Vita Chiesa

CROAZIA: VATICANO,NO STRUMENTALIZZAZIONE POLITICA SU BENI DIOCESI

(ASCA) – Città del Vaticano – La Santa Sede interviene, con un comunicato della Sala Stampa vaticana, sul contenzioso tra la diocesi croata di Parenzo-Pola e il monastero benedettino di Praglia, in provincia di Padova. Una vicenda su cui ieri è intervenuto addirittura il primo ministro Jadranka Kosor, che ha promesso di scrivere a papa Benedetto XVI in difesa della diocesi croata, che è stata condannata dal pontefice a pagare un risarcimento di 25 milioni di euro per i terreni e i beni del monastero di Dajla, in Istria. Il monastero era stato assegnato da Zagabria alla diocesi di Pola nel 1999, in base alla normativa sulla denazionalizzazione ed agli accordi con la Chiesa croata. Si tratta di una questione di “natura propriamente ecclesiastica”, sottolinea il Vaticano, e “dispiace, pertanto, che sia stata strumentalizzata a fini che cercano di presentarla in chiave politica e demagogica, come se intendesse danneggiare la Croazia”. “Invece – sottolinea il comunicato Vaticano -, la decisione della Santa Sede mira esclusivamente a ristabilire la giustizia dentro la Chiesa, peraltro con un risarcimento solo parziale”. “Il provvedimento – spiega la nota vaticana – è stato adottato a conclusione di un confronto che la Santa Sede ha avviato fin dall’anno 2004 con la Diocesi di Parenzo e Pola e il Monastero Benedettino di Praglia. In data 21 novembre 2008, il Santo Padre ha costituito un’apposita Commissione Cardinalizia”, composta dai cardinali Bozanic, arcivescovo di Zagabria, Nicora e Navarrete. “Dopo la scrupolosa ricerca di un accordo tra le due Parti, e di fronte ad alcune azioni unilaterali dell’autorità ecclesiastica di Parenzo e Pola – spiega la Sala Stampa vaticana -, le conclusioni unanimemente raggiunte dalla Commissione sono state portate, nel dicembre 2010, alla conoscenza del Papa, il Quale le ha specificamente approvate. Con questa decisione si è disposto che le proprietà immobiliari interessate ancora in possesso della Diocesi siano trasferite in capo all’ente croato Abbazia d.o.o. interamente partecipato dall’Abbazia di Praglia, ripristinando così, per quanto ad oggi possibile, la condizione determinata dalla volontà testamentaria del donatore originario che, a causa di vicissitudini storiche, per molti anni non è stata rispettata”. Il terreno del monastero di Dajla era stato donato ai benedettini padovani dal conte Francesco Grisoni a metà del XIX secolo. La Santa Sede ha inoltre stabilito che la diocesi doveva risarcire l’Abbazia di Praglia, “a titolo di indennizzo per i beni che la Diocesi ha previamente alienato o che comunque non sono restituibili. La misura di tale indennizzo è da ritenersi meramente forfettaria, in quanto il valore dei beni già alienati dalla Diocesi è di gran lunga superiore”. L’ampio terreno dove ora sorge la diocesi è stato venduto a una società che vuole creare un lussuoso golf resort. Il Vaticano punta il dito contro il vescovo di Parenzo e Pola, mons. Ivan Milovan, che “dopo aver inizialmente accettato di negoziare con i Benedettini al fine di giungere ad una soluzione intra-ecclesiale della controversia, purtroppo si è ritirato da tale posizione”. Questi, insieme alla parrocchia di Dajla, ricordava che i benedettini di Praglia erano stati già risarciti con 1,7 miliardi di lire da Roma, in base agli accordi di Osimo del 1975. Poiché il vescovo aveva “rifiutato di sottoscrivere la convenzione che avrebbe dovuto dare valore civile alle disposizioni di cui sopra, il Santo Padre è dovuto ricorrere alla nomina, in data 6 luglio 2011, di S.E.R. Mons. Santos Abril y Castellò come Commissario ‘ad actum’, che per questa specifica questione sostituisse l’Autorità ecclesiastica locale, consentendo di raggiungere finalmente la soluzione della controversia anche attraverso un regolare atto notarile”. In pratica, il papa ha sospeso il vescovo dalle sue funzioni, affidandole a un monsignore di Curia per il tempo necessario di firmare l’accordo con l’abbazia di Praglia. “Le ragioni esposte dalla Diocesi di Parenzo e Pola – conclude la nota vaticana – sono state sempre tenute in debita considerazione e recepite, secondo criteri di equità e di giustizia, nella decisione pontificia. Duole pertanto che la decisione della Santa Sede venga contestata come se fosse di parte, o addirittura non avesse adeguato fondamento”. La Chiesa croata ha reagito duramente alla decisione vaticana, sottolineando che il papa con ogni probabilità non era stato informato bene della vicenda.