Opinioni & Commenti

Dante Alighieri, uomo di fede. La santità è un’altra cosa

di Andrea Bellandi

Ha destato una certa curiosità la proposta, riportata dal giornale «L’Ottimista», di poter vedere un giorno ufficialmente «beatificato» dalla Chiesa il grande poeta fiorentino Dante Alighieri. Pur essendone universalmente riconosciute tanto la genialità, quanto la profonda e appassionata visione di fede – documentata da quell’insuperabile «percorso» mistico e di conversione che è la Divina Commedia – non era tuttavia finora mai stata avanzata da alcuno l’espressa richiesta che l’Alighieri potesse essere annoverato nel pantheon dei credenti innalzati alla gloria degli altari.

La singolare idea è invece venuta ad un colonnello padovano in pensione, entusiasta studioso tanto dei Templari, quanto della Commedia. Già nel 2002 una sua lettera di perorazione della causa era stata inviata a Papa Giovanni Paolo II e da questi trasmessa alla Congregazione delle Cause dei Santi, non ricevendo tuttavia risposta. Con l’avvento di Benedetto XVI, il nostro fervente dantista – Gianni Coltraro è il suo nome – «ritorna alla carica» e scrive al nuovo Pontefice, in data 8 dicembre 2007, un’ulteriore missiva, ribadendo l’auspicio di poter vedere l’illustre poeta beatificato da Santa Madre Chiesa. A supporto di tale richiesta vengono citati ampi stralci dell’enciclica Praeclara Summorum, redatta da un altro papa di nome Benedetto (Benedetto XV), nella quale – in occasione dei seicento anni dalla morte dell’Alighieri – se ne lodano le virtù di speciale cantore della giustizia e provvidenza divine.

Anche in questo caso il nostro «postulatore» non ha avuto miglior fortuna e la domanda è rimasta a tutt’oggi senza risposta. Cosa dire a tale proposito?

Nessun dubbio sul fatto che Dante, nella sua Commedia, rappresenti uno dei più fulgidi esempi di connubio tra genialità umana e sguardo di fede, al punto che la sua opera abbia costituito – e costituisca anche oggi, vedi non ultimo il successo riscontrato da recenti rappresentazioni pubbliche e televisive – una sorgente inesauribile di riflessione e persino, talvolta, di conversione.

Ma da qui ad affermare che vi siano i presupposti per l’apertura di un processo di beatificazione riguardante il poeta fiorentino, di strada ce ne corre. Come recentemente ribadito dalla Congregazione delle Cause dei Santi, il criterio che muove ad iniziare un tale «processo» è estremamente chiaro e ben delimitato: esso è costituito dalla cosiddetta «autentica e diffusa fama di santità oppure di martirio, unitamente ad un’autentica e diffusa fama di segni» presente in «una parte significativa del popolo di Dio» (cfr. Istruzione Sanctorum Mater del 2007).

Prescindendo evidentemente dalla questione del martirio, nel nostro caso si richiederebbe di dimostrare la presenza, nella Chiesa, di una vasta e perdurante consapevolezza riguardo all’esercizio delle virtù cristiane – vissute in modo «eroico», ovvero straordinario – da parte dell’Alighieri, unita alla diffusa opinione circa le grazie ed i favori ricevuti da Dio attraverso la sua intercessione.

Detto in altre parole, un santo non lo si decide «a tavolino», bensì lo si riconosce dal fatto che il popolo di Dio, da subito e costante-mente, lo «sente» come tale e lo addita all’autorità ecclesiastica, la quale farà quindi le opportune e ulteriori verifiche. Sinceramente non ci sembra questo il caso di Dante, pur con tutta la stima che nutriamo per il nostro conterraneo.

Inoltre, se è vero – come ha scritto Giovanni Paolo II all’inizio del nuovo millennio – che «additare la santità resta più che mai un’urgenza della pastorale», riteniamo tuttavia che oggigiorno la gente abbia bisogno di figure di riferimento a lei più vicine storicamente, che mostrino come la fede non è retaggio di tempi passati, bensì possibilità di vita umanamente significativa anche e soprattutto nel nostro tempo. È significativo, in tal senso, quanto recentemente Benedetto XVI ha affermato in occasione della beatificazione del card. Newman, «un uomo moderno, che ha vissuto tutto il problema della modernità, che ha vissuto anche il problema dell’agnosticismo, dell’impossibilità di conoscere Dio, di credere. Un uomo che è stato in tutta la sua vita in cammino, nel cammino di lasciarsi trasformare dalla verità in una ricerca di grande sincerità e di grande disponibilità, per conoscere meglio e per trovare, accettare la strada per la vera vita. Questa modernità interiore, del suo essere e della sua vita, implica la modernità della sua fede. Non è una fede in formule di un tempo passato: è una fede personalissima, vissuta, sofferta, trovata, in un lungo cammino di rinnovamento e di conversioni». È di questi testimoni che oggi la Chiesa e il mondo hanno particolarmente bisogno. Non ce ne vogliano Dante ed il nostro entusiasta colonnello.