Vita Chiesa

Congresso Eucaristico, un fiume di carità

MESSA DI APERTURA NEll’AREA FINCANTIERIAncona, 4 settembre. “Mediante il Sacramento dell’Eucaristia Dio è sempre con noi: abita in mezzo a noi. La fede ci assicura che Cristo, mediante i segni del pane e del vino, è realmente con noi in corpo, sangue, anima e divinità. Non è questa affermazione vuota; non è suggestione; non è fantasia: è realtà”: così si è espresso questa mattina ad Ancona, all’omelia della solenne messa di apertura del XXV Congresso eucaristico nazionale presso l’area Fincantieri, il card. Giovanni Battista Re, inviato dal Papa come suo Legato pontificio. Presenti decine di vescovi delle Marche e di varie diocesi italiane, preti, religiosi e religiose e migliaia di pellegrini e fedeli accorsi da ogni parte d’Italia, il cardinale ha sottolineato che l’eucarestia è una “realtà misteriosa, cioè di ordine diverso da quello della conoscenza derivata dall’esperienza dei sensi, ma è realtà garantita dalla parola di Dio. E’ una realtà che è raggiungibile soltanto mediante la fede”. “Per chi non crede, l’Eucaristia è un rito incomprensibile – ha sottolineato -. Per chi crede, l’Eucaristia è realtà certissima e dolcissima: è Dio con noi, In altre parole, è Dio che si dona a noi, consentendoci di entrare in comunione con Lui”.

Il “dono più prezioso”. Dopo aver sottolineato che “la Chiesa ha sempre considerato l’Eucaristia come il dono più prezioso di cui è stata arricchita”, il card. Re ha dedicato la parte centrale dell’omelia al momento attuale e al sentimento religioso che lo connota. Ha infatti rilevato che “di fronte alla crisi di fede in Dio che il mondo sta attraversando, l’Eucaristia rappresenta un punto nodale, capace di dare risposta alle aspirazioni profonde del cuore umano e alle grandi sfide presenti nella società odierna”. Ha poi messo in luce che “l’Eucaristia contiene il nucleo essenziale della risposta cristiana a quanti nel nostro tempo, affascinati dalle capacità creative e dalle mirabili conquiste dell’intelligenza umana, tendono a dimenticare il Creatore e ad illudersi di avere nelle proprie mani anche il proprio destino”. La risposta a questo distacco viene – nella fede cristiana – dall’annuncio dell’Eucarestia come “persona viva: è Cristo stesso che si fa nostro nutrimento spirituale e che si fa compagno di viaggio nel cammino della nostra vita, indicandoci la strada e trasmettendoci luce, forza, energia e conforto”.

Uno slancio “sociale”. La verità che la Chiesa non si stanca mai di riaffermare è che “l’Eucaristia è il grande motore della vita cristiana”, ha proseguito il cardinale. “Essa è incoraggiamento a rifare il tessuto cristiano della società e ad educare alla ‘vita buona’ del Vangelo; essa è punto di partenza per la auspicata nuova evangelizzazione, capace di innervare di contenuti evangelici lo stile dei comportamenti, la cultura che ci circonda e l’intera vita. C’è grande bisogno di una nuova edificazione della famiglia e della società sulla roccia della fede in Dio”. Il cardinale ha voluto insistere particolarmente su questo aspetto pubblico, “sociale” dello slancio che i credenti ricevono dal sacramento. Ha infatti aggiunto che “l’incontro con Cristo nell’Eucaristia non si esaurisce nel nostro intimo, ma ci spinge alla testimonianza e alla solidarietà con gli altri. Mentre infatti ci unisce a Cristo, l’Eucaristia ci apre agli altri. Essa è stata sempre una grande scuola di attenzione agli altri, di amore fraterno, di solidarietà e di giustizia per rinnovare il mondo in Cristo, nostro Redentore”. Così, ha poi notato, “attorno al mistero eucaristico si è sempre sviluppato il servizio della carità verso il prossimo. Dall’Eucaristia è sgorgato nei secoli un immenso fiume di carità e di opere sociali”.

Bisogno di un “colpo d’ala”. Avviandosi alla conclusione, il Legato pontificio ha poi messo in luce che “anche per la società di oggi, segnata da tanto egoismo, da speculazioni sfrenate, da tensioni e contrasti, da violenze, l’Eucaristia è richiamo all’apertura verso gli altri, al saper amare, al saper perdonare”. Il sacramento eucaristico possiede quindi una sua intima forza che si traduce in “servizio al bene comune e per il contributo che i cristiani devono apportare alla vita sociale e politica, che oggi ha bisogno più che mai di un colpo d’ala, che porti ad un reale rinnovamento nell’onestà, nella rettitudine morale, nella giustizia e nella solidarietà.

a cura di Luigi Crimella – inviato SIR ad Ancona INCONTRO DI APERTURA AL TEATRO MUSEAncona, sabato 3 settembre. “La storia dei Congressi eucaristici è intrecciata indissolubilmente alla vita e alle trasformazioni del nostro Paese e riflette fedelmente, sin dal primo Congresso eucaristico di Napoli del 1891, le differenti stagioni civili e religiose del nostro popolo”. Lo ha detto questo pomeriggio il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, all’incontro di apertura del XXV Congresso eucaristico nazionale presso il Teatro delle Muse, ad Ancona. Le sue parole erano di benvenuto al Legato pontificio, card. Giovanni Battista Re, da poco sbarcato nel porto anconetano. Il card. Bagnasco ha voluto, sin dai pensieri iniziali del suo saluto, porre l’accento sulla dimensione “sociale” della fede cattolica, e in particolare sul ruolo del sacramento eucaristico. “La coincidenza della fede eucaristica e delle evoluzioni storiche – ha affermato a tal proposito – conferma quanto scrive Benedetto XVI: ‘L’unione con Cristo che si realizza nel Sacramento ci abilita ad una novità di rapporti sociali: la mistica del Sacramento ha un carattere sociale’ (Sacramentum caritatis, 89) e spinge tutti noi a cogliere le implicazioni tra il culto eucaristico e la vita quotidiana”. Il presidente della Cei ha poi sottolineato che “nell’anno in cui il nostro Paese fa memoria dei suoi 150 di unificazione nazionale, è importante esplicitare la forza rigenerante dell’Eucaristia, che ha contribuito a plasmare l’identità profonda del nostro popolo ben prima della sua stessa identità politica”. Ha quindi esortato a una riscoperta dell’Eucaristia da parte dei fedeli, ricordando che, “essendo il centro vitale della Chiesa, ha avuto sempre, nella vita dei centri grandi e piccoli disseminati nella nostra Penisola, un’indubbia centralità, di cui oggi si avverte ancor più il bisogno” per “ribadire il primato di Dio e per ritrovare insieme la strada di un bene condiviso”.

Non è una “forzatura”. Di questa connotazione “sociale” del sacramento eucaristico ha poi ampiamente trattato lo storico Andrea Riccardi, con una relazione dal titolo “Eucaristia e storia di una nazione”, che ha ripercorso i 150 anni dell’Unità d’Italia, rileggendoli con la particolare prospettiva dell’influsso che la fede cristiana ha avuto sulla vita del popolo italiano. Aprendo la sua riflessione, Riccardi ha posto una questione: “L’Eucaristia è realtà intima della Chiesa. L’Italia dei 150 anni è invece una vicenda storico-politica. Metterle insieme non è una forzatura? Soprattutto perché lo Stato italiano nasce all’insegna della laicità, contrapposto al papato, con una politica di laicizzazione della società, attuata da leggi che riducono drasticamente la presenza della Chiesa”. La risposta deriva dalla constatazione che “non fu il rito cattolico a battezzare lo Stato, anche se lo Statuto del Regno dichiarava il cattolicesimo religione ufficiale”. Eppure il legame tra l’Eucaristia e la nazione italiana ha trovato – secondo Riccardi – numerosi riscontri e conferme. Così, ha ricordato, “negli anni tra il 1861 e il fascismo, più saggio apparve ai governanti riconoscere il cattolicesimo come religione degli italiani, ma ridurne lo spazio sociale, comprimendolo nel culto, quasi fosse una cappellania della società”.

Un “grande fattore di italianità”. Il perché di quest’accettazione “sofferta” da parte delle autorità civili della presenza della Chiesa fu dovuta – ha poi spiegato – a un dato incontrovertibile: “Il cattolicesimo segnava tradizionalmente l’orizzonte quotidiano degli italiani, che accorrevano in massa ai riti della Chiesa. Era un grande fattore d’italianità. Manzoni lo aveva detto nel ‘Marzo 1821′ (pubblicato nel 1848): la gente italiana è ‘una d’arme, di lingua, d’altare,/di memorie, di sangue e di cor’. Non c’era unità di sangue né d’arme. L’Italia non era ‘una’ linguisticamente. All’Unità, 600 mila parlavano italiano su 25 milioni. Ne seguì l’unificazione linguistica con il gran ruolo dell’istruzione elementare obbligatoria. Parrocchia, scuola e carabinieri sono tre presenze sul territorio. Dopo il 1861 tanti sentivano di appartenere a un ambiente locale, non all’Italia: una heimat tra le cento città e i diecimila campanili. Il cattolicesimo (l’altare per Manzoni) invece univa tutti”.

Sentimento forte e profondo. A cosa si riferisce Riccardi quando parla di questa “unione” tra il cattolicesimo vissuto e il senso nazionale? La risposta deriva da un’ulteriore constatazione storica: “Tra Ottocento e Novecento, la storia del sentimento religioso registra un’ammirazione-adorazione tra il popolo. Lo si vede a Napoli nel 1891, decaduta capitale del Sud, al primo Congresso eucaristico nazionale: manifestazione pubblica a cui – sembra – parteciparono quasi 100 mila persone. L’Eucaristia, da fatto intimo celebrato nelle chiese, aggrega in piazza il popolo cattolico”. Questo sentimento così forte, intimo e profondo al tempo stesso da determinare un comportamento “pubblico”, connoterà da lì in avanti tutta la storia italiana, fino ai nostri giorni. Ha affermato ancora Riccardi: “L’Eucaristia, sacramento intimo, ha una dinamica che spinge fuori dai templi. C’è un legame tra Eucaristia e dimensione sociale della Chiesa. De Lubac parla di aspetti sociali del dogma. I congressi eucaristici, dalla nascita in Francia nel 1881, manifestano l’idea di estendere il ‘regno sociale’ di Cristo nel mondo, celebrando l’umanità e la presenza eucaristica di Cristo”.

La “fonte” della vitalità. Negli ultimi decenni – ha riconosciuto lo storico – molto è cambiato nell’ethos popolare. Ma “c’è una dimensione spirituale della storia. Sarebbe tragico ignorarla oggi, dopo che tanti valori si sono consumati. Questa dimensione spirituale della storia spiega come, nonostante i limiti, il mondo del cattolicesimo italiano sia una risorsa per il futuro. È tanto mescolato alla storia e alla quotidianità del Paese, ma la sua vitalità sta in altre fonti”. E questa “fonte”, la principale, “è l’Eucaristia”.

“Ci collocheremo di fronte al grande mistero dell’amore di Dio per noi, proclameremo la nostra fede in Cristo presente nel mistero dell’eucarestia”: così il card. Giovanni Battista Re, Legato pontificio per il XXV Congresso eucaristico nazionale, ha sintetizzato l’impegno spirituale dei partecipanti a questa assise della Chiesa in Italia. Ha parlato oggi pomeriggio al Teatro delle Muse, alla presenza delle massime autorità religiose e civili della regione, giunte ad accoglierlo in quando delegato di Benedetto XVI. C’erano infatti i vescovi, i responsabili della regione, delle provincie, dei comuni, i militari, le autorità portuali, i docenti, i religiosi e religiose, i responsabili di associazioni, movimenti e cooperative. Il cardinale Re ha sottolineato l’importanza del Congresso eucaristico, richiamando il primo che ebbe luogo a Napoli nel 1891, che ha definito una “grande manifestazione di fede che coinvolse l’intera Italia dal sud al nord, una solenne manifestazione di italianità 120 anni fa”. Il cardinale ha quindi auspicato che il congresso “sia sorgente di energie per la costruzione di una società più giusta, solidale e fraterna”.Anche il presidente della Regione Marche e Commissario delegato per il Congresso Eucaristico, Gian Mario Spacca, ha sottolineato l’importanza dell’evento: “una festa della fede, una festa di popolo e un’occasione di riflessione e orientamento del sentire comune. Nella domanda ‘Signore, da chi andremo’, tema del Congresso, si può riassumere il senso profondo dell’evento: in un tempo in cui i valori di riferimento per la comunità nazionale sembrano offuscarsi, in cui famiglie e cittadini vivono quotidiane sofferenze, in cui i giovani faticano ad intravvedere l’orizzonte del proprio futuro, tutti siamo alla ricerca di risposte. E le risposte, come spesso accade, arrivano dalla preghiera ma possono essere agevolate anche dal dialogo, dal confronto, dalla condivisione delle esperienze e del vissuto di ciascuno”.La presidente della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande Esposto, ha espresso l’ammirazione per il grande lavoro in sinergia tra realtà di Chiesa, istituzioni e società civile, che è stato fatto in vista della organizzazione del Congresso Eucaristico e ha poi rilevato le difficoltà del momento, parlando di “stato di confusione preoccupante soprattutto sul piano sociale”. Ha poi concluso affermando di “voler accogliere nel migliore dei modi il Papa” che giungerà ad Ancona domenica 11 settembre. Il sindaco di Ancona, Fiorello Damillano, ha ricordato come la città sia oggi una “realtà multietnica, con 54 etnie e immigrati da 111 paesi diversi”. “Purtroppo – ha aggiunto – si deve registrare la crisi di diverse realtà industriali, a partire da quella della Fincantieri con disagi per 600 famiglie oltre a quelle dei lavoratori coinvolti per l’indotto”. Così ha esortato tutti ad impegnarsi per venire incontro alle difficoltà di molte categorie di cittadini, citando malati, carcerati, immigrati, morti in mare, disoccupati e altre ancora”.Dopo l’apertura ufficiale del Congresso, si è poi tenuta l’inaugurazione dello “Spazio Giovani” alla Mole Vanvitelliana da parte del card. Re e quindi, alla Fiera di Ancona, l’inaugurazione degli stand informativi, cui è seguita l’ “accoglienza della Croce della Giornata Mondiale della Gioventù”, proveniente da Madrid, con un momento di preghiera guidato dal Segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata.