Opinioni & Commenti

C’era una volta la sovranità del popolo

di Giovanni Pallanti

Tangentopoli, nel 1992-1993, era la metafora di una città corrotta. O meglio la definizione della morte di un periodo storico della Repubblica Italiana che ha coinciso con la distruzione dei partiti che avevano fondato la Repubblica, collocato l’Italia in Europa e nell’Alleanza Atlantica. Il 95% dei politici imputati di corruzione è stato poi assolto dai tribunali. Il 5% che è stato condannato per diversi reati è quasi tutto rientrato nel Parlamento della Repubblica, che qualche bontempone definisce, storicamente e giuridicamente, non si capisce perché, la seconda Repubblica.

Nel 2006 è stato votato dagli italiani un Parlamento in realtà nominato dai segretari dei partiti. Infatti, purtroppo, copiando la legge elettorale della Regione Toscana, tenacemente cercata dai Ds, dalla parte maggioritaria di Forza Italia e da Alleanza nazionale, il Governo Berlusconi ha voluto una legge proporzionale con lo sbarramento del 3%, superato il quale un partito elegge dei parlamentari, senza preferenze. In questo modo i cittadini avevano tre sole possibilità: votare per i candidati scelti dai segretari dei partiti, (risultavano eletti i primi in ordine di lista) o rimanere a casa, oppure votare scheda bianca che sostanzialmente è la stessa cosa. Per la prima volta gli italiani dal 2006 hanno un Parlamento di oligarchi che sono entrati nelle aule del Senato e della Camera dei Deputati con la scorta dei loro seguaci più fedeli che a tanti cittadini hanno fatto venire in mente, in molti e specifici casi, i Bravi di don Rodrigo di manzoniana memoria. Tra questi ultimi ci sono anche dei parlamentari che hanno sulle spalle condanne penali ormai passate in giudicato.

In una situazione di grave incertezza esistenziale per la perdita di valori che avevano contraddistinto la società italiana nella seconda metà del Novecento (posto di lavoro fisso, l’unità della famiglia, un diritto ad un discreto benessere, ecc.) la spinta all’antipolitica e ad una vera e propria avversione al ceto politico è esplosa trovando un facile bersaglio: un Parlamento zeppo di ignoti privi di qualsivoglia rappresentanza reale del popolo sovrano e con le tasche piene di privilegi e di uno stipendio mensile di circa 15 mila euro. Il comico Beppe Grillo, recentemente, ha avuto buon gioco nel dare scacco matto a questa oligarchia che governa il Paese e a quella che dirige l’opposizione. Quasi nessun partito politico italiano ha eletto la propria classe «dirigente» attraverso un congresso democratico: con un voto, cioè, libero e segreto come succedeva invece nella Democrazia cristiana di De Gasperi, di Fanfani e di Moro. Nessuna forma di opposizione è tollerata, nei partiti, al leader-padrone. Chi dissente è spacciato. Così non è più possibile andare avanti.

I cattolici, che tanto hanno fatto nella seconda metà del Novecento per la democrazia in Italia, devono, ovunque siano collocati, lottare per ridare la sovranità al popolo sia nei partiti politici sia per la elezione dei propri rappresentanti nei consigli comunali, provinciali e regionali. Per quanto concerne la legge elettorale nazionale bisogna adottare il sistema per la elezione del Parlamento europeo: ripristinare il voto di preferenza, magari unico, e nel caso del Parlamento italiano, con uno sbarramento elettorale al 5% onde evitare la frantumazione dei gruppi parlamentari. Solo così l’antipolitica e l’odio che c’è oggi per i politici può essere vinto in nome di una vera democrazia e del buon governo.