Italia

Cimitero per i feti, la replica dell’assessore Saccardi

L’assessore alle politiche sociali del Comune di Firenze, Stefania Saccardi, spiega, in un intervento pubblicato sulle pagine fiorentine di Toscana Oggi (n. 12 del 25 marzo 2012), i veri motivi di questa scelta – duramente contestata da radicali e abortisti – e cita le lettere ricevute in questi giorni: «Sapere che può esserci un posto dove portare un fiore e dire una preghiera mi farebbe stare (forse) un po’ meglio». Anticipiamo il testo integrale dell’intervento. «Altro che fantasmi ideologici, in tanti mi ringraziano»di Stefania SaccardiAssessore alle politiche sociali del Comune di Firenze

Quando abbiamo pensato, nel redigere il nuovo regolamento di polizia mortuaria (che andava ad aggiornare il precedente, datato 1969), di regolamentare anche un’area già esistente fin dal 1996 dove venivano accolti i «feti, i prodotti abortivi e del concepimento», davvero non immaginavo si potesse aprire una avvilente battaglia ideologica che tirasse impropriamente in ballo la legge 194, la dignità delle donne e persino il libero arbitrio. L’errore di questa Giunta sarebbe stato quello di regolamentare l’area, di renderla visibile, di assumersi la responsabilità di una scelta e di una prassi già esistente che, tuttavia, se fosse rimasta tra le nascoste carte dell’amministrazione – con quei 1019 feti (o bambini come i loro genitori li chiamerebbero) già sepolti – non avrebbe creato alcun problema alle solerti coscienze di certi politici.

Credo davvero che queste giornate abbiano segnato una delle pagine più tristi della politica fiorentina, nelle quali abbiamo perso l’occasione di concentrarci sui bisogni e sui sentimenti delle persone piuttosto che su scontri ideologici che non servono a niente e a nessuno.

Ho sempre pensato che un Paese sia più forte se si accrescono per le persone gli spazi di libertà a condizione che questa libertà non sia interpretata a senso unico. E allo stesso modo, ho sempre pensato che la dignità della politica si affermi solo se siamo capaci di assumerci la responsabilità delle scelte e non di nascondere la polvere sotto il tappeto.

Accanto a qualche fantasma ideologico, in questi giorni ho, tuttavia, ricevuto tante mail di uomini e donne che hanno avuto la sventura di non veder nascere un bambino cercato, voluto, amato. Perché di questo si tratta: non di chi decide di perseguire la scelta dell’aborto volontario, legittima e consentita dalle norme di questo Paese, ma di chi subisce un aborto non voluto. Nessuno immagina di paragonare la morte di un bambino già nato ad un aborto spontaneo o terapeutico; chiunque capisce che non è la stessa cosa e anche noi vi abbiamo destinato due aree distinte. Ma perché negare ad una donna «la possibilità di andare a piangere e pregare nel luogo dove vuole mettere a riposo “ciò” che per lei era suo figlio e non mi riferisco solo al “grappolino di cellule” in sé ma al desiderio, all’amore, ai sogni, ai progetti, sepolti insieme a lui?» (dalla lettera di Barbara pervenutami il 15/3).

Perché chi invoca la libertà di una donna di abortire non può sopportare la libertà di una donna di considerare un «feto» il proprio figlio e la possibilità che questa donna possa essere «rasserenata dall’idea di possedere un posto in cui onorarne la memoria»? (dalla mail di Valentina)

La politica non può e non deve decidere come le persone debbano vivere il proprio lutto e il loro dolore. La politica ha però il compito di garantire per tutti le condizioni di libertà affinché ognuno scelga le modalità che ritenga più opportune per viverlo.

Mi ha scritto anche un uomo per evitare che, giustamente, si ritenga dolore per un aborto solo il dolore della donna; un uomo che non sapeva della possibilità offerta a Trespiano ma per il quale «sapere che può esserci un posto dove portare un fiore e dire una preghiera mi farebbe stare (forse) un po’ meglio».

In questo senso rivendico con forza la correttezza della decisione che ci siamo assunti, nella consapevolezza che i diritti delle donne (e anche degli uomini) si tutelano davvero solo se ogni scelta venga rispettata e che uno Stato laico possa garantire insieme il diritto all’aborto e il diritto di una donna di considerare un feto suo figlio e di piangerlo come tale.