Cultura & Società

Decameron: risposta cristiana a perdita di valori

Alla deriva di una società mercantile caratterizzata da superbia, invidia e avarizia, Giovanni Boccaccio contrappone un percorso catartico con la riscoperta di liberalità, magnanimità e fedeltà, che si conclude con la novella di Griselda, ultima delle cento. Una riflessione sulla sua opera più celebre in occasione dei 650 anni dalla morte dello scrittore e poeta

Il Decameron non è affatto una «raccolta di novelle» di eterogeneo argomento, bensì un vero e proprio romanzo unitario dotato di precisa trama: ne sono protagonisti tre giovani fiorentini e sette loro concittadine, giovani vedove o nubili, ciascuno dei quali oltre a un nome di battesimo allusivo a un suo contenuto simbolico ha un carattere preciso, una storia dietro le spalle, gusti e atteggiamenti suoi propri. Ciascun narratore racconta agli altri, una volta al giorno, una sua novella su un tema concordato: e lo fa usando il suo linguaggio e la sua indole.

Ne deriva che il Decameron è un Bildungsroman: o, e, se preferite, il resoconto di una psicoterapia di gruppo coprotagonisti della quale sono dieci giovani che al tempo della peste del 1348 sono attanagliati dall’angoscia e decidono per questo di ritirarsi in luoghi sereni, agiati e appartati (evidentemente la loro condizione socioeconomica lo permette loro) per liberarsi dalla memoria terribile di una città sulla quale regna incontrastata la morte. La cosiddetta «cornice» del romanzo, che collega le singole giornate e all’interno di ciascuna di essa le varie novelle, ci dà conto puntuale di tutto ciò. Peccato che la lettura della «cornice» sia tanto trascurata, persino da critici avveduti.

Ne risulta un’opera organica, il racconto limpido e affascinante di una sequenza ascensionale, catartica: nel kerigma, il significato recondito che di ciascuna novella propone, si celebra una vita da seguire per l’intera società fiorentina sconvolta da una peste che l’ha colpita peccatis exigentibus attraverso il modello di una lenta e progressiva liberazione spirituale comunitaria. I tre giovani e le sette donzelle o dame della classe narrano – ciascuno con la propria voce e secondo la propria indole – dieci novelle ciascuno, ripartite in altrettante giornate ciascuna delle quali (escluse la prima e la nona) ha un tema fisso. In tal modo i novellatori si liberano poco a poco della solitudine e della paura e riscoprono ciascuno la sua identità, restaurando nel suo animo una pax, agostinianamente intesa come tranquillitas ordinis, ch’è metafora di quello che deve regnare nella società tutta. Il Decameron è una risposta teologica e politologica alla «crisi del Trecento» e alle cause spirituali che l’hanno scatenata e che, a Firenze, erano le «tre faville» che fin dal secolo scorso avevano acceso i cuori: superbia, invidia e avarizia.

Il senso dell’opera si coglie quindi bene non tanto e non solo nelle singole novelle, quanto in rapporto alla loro disposizione nell’arco di ciascuna giornata e alla personalità di ciascun narratore, che il Boccaccio, nella cosiddetta «cornice» (vale a dire nelle pagine che introducono le novelle e che raccontano la vita della brigata dei novellatori: pagine che, come si è di recente insistito, sono tutt’altro che esornative, e che hanno anche una loro autonoma qualità artistica), disegna con estrema precisione. A ogni giornata di narrazione sono preposti un «re» o una «regina»: ed è appunto ciascuno di loro che, inaugurando il proprio regno alla sera corrispondente alla giornata precedente, sceglie il tema attorno al quale dovranno ordinarsi le novelle della giornata dopo, allorché dunque egli eserciterà (rex unius diei) il suo potere. Anche il re narrerà una sua novella; non per ultimo, giacché tale privilegio spetta (per una grazia che questi ha chiesto) sempre e soltanto a uno dei tre giovani, cioè a Dioneo; bensì come penultimo. In ogni giornata, la novella del re del giorno sarà pertanto la nona e Dioneo, raccontando l’ultima, svelerà la chiave del quotidiano progresso raggiunto.

È evidente che il motore del tiaso dei narratori è la più anziana tra le donne, Pampinea, che per la libertà e l’autorevolezza con le quali si rivolge agli altri potrebbe sembrar come concepita di condizione vedovile, libera da vincoli consortili e perfettamente in grado di disporre liberamente di se stessa.
Ma il protagonismo di Pampinea richiede un deuteragonismo: quello di Dioneo. Tra i due s’instaura fin dal principio non solo una reciproca simpatia, ma anche un’ intesa che giunge sin all’allenza e che più volte affiora: il che non mette necessariamente in discussione l’ipotesi della «coppia amorosa» Dioneo-Fiammetta, che molti critici hanno avanzato anche se – come giudiziosamente osserva Vittore Branca – «in realtà il Boccaccio non solleva il velo di questi misteriosi amori, ma lo lascia aleggiare sulla cortese brigata come un motivo di gentilezza e di galanteria». Il fatto è che Pampinea (la quale non entra nel gioco delle coppie a più riprese ipotizzate: Dioneo-Fiammetta, Panfilo-Neifile, Filostrato-Filomena) è comunque la protagonista che guida il gruppo dei novellatori verso la redenzione, alla quale Dioneo è funzionale e rispetto alla quale egli occupa una funzione dialettica e complementare.

È nella X giornata, dedicata a liberalità, a magnanimità e a fedeltà, che i nodi si sciolgono. Ne è re Panfilo, che nella prima giornata ha aperto il gioco narrativo con la novella del peccatore blasfemo ser Ciappelletto, mentre nella decima tesse le lodi del generoso senso cavalleresco di Saladino e di messer Torello; mentre spetta a Dioneo, il narratore abitualmente più licenzioso del gruppo, innalzare con la novella di Griselda una lode altissima dello spirito di fedeltà coniugale, del rispetto dell’ordine costituito, del valore delle gerarchie tradizionali. E con ciò si conclude il Decameron: davvero «umana Commedia» come la chiama il De Sanctis, ma non contrapposta alla «Divina Commedia» di Dante bensì a essa complementare. Dante ha scritto il suo capolavoro come denunzia della società del Duecento che aveva fallito il suo còmpito etico e spirituale precipitando nella pagana adorazione del danaro; Boccaccio scrive il suo come invito alla società di metà Trecento, sconvolta dalle conseguenza di quel fallimento ch’era testimonianza dell’ira divina, a proporsi come protagonista di una rifondazione cristiana e cavalleresca del mondo fondata sulla mutua carità e sulla virtù.

Liberalità, magnanimità, fedeltà (versus avarizia, superbia, invidia). Dall’inferno borghese e mercantile di ser Ciappelletto al paradiso cavalleresco di Griselda.
Arrivati alla centesima novella, la brigata è ormai in possesso d’un linguaggio anche sociale: la crisi d’identità scatenata dalla peste è superata, il mondo è stato rifondato. Questa rifondazione, però, comporta un’inappellabile condanna della precedente società cittadina. La Morte Nera ha decimato secondo la volontà di Dio il mondo di ser Ciappelletto, ch’era quello dello strapotere del denaro e dei ceti mercantili, imprenditoriali, bancari: il mondo della fede tradita e vilipesa, della frode e dell’avidità trionfanti, della violenza e dell’arbitrio. La volontà di Pampinea ha rifondato un mondo ch’è quello di Griselda: il mondo dei valori cavallereschi – quindi cristiani ma agenti in temporalibus: «laici», diremmo noi, se questa parola non fosse al giorno d’oggi diventata difficilissima da usare e suscettibile di condurre a equivoci – proposto a un ceto dirigente nuovo che si va riorganizzando. Che poi tale ceto prendesse nella realtà storica una via differente, è un altro discorso.

“Boccaccio650”, iniziative scientifiche e culturali
Numerose le iniziative promosse e programmate dall’Ente nazionale Giovanni Boccaccio (presieduto dalla professoressa Giovanna Frosini), istituto nazionale di studio e di ricerca dell’opera boccacciana, in occasione del 650° anniversario della morte, con convegni e conferenze ma anche manifestazioni artistiche e teatrali che si alterneranno e si sommeranno all’intesa attività che l’Ente porta avanti dall’anno della fondazione nel 1957.

I convegni nazionale e internazionali. Fulcro della programmazione i convegni e le iniziative scientifiche di rilevanza nazionale e internazionale in collaborazione con altre istituzioni, come «Boccaccio dantista e umanista: l’esordio e le opere della maturità» in programma dal 21 al 23 maggio organizzato insieme alla Società dantesca italiana, l’American Boccaccio association, la Biblioteca classense di Ravenna. Il convegno esplora il fondamentale contributo di Boccaccio come studioso di Dante, e le opere e il pensiero della maturità, con attenzione non solo alla produzione latina ma anche a quella volgare. I lavori si svolgono tra Firenze e Ravenna.
Il 20 settembre convegno «Tre corone per Boccaccio 650», in collaborazione con l’Associazione nazionale delle Case della Memoria, alla Biblioteca Nazionale centrale a Firenze per offrire una riflessione a più voci sui tre grandi autori del Trecento, Dante Petrarca e Boccaccio, indagandone caratteri filologici e linguistici, e i reciproci rapporti.
Il 30 ottobre «La Crusca incontra Boccaccio»: l’Accademia della Crusca ospita una giornata di studi dedicata alla lingua e all’opera del grande autore certaldese. Esperti e studiosi esplorano le innovazioni linguistiche introdotte da Boccaccio, il suo ruolo nella formazione della lingua volgare e il suo contributo alla tradizione culturale e letteraria europea.
Il 25 novembre giornata di studi «Per Francesco Mazzoni» insieme alla Società dantesca italiana e all’Accademia della Crusca per ricordare l’operosità scientifica e la lunga e assidua attività istituzionale di Francesco Mazzoni, a lungo presidente della Sdi e dell’Ente nazionale Giovanni Boccaccio e accademico della Crusca.

Appuntamenti di carattere artistico e culturale. All’attività scientifica si affianca un vivacissimo programma di iniziative di alta divulgazione, che tocca i settori della musica, dell’arte e del teatro: a maggio «Mostra bibliografica» nella Biblioteca di Casa Boccaccio, mentre il 18 giugno rappresentazione teatrale «Nastagio degli Onesti» a cura di Oranona Teatro, uno spettacolo che propone una rivisitazione multisensoriale della novella del Decameron. A ottobre doppio appuntamento con una «Mostra di arte contemporanea» in Casa Boccaccio e nello stesso periodo «Una drammaturgia per Boccaccio» della Compagnia Sandro Lombardi-Federico Tiezzi. Questi ultimi due eventi saranno ci accompagneranno verso il 21 dicembre per il concerto conclusivo della più rilevante ensemble italiana con repertorio medievale «Ensemble Micrologus» Canti di una brigata fiorentina nella chiesa dei SS. Tommaso e Prospero a Certaldo Alta. In questo programma vengono ricostruiti, in una stilizzata forma scenica, i momenti musicali descritti nelle novelle toscane del Trecento, oltre al Decameron, il Novellino, il Trecentonovelle di Sacchetti, il Paradiso degli Alberti, con importanti citazioni di azioni musicali relative all’Italia del XIV secolo.