padre Michel Remery, vicesegretario generale, e da Raffaella Di Noia. P. Remery è anche punto di contatto nazionale per i crimini d’odio contro i cristiani per la Santa Sede, e come tale era parte della delegazione vaticana guidata da monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’Osce e altre organizzazioni internazionali con sede a Vienna.

«Con l’aumento dell’intolleranza religiosa nel mondo», ha affermato la delegazione della Santa Sede, «i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato e discriminato a livello globale. In alcune regioni, tra cui quelle alle porte della regione Osce, si potrebbe anche parlare di tendenze genocide in queste persecuzioni. Per fortuna, i cristiani che vivono» in questa regione «sono risparmiati da simili atrocità». Tuttavia, prosegue la Santa Sede, a questi cristiani «viene spesso ricordato nel discorso pubblico o anche nei tribunali, che possono credere ciò che vogliono in privato, e celebrare il loro culto come vogliono nelle loro chiese, ma semplicemente non possono agire a partire da quelle credenze in pubblico». «Negare un posto nella sfera pubblica ad argomenti morali religiosamente informati è intollerante, anti-democratico e anti-religioso». Pertanto, conclude la delegazione vaticana, «esortiamo gli Stati partecipanti ad agire in modo chiaro contro tali crimini d’odio e a proteggere i cristiani nei loro territori. Inoltre, li incoraggiamo a segnalare questi incidenti e ad impegnarsi seriamente per garantire che tutti i cittadini, compresi i cristiani, possono vivere in pace, professare e praticare liberamente la loro fede».