Opinioni & Commenti

Chiesa e Sud del Paese: possiamo crescere, ma tutti insieme

di Giuseppe Savagnone

Il documento della Cei Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, pubblicato in questi giorni, è una conferma che quella della Chiesa cattolica è rimasta una delle poche voci, in Italia, che ancora ponga con forza in primo piano il problema del bene comune nazionale. Emblematico il motto qui ribadito e che già ispirava un analogo testo  del 1989, di cui questo vuol essere una ripresa e un’attualizzazione: «Il Paese non crescerà se non insieme».

Era da tanto tempo che della cosiddetta «questione meridionale» non si parlava più. O, se se ne parlava, lo si faceva esclusivamente in riferimento alla ben più dibattuta e sentita «questione settentrionale», invocando la liberazione delle regioni del Nord dalla «palla al piede» che il Sud rappresenterebbe per il loro sviluppo.

I vescovi italiani su questo punto prendono posizione con estrema chiarezza, denunziando senza mezzi termini una deriva culturale che «ha fatto crescere l’egoismo, individuale e corporativo, un po’ in tutta l’Italia, con il rischio di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse, trasformandolo in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo» (n.5).

Nel documento non ci si nasconde, peraltro, la gravità e la complessità delle questioni in gioco: «Il problema dello sviluppo del Mezzogiorno non ha solo un carattere economico, ma rimanda inevitabilmente a una dimensione più profonda, che è di carattere etico, culturale e antropologico: ogni riduzione economicistica – specie se intesa unicamente come “politica delle opere pubbliche” – si è rivelata e si rivelerà sbagliata e perdente, se non perfino dannosa». E si menzionano, più specificamente, alcuni punti particolarmente delicati di questo quadro: «Cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità» (n.16).

Ma per sciogliere simili nodi bisogna fare i conti con le tendenze culturali oggi dominanti in tutto il Paese, tendenze che, invece di fungere da antidoto alle antiche ferite del Meridione, ne esasperano la virulenza. Al Sud, osserva il documento, da sempre «erano largamente presenti, accanto a valori di umanità e di religiosità autentici, forme di particolarismo familistico, di fatalismo e di violenza che rendevano problematica la crescita sociale e civile. Su questo terreno arcaico ha fatto irruzione la modernità avanzata che, paradossalmente, ha potenziato quegli antichi germi innestandovi la nuova mentalità, segnata dall’individualismo e dal nichilismo» (n.6).

In questo senso, la questione meridionale riguarda tutto il Paese. Perciò non c’è posto, ormai, né per un assistenzialismo controproducente né per miope egoismo regionalistico. «Proprio per non perpetuare un approccio assistenzialistico alle difficoltà del Meridione, occorre promuovere la necessaria solidarietà nazionale» (n.8).

Da questo punto di vista, osservano i vescovi, «costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia». In alternativa a certe logiche oggi diffuse, occorre puntare su un «federalismo solidale» (ivi), fondato sull’impegno di tutto il Paese, che stimoli le classi dirigenti del Sud, primi fra tutti gli amministratori e i politici, ad assumersi le proprie responsabilità.

Anche la comunità cristiana sa di dover fare sempre più coerentemente la propria parte. A proposito, per esempio, della posizione verso la criminalità organizzata, «si deve riconoscere», nota il documento, «che le Chiese debbono ancora recepire sino in fondo la lezione profetica di Giovanni Paolo II e l’esempio dei testimoni morti per la giustizia» (n.9). Ma, soprattutto, esse sono chiamate a dare il loro essenziale contributo, con la loro pastorale ordinaria, prima ancora che con singole denunzie, ad «un grande progetto educativo» (n.16) che affronti alla radice, partendo dalla formazione delle persone, il problema culturale di cui si parlava sopra. È una sfida su cui si gioca la credibilità della logica dell’incarnazione. Il Vangelo non può restare confinato tra le mura e i riti dei templi, come troppo spesso è accaduto, lasciando che fuori di essi la società civile sia dominata da derive perverse. Per il riscatto del Sud occorre una profonda trasformazione della pastorale, e questo documento ne può costituire il punto di partenza.