Vita Chiesa

Cos’è la “benedizione pastorale” di cui parla “Fiducia supplicans”

La Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede, e la successiva nota esplicativa, hanno suscitato reazioni vivaci nel mondo cattolico. Proviamo a capire meglio


La dichiarazione Fiducia supplicans pubblicata il 18 dicembre 2023 dal Dicastero per la dottrina della fede ha suscitato e continua a suscitare reazioni anche molto vivaci nel mondo cattolico. Alcuni vescovi e Conferenze episcopali, soprattutto in contesti africani, ma non solo, hanno preso le distanze dalla Dichiarazione nel suo aspetto più conturbante, quello della benedizione di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso. In alcune chiese, come in Germania, da tempo esistono riti di benedizione delle coppie di divorziati risposati civilmente che, dopo un periodo di discernimento, vengono, per così dire, riammesse alla pienezza della vita ecclesiale e riti di benedizione di coppie omosessuali. Se ne è parlato al Sinodo sulla famiglia nel 2014 e nel 2015, se ne è parlato nei gruppi sinodali e la questione è stata proposta al Papa sotto forma dubbio da alcuni cardinali.
Nel marzo del 2012 l’allora Congregazione per la dottrina della fede rispondendo a una domanda circa la benedizione di unioni di persone dello stesso sesso rispose in modo negativo. Nella Nota esplicativa che accompagnava la risposta si apprezzava l’intenzione dei pastori che erano motivati «da una sincera volontà di accoglienza e di accompagnamento delle persone omosessuali, alle quali si propongono cammini di crescita nella fede, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di vita nella loro vita». La Nota sottolineava, inoltre, «la presenza in tali relazioni, di elementi positivi che in sé sono (…) da apprezzare e valorizzare», ma affermava non essere lecito «impartire una benedizione a relazioni o a partenariati anche stabili che implicano una prassi sessuale fuori del matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e di una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), com’è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso». Ovviamente la Nota «non esclude che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale (…), ma dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere tali unioni».
La Risposta del 2012 e la Nota esplicativa hanno avuto un’accoglienza alquanto controversa: alcuni hanno espresso plauso per un documento che suonava coerente con la dottrina della Chiesa, altri non hanno condiviso la risposta negativa e le argomentazioni addotte. Per questo motivo il 18 dicembre scorso il Dicastero ha pubblicato la dichiarazione Fiducia supplicans, la Fiducia supplicante, che si propone di ripensare la questione della benedizione di coppie irregolari e dello stesso sesso collocandola in una prospettiva teologica e pastorale che permetta di «ampliare e arricchire il senso delle benedizioni» (n. 7).
«Le benedizioni possono essere considerate tra i sacramentali più diffusi e in continua evoluzione. Esse, infatti, conducono a cogliere la presenza di Dio in tutte le vicende della vita e ricordano che, anche nell’utilizzo delle cose create, l’essere umano è invitato a cercare Dio, ad amarlo e a servirlo fedelmente. Per questo motivo, le benedizioni hanno per destinatari persone, oggetti di culto e di devozione, immagini sacre, luoghi di vita, di lavoro e di sofferenza, frutti della terra e della fatica umana, e tutte le realtà create che rimandano al Creatore, le quali, con la loro bellezza, lo lodano e lo benedicono» (n. 8). La benedizione ha una dimensione ascendente e una discendente: prima di tutto è lode a Dio per la sua grandezza e per i suoi doni, ed è poi richiesta fiduciosa della sua presenza e dei suoi benefici nelle infinite e diverse circostanze della vita. Come ha affermato il Santo Padre «la grande benedizione di Dio è Gesù Cristo, è il gran dono di Dio, il suo Figlio» (n. 1). «Chi chiede una benedizione si mostra bisognoso della presenza salvifica di Dio nella sua storia e chi chiede una benedizione alla Chiesa riconosce quest’ultima come sacramento della salvezza che Dio offre. Cercare la benedizione nella Chiesa è ammettere che la vita ecclesiale sgorga dal grembo della misericordia di Dio e ci aiuta ad andare avanti, a vivere meglio, a rispondere alla volontà del Signore» (n. 20).

Può la Chiesa negare il dono di una benedizione a una coppia irregolare o dello stesso sesso? La Dichiarazione è molto esplicita riguardo alla benedizione di situazioni che non corrispondono «ai disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore» (n. 11) e ribadisce senza equivoci che la Chiesa «non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale» (n. 11). La Dichiarazione introduce a questo punto la distinzione fra benedizioni «liturgiche o ritualizzate» e benedizioni «spontanee o pastorali» (la terminologia è usata al n. 4 di un Comunicato del 4 gennaio 2024). In questo orizzonte teologico e pastorale «si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio. In questi casi, si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente, ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo. Queste forme di benedizione esprimono una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli impulsi del suo Spirito – che la teologia classica chiama “grazie attuali” – affinché le umane relazioni possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre più grande dell’amore divino» (n. 31). «Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo e aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà» (n. 39).
Tutti i sacerdoti, soprattutto in alcuni ambienti culturali, incluso quello italiano, conoscono le benedizioni «spontanee» che i fedeli chiedono fuori dei contesti liturgici, senza formule precostituite, magari nella sacrestia dopo l’eucaristia domenicale o durante la visita a un santuario o persino per strada: «Padre, mi benedica, in settimana devo fare un intervento chirurgico». «Padre ci benedica perché il Signore ci aiuti a trovare una casa». «Padre benedica i miei bambini». «È questa una benedizione – spiega la Dichiarazione – che, benché non inserita in un rito liturgico, unisce la preghiera di intercessione all’invocazione dell’aiuto di Dio di coloro che si rivolgono umilmente a lui. Dio non allontana mai nessuno che si avvicini a lui! In fondo, la benedizione offre alle persone un mezzo per accrescere la loro fiducia in Dio. La richiesta di una benedizione esprime e alimenta l’apertura alla trascendenza, la pietà, la vicinanza a Dio in mille circostanze concrete della vita, e questo non è cosa da poco nel mondo in cui viviamo. È un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato» (n. 33).

C’è, ovviamente, il rischio che qualcuno abusi di queste aperture pastorali verso le coppie irregolari o dello stesso sesso. Perciò la Dichiarazione sottolinea con forza che «non si deve né promuovere, né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare» (n. 38) e che «proprio per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso» (n. 39). Infatti, attraverso queste benedizioni che vengono impartite non attraverso le forme rituali proprie della liturgia, bensì come espressione del cuore materno della Chiesa, analoghe a quelle che promanano dalle viscere della pietà popolare, non si intende legittimare nulla ma soltanto aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, e anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà».
Nel Comunicato del 4 gennaio 2024 circa la ricezione di Fiducia supplicans, il Dicastero per la dottrina della fede ha ripreso la dottrina sulle benedizioni contenuta nella Dichiarazione e ha esemplificato, con molta concretezza, che cosa si debba intendere per «benedizioni pastorali». Ha giustificato alcune reazioni più negative con la necessità di un tempo più prolungato di riflessione e di approfondimento e con la varietà delle situazioni sociali, politiche e culturali che chiedono soluzioni pastorali diversificate. Ha richiamato a una catechesi opportuna che prepari i fedeli a non travisare il senso di queste benedizioni.
Difficile prevedere quali saranno gli effetti e l’accoglienza da parte delle comunità cristiane di questa proposta pastorale, ma non c’è dubbio che essa riflette la sollecitudine di una Chiesa che, come madre e dispensatrice della misericordia di Dio, senta la responsabilità evangelica di chinarsi sulle fragilità, le ambiguità, i limiti delle persone per rivolgere a ciascuno una parola di consolazione e far sperimentare la vicinanza del Signore che guarisce le ferite e dona vita alla vita.

*Padre Maurizio Faggioni appartiene alla Provincia toscana dei Frati minori di cui è stato anche superiore. Laureato in medicina all’univesità di Pisa e specializzato in endocrinologia all’Università di Firenze, è ordinario di bioetica presso l’accademia Alfonsiana di Roma e docente invitato per morale antropologica all’Antonianum e per morale della vita fisica alla Facoltà teologica dell’Italia centrale. È consultore del Dicastero vaticano per la dottrina della fede, membro corrispondente della Pontificia accademia per la vita, consigliere dell’associazione Scienza e Vita.