Vita Chiesa

DIALOGO ISLAMO-CRISTIANO: APERTO A ISTANBUL SIMPOSIO INTERNAZIONALE

(dall’inviata Sir a Istanbul) – In un mondo in cui si registrano con sempre maggiore frequenza atti violenti di antigiudaismo, cristianofobia e islamofobia, i credenti devono rispondere promuovendo spazi di dialogo e di educazione alla pace, all’amicizia tra i popoli e alla fraternità. Si è parlato subito di attualità al Simposio internazionale per il dialogo islamo-cristiano che sul tema «Essere straniero e dialogo con l’altro» si è aperto questa mattina a Yesilkoy, cittadina alla periferia di Istanbul. A dare il benvenuto a una sala gremita di partecipanti sono stati i rappresentanti delle famiglie francescane presenti a Istanbul che, con la Fondazione dei giornalisti e scrittori in Turchia e la partecipazione della Facoltà teologica dell’Università di Marmara, hanno promosso l’iniziativa. Sono presenti credenti delle diverse comunità cattoliche presenti in Turchia e musulmani. La conferenza si è aperta con un minuto di silenzio. Poi la parola è passata a Suat Yildirim, docente dell’Università di Marmara e presidente di Kadip, piattaforma musulmana per il dialogo intercuturale, che ha fatto riferimento al film contro l’Islam e il Profeta e alle «dimostrazioni esagerate che ha suscitato»: «Sono manifestazioni di violenza che non ci trovano d’accordo e sono un peccato contro l’umanità. Ma accusare o calunniare le religioni è un crimine».

 «La libertà di espressione – ha proseguito Yildirim – non può trasformarsi in un diritto a insultare la religione. Per questo sosteniamo la richiesta che alcuni Stati hanno presentato alle Nazioni Unite perché l’Onu faccia una raccomandazione alla comunità internazionale sul rispetto di tutte le religioni». Quanto però sta accadendo, ha aggiunto, «non ci deve scoraggiare, ma deve rafforzare il nostro impegno nel dialogo». Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di mons. Yusuf Sag, vescovo dei cattolici siriaci in Turchia e presidente della Commissione per il dialogo interreligioso dei vescovi turchi. «Non c’è libertà di espressione – ha detto – nell’insultare le persone o le loro religioni». Il vescovo ha quindi parlato dell’importanza che rivestono i simboli religiosi per i cristiani, i musulmani e gli ebrei ed ha esortato anche i presenti a vedere gli «interessi economici e politici» che si nascondono dietro ai fatti di violenza. «Dove trovare la soluzione? Chi sono i buoni e i cattivi? Non sta a noi fare analisi – ha detto il vescovo – ma rispondere tutti, patriarchi, imam, mufti, rabbini con responsabilità e coscienza facendo entrare nelle chiese, nelle moschee, nelle sinagoghe il filo del dialogo. Solo così le nuvole si diraderanno e il sole potrà di nuovo brillare. Non inviti alla rivolta ma esortazioni alla pace, all’amicizia e alla fraternità». (Sir)