Toscana

Detenuto muore alla Dogaia di Prato: si riaccende il dibattito sulle condizioni del carcere

L’episodio si inserisce in un contesto già difficile per l’istituto penitenziario pratese, dove appena un mese fa un altro detenuto era morto mentre si trovava in isolamento

carcere la Dogaia Prato (Foto archivio)

Un detenuto di 58 anni, italiano, è morto la scorsa notte all’interno della propria cella nel reparto di media sicurezza della casa circondariale della Dogaia. Secondo quanto riportato da TvPrato.it, l’uomo – in carcere per reati contro il patrimonio e la persona – ha accusato un malore attorno a mezzanotte. A dare l’allarme è stato il compagno di cella.

Il personale di Polizia Penitenziaria e il team medico interno hanno tentato di rianimarlo, ma senza successo. All’arrivo dei sanitari del 118 non è stato possibile fare altro che constatare il decesso, probabilmente dovuto a un arresto cardiaco per cause naturali.

L’episodio si inserisce in un contesto già difficile per l’istituto penitenziario pratese, dove appena un mese fa un altro detenuto, anch’egli 58enne, di nazionalità rumena, era morto mentre si trovava in isolamento. Nel 2023, inoltre, la Dogaia aveva registrato sei suicidi, il numero più alto in Italia per un singolo carcere.

La notizia arriva alla vigilia del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza che si terrà domani a Prato, alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, e riporta l’attenzione sulle condizioni di vita all’interno della struttura. In queste giornate di caldo intenso, nelle celle le temperature sono molto alte e il sollievo arriva solo grazie a ventilatori acquistati direttamente dai detenuti.

“Un episodio che segna ancora una volta l’Istituto cittadino, in pieno periodo estivo con il personale che continua a lavorare a ritmi stressanti e impossibili” commenta Ivan Bindo, segretario della UIL Polizia Penitenziaria di Prato. Il sindacalista torna a denunciare le criticità croniche della Dogaia: carenze di organico, assenza di continuità nella direzione e sovraccarico di lavoro per il personale.

Secondo i dati forniti da Bindo, a fronte di una pianta organica di circa 230 unità, gli agenti in servizio sono 170, mentre la scopertura tra i sottoufficiali sfiora il 70%. “Il personale come minimo è costretto a lavorare 9 ore al giorno, ma si arriva anche a 12 e oltre, sacrificando le nostre famiglie per garantire la sicurezza e cercare di sopperire alle carenze” afferma.

Le condizioni della casa circondariale sono state oggetto, negli ultimi mesi, di un consiglio comunale straordinario e di interpellanze parlamentari. Ma, denuncia il sindacato, le promesse fatte dalla politica e dai vertici dell’amministrazione penitenziaria “sono rimaste solo chiacchiere, passerelle senza risultati concreti”.

Bindo ha voluto infine sottolineare l’impegno degli agenti intervenuti durante la notte: “Nonostante tutto, il personale si è adoperato in ogni modo per salvare la vita al detenuto”.