Toscana

Crisi economica, lavoro a rischio. Intervengono le Diocesi

Irpet: Export toscano in caduta liberadi Ennio Cicali

Il calo delle esportazioni toscane nel 2008 conferma la preoccupante deindustrializzazione del sistema produttivo regionale. Il valore dei prodotti esportati è diminuito, rispetto al 2007, di quasi cinque punti percentuali (-4,9%). La frenata conferma che la Toscana è, da alcuni anni, in evidente difficoltà sui mercati esteri.

La caduta delle esportazioni toscane, secondo Leonardo Ghezzi, che ha curato il Rapporto Irpet sul commercio estero, è il risultato di una critica situazione strutturale: preoccupa la scarsa competitività del sistema produttivo nel suo complesso, probabilmente condizionato da una struttura produttiva dove è più forte che altrove il peso della piccolissima impresa. Secondo l’Irpet molte piccole imprese non sono più presenti nei rapporti con l’estero e quelle più marginali sono state espulse dal sistema produttivo senza che vi sia stata una sostituzione con soggetti nuovi e maggiormente dinamici. In altri termini, è in corso un preoccupante processo di deindustrializzazione: il peso dell’industria manifatturiera passa dal 22% del 2000 al 18% del 2007.

Soffrono le esportazioni  di quasi tutti i prodotti  toscani. Escludendo alimentare e affini (+2,7%), si conferma la difficoltà fortissima della moda. Tessile (-12,5%) e abbigliamento diminuiscono ancora le vendite estere; pelli conciate, cuoio e calzature non sono da meno (-13,2%). Gli unici segnali positivi per le confezioni (+1,8%) e la pelletteria (+3%) confermano che i prodotti destinati direttamente al consumatore finale sono maggiormente in grado di difendere la propria posizione di mercato rispetto ai beni intermedi. Cresce l’esportazione di prodotti petroliferi raffinati, ma in questo caso incide la dinamica dei prezzi del greggio. Positivo l’andamento per i prodotti farmaceutici (+9,4%). La metallurgia (+0,9%) conferma il buono stato; andamenti estremamente negativi per macchine ed apparecchi meccanici ( -3,5%) e meccanica di precisione (-9,8%). Le esportazioni di alcuni settori, come i mezzi di trasporto (-14,8%), sono legate alle grandi imprese che operano su commesse pluriennali, per cui il risultato è determinato dalla data di consegna e non da quella di effettiva lavorazione.

In forte calo nel 2008 le esportazioni toscane verso i paesi dell’Unione europea (-9,5%). Vendite in calo nel Nord America (-17%) aggravando quell’allontanamento che, negli ultimi anni, ormai caratterizza la Toscana. Anche il mercato medio – orientale mostra una chiara battuta d’arresto (-15,3%). Segnali positivi arrivano, invece, oltre che dai nuovi paesi aderenti all’UE (+4,1%) e dai paesi europei non aderenti (tra i quali è compresa la Russia) anche dai paesi dell’estremo oriente (+4,9%).

Sca, diocesi contro la chiusura

di Leonardo Chiarelli

Le diocesi di Fiesole e di Arezzo-Cortona-Sansepolcro si mobilitano per la Sca di Pratovecchio (Arezzo), la cartiera che dà lavoro a 200 persone tra fabbrica e indotto e che rischia la chiusura. Il vescovo di Fiesole, monsignor Luciano Giovannetti, insieme al vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Gualtiero Bassetti, e al direttore della Commissione regionale per la pastorale sociale e il lavoro, padre Antonio Airò, ha inviato una lettera al presidente di Sca Hygiene Products, la multinazionale svedese da cui dipende anche la fabbrica aretina, e un’altra alle istituzioni, fra cui il presidente Silvio Berlusconi, e il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso.

La multinazionale svedese ha deciso di chiudere, dopo 47 anni, la sua unica azienda in Italia, costruita nel 1962 in una delle più belle ed incontaminate valli della Toscana. La chiusura della cartiera aretina comporta la perdita del lavoro di 136 dipendenti diretti che il 27 marzo 2009 hanno ricevuto l’inattesa ed imprevedibile lettera di licenziamento.

Imprevedibile perché proprio al centro degli interrogativi, che i lavoratori ed i vescovi delle diocesi interessate si pongono, c’è l’inspiegabile chiusura di un’azienda che produce marchi privati per le maggiori catene distributive italiane, all’avanguardia nel soddisfare la qualità e l’affidabilità che la cartiera ha sempre dimostrato nei confronti dell’esigente mercato italiano.

L’azienda, quindi, non chiude per ragioni di mercato ed è proprio su questo che i vescovi interrogano la multinazionale svedese richiamando i dirigenti a quell’etica del lavoro fondata sul rispetto della persona: lavoratori, fornitori, committenti e terzi coinvolti.

«In questo contesto, ci sembra semplicemente scandalosa – scrivono i vescovi – la vicenda Sca che tocca il nostro territorio. Scandalosa perché si vorrebbe andare a togliere lavoro per obiettivi altri anche lì dove il lavoro c’è, il mercato c’è, la qualità del lavoro e della produzione è riconosciuta».

Le lettere sono state presentate giovedì 30 aprile in una conferenza stampa presso il Seminario vescovile di Fiesole dal vescovo Luciano Giovannetti e dal direttore della Commissione regionale per la pastorale sociale e il lavoro, padre Airò.

Monsignor Giovannotti ha espresso tutta la sua preoccupazione per ciò che sta accadendo ai lavoratori Sca e all’intera comunità che ruota attorno alla cartiera di Pratovecchio: «Nella mia diocesi sono diverse le situazioni di difficoltà a causa della crisi economica – ha spiegato il vescovo –, ma nessuna è così grave come quella della Sca di Pratovecchio per cui si chiude uno stabilimento senza motivazioni».

Per padre Airò «abbandonare la cartiera vuol dire spremere un’area e andar via». Un meccanismo brutale di sfruttamento delle risorse umane, specialmente in un territorio in cui i lavoratori, come si legge in un loro comunicato, hanno speso da sempre le proprie energie, disponibilità, andando spesso e volentieri, oltre il normale rapporto azienda-lavoratore, vivendo in maniera forte l’appartenenza a questo sito produttivo e il legame con i propri clienti.

1° maggio, Messa del vescovo di Livorno davanti all’EniGiusti: «Il lavoro è un diritto inalienabile» Una Messa, «semplicemente» una Messa, ma che ha voluto essere un segno di vicinanza profonda a tutte quelle famiglie che stanno vivendo la crisi economica più da vicino, e a Livorno sono molte. Il Vescovo di Livorno, monsignor Simone Giusti, ha celebrato l’eucaristia del 1° maggio, non in una chiesa o in luogo qualunque, ma nella piazzetta del mercato di Stagno, la frazione nata sessant’anni fa per le centinaia di famiglie che lavoravano alla raffineria Eni, lì a due passi. Quella stessa raffineria che notizie poco trasparenti e allo stesso tempo allarmanti hanno rivelato in vendita al miglior offerente, rendendo precario in pochi attimi il posto di lavoro di oltre mille persone. Alla Messa erano presenti tutte le Autorità del territorio, i Sindacati e le Associazioni di categoria.«Il tempo del lavoro è un tempo della vita, che si intreccia con quello della famiglia, del tempo libero, degli affetti, delle amicizie e con essi si armonizza, arricchendo le persone di conoscenze tecniche, di incontri, di scambio reciproco – ha sottolineato monsignor Giusti nell’omelia – il lavoro è fatica, ma è anche fonte di crescita, della propria umanità e di quella degli altri. Per tutte queste ragioni esso è un diritto inalienabile ed i problemi che possono nascere in conseguenza delle situazioni particolari coinvolgono tutta la sfera dell’umano e diventano risolvibili solo se affrontati in una prospettiva integrale della persona umana».La Messa era rivolta in particolare ai lavoratori dello stabilimento livornese Eni, ma anche per gli altri lavoratori del territorio e per le loro famiglie, «perché – ha ricordato il vescovo Simone – dietro ogni posto di lavoro non c’è una persona sola, ma molte. C’è la famiglia di origine, con i genitori, i fratelli più piccoli, e magari i nonni; c’è la famiglia che vorrebbe nascere e invece è rinviata nel tempo, con i fidanzati in attesa di un po’ di sicurezza per potersi sposare e c’è anche la famiglia del lavoratore, il cui consorte non sempre a sua volta lavora, i figli reali e quelli rinviati in attesa di condizioni migliori».

Chiara Domenici

Prato: Attivato un «Tavolo di Distretto»

L’ultimo segnale, in ordine di tempo, è stata l’apertura di un tavolo tecnico presso il Ministero dello sviluppo economico, per intervento dell’onorevole Riccardo Mazzoni (Pdl). La mobilitazione del distretto tessile pratese, con la grande manifestazione del 28 febbraio, coronata il giorno dopo dall’inatteso appello del Papa, sta dando alcuni frutti. Ma alle promesse, per ora, sono seguiti pochi fatti. La Regione Toscana ha messo a disposizione 10 milioni di euro, per finanziare progetti e infrastrutture in gran parte del manifatturiero pratese. Le prime risorse poste a disposizione da Governo e Regione per la cassa integrazione hanno consentito di sbloccare alcune situazioni critiche, ma se ne attende il rifinanziamento.

I numeri parlano chiaro: i cassintegrati sono cresciuti, nel febbraio 2009, rispetto allo stesso periodo del 2008, del 246,7%, per non parlare della mobilità, che ha visto un aumento del 24,5%.

Ma, problema nel problema, sono i tempi della cassa integrazione a togliere il sonno a molte famiglie. Infatti le mensilità arrivano anche dopo 8 mesi dalla momentanea cessazione del lavoro. Per questo il cosiddetto «tavolo di distretto» che, sotto la guida del presidente della Provincia Massimo Logli tiene la regia di tutta l’operazione anti-crisi, sta cercando ora un accordo a livello locale per anticipare il pagamento dell’indennità. Sarebbe un sollievo non da poco.

G.R. Firenze: Microcredito per favorire l’occupazioneE’  in dirittura d’arrivo la stipula di convezione tra l’Arcidiocesi di Firenze e alcuni istituti di credito per dare concretezza al «patto per il lavoro» che l’Arcivescovo Giuseppe Betori ha promosso coinvolgendo le istituzioni locali e le organizzazioni economiche e sociali. Accanto al fondo di garanzia della Cei per le famiglie in difficoltà, infatti, la Chiesa fiorentina ha dato vita a un ulteriore fondo diocesano per il microcredito, da utilizzare per erogare prestiti (fino a diecimila euro) a persone che hanno perso il lavoro, che non hanno altri redditi in famiglia e che vogliono avviare in proprio una nuova attività lavorativa. Per questo scopo, la Diocesi ha messo a disposizione 250mila euro, che potranno moltiplicarsi grazie alla convenzione con le banche. La procedura per accedere al microcredito è quella di presentarsi al parroco, il quale invierà presso un gruppo apposito, con personale specializzato, per le necessarie verifiche. CdO: Ripartire anzitutto dal «capitale umano»Una «riconquista più profonda del senso del lavoro, del fare impresa e del costruire»: questa l’arma vincente per superare la crisi economica secondo la Compagnia delle Opere. Se ne è parlato lunedì 4 maggio al Palacongressi di Firenze nel corso del convegno «Affrontare la crisi, rilanciare l’impresa». Concludendo i lavori, il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini e il presidente nazionale della CdO Bernhard Scholz hanno sottolineato l’importanza di ripartire dal capitale umano, puntando «su ciò che sostiene la persona». Tra l’altro, Vittadini si è scagliato contro l’Irap e ha chiesto ai politici di non rinunciare a essere «portatori di interessi». È toccato invece a Scholz, tedesco d’origine, sottolineare la capacità delle imprese italiane nel campo dell’innovazione rispetto al resto del mondo. In precedenza, le testimonianze di tre imprenditori toscani avevano messo in evidenza come la stessa crisi possa divenire «una grande opportunità per rimettersi in gioco», anche perché, come ha ricordato uno dei tre citando il figlio quattordicenne, «se si aspetta che tutto sia a posto non si vive mai».

FONDO CEI PER LE FAMIGLIE: CARD. BAGNASCO, UN AIUTO PER SUPERARE LA FASE CRITICA