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Direttorio delle Comunicazioni sociali

“Comunicazione e missione”: è questo il titolo del “Direttorio delle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa” presentato a Roma il 14 ottobre 2004. Il documento, approvato dai vescovi italiani durante la 53ª assemblea generale Cei (17-21 maggio 2004), è strutturato in due sezioni per un totale di 8 capitoli, divisi in 203 paragrafi, ed è corredato da un indice delle fonti e da un indice analitico. “Le due parti del Direttorio – spiega il card. CAMILLO RUINI , presidente della Cei, nella presentazione del documento – offrono sia i fondamenti sia le indicazioni operative per una svolta nella mentalità e nell’impegno di tutti i cristiani, ciascuno secondo i propri doni e le specifiche responsabilità, affinché l’inculturazione del Vangelo dentro i linguaggi mediatici renda i media stessi sempre più capaci di trasmettere e di lasciar trasparire il messaggio evangelico”. Pubblichiamo stralci degli 8 capitoli del Direttorio.

UNA BUSSOLA PER I MEDIA E GLI OPERATORI PASTORALI. “Il Direttorio – afferma il card. Ruini nella presentazione – intende aiutare le comunità ecclesiali a prendere coscienza del ruolo dei media nella nostra società; far maturare una competenza relativa alla conoscenza, al giudizio, alla utilizzazione dei media per la missione della Chiesa; sviluppare alcune idee circa i punti nevralgici della pastorale delle comunicazioni sociali; offrire una piattaforma comune per i piani pastorali che ciascuna diocesi è chiamata a realizzare”. Ed ancora: “Questo Direttorio potrà risultare quanto mai utile sia per favorire un maggiore raccordo tra i media sia per sviluppare una pastorale organica ben supportata da organismi e strutture come gli uffici diocesani e regionali delle comunicazioni sociali, le associazioni del settore e i centri formativi, in modo particolare i seminari e le facoltà teologiche”.

LE COMUNICAZIONI SOCIALI CROCEVIA DEL CAMBIAMENTO. “La nuova cultura mediale – si legge nel Direttorio (cap. I) – esercita un’influenza sempre più diretta sulle persone e sulle loro relazioni. La straordinaria mole di informazioni e di possibilità d’intrattenimento mediatico può accompagnarsi, paradossalmente, a forme di frantumazione personale e sociale, a una crisi delle forme tradizionali di prossimità, a uno stato confusionale dovuto a saturazione mediatica”. Questo, viene ribadito nel documento Cei, “è un rischio da scongiurare”. Tre, per il Direttorio, “gli aspetti sui quali vigilare in vista della missione ecclesiale: la perdita dell’interiorità, l’incontro superficiale e la sostituzione della verità con l’opinione”. “Guardare con gli occhi della fede ai media – è la conclusione del I capitolo – significa riconoscerne certo i limiti, ma ancor più le potenzialità e operare affinché diventino una concreta risorsa per la missione della Chiesa”.

DA CRISTIANI NELLA CULTURA DEI MEDIA. “Il mistero dell’uomo non può essere esplorato al di fuori delle relazioni che egli anela a intrecciare con gli altri”. È quanto si legge nel II capitolo, dove si sottolinea come “nel villaggio globale la prassi comunicativa tende a enfatizzare il nesso, la rete, la connettività, relegando ai margini le realtà soggettive e personali, che pure costituiscono il cuore di ogni relazione. Ma solo il ‘cittadino globale’ che abbia una percezione piena, non parziale di sé, riuscirà a non soccombere dinanzi ai mutamenti sociali e culturali, proponendosi da protagonista e da soggetto di storia e di cultura”. Nel Direttorio si fa notare inoltre che “in un mondo che cambia così rapidamente, ponendo nuove e inedite questioni anche alla trasmissione della fede, riflessione e approfondimento, a tutti i livelli, risultano urgenti e imprescindibili. Ma non va dimenticato che la prima modalità della comunicazione della fede, anche nel ‘villaggio globale’, resta la testimonianza”.

INTEGRARE IL MASSAGGIO CRISTIANO NELLA CULTURA DEI MEDIA. “Per svolgere la sua missione in questo nuovo contesto culturale, alla Chiesa, che esiste per evangelizzare, viene richiesta una ‘conversione pastorale’ che include ed esige una ‘conversione culturale'”. È la tesi di fondo del III capitolo, nel quale viene anche ricordato che “la pastorale catechistica italiana ha avuto dopo il Concilio Vaticano II una stagione feconda di rinnovamento. Ora, all’inizio del nuovo millennio, si interroga sulle forme dell’evangelizzazione. A tale proposito gli strumenti della comunicazione sociale offrono ai catechisti nuove risorse e nuovi percorsi per l’educazione alla fede”.

EDUCARE E FARE CULTURA NELLA SOCIETÀ MEDIATICA. “Il lettore, il telespettatore, il radioascoltatore, il navigatore della rete Internet è il vero protagonista della comunicazione”. Inizia così il IV capitolo del Direttorio. “Chi fruisce dei prodotti mediali – si legge ancora – può sancirne il successo o il fallimento. Su di essi, con l’obiettivo di affinarne le capacità critiche e le aspettative culturali, occorre intervenire per migliorare la qualità dei media e la loro corretta fruizione”. Perciò, “ogni agenzia educativa dovrà farsi carico di questo compito: la famiglia, la parrocchia, la scuola, le associazioni. A questa responsabilità educativa non è legittimo sottrarsi”.

PER UNA PASTORALE ORGANICA. “L’idea da sviluppare – viene spiegato nel V capitolo – è quella di un piano ‘integrato’ per le comunicazioni sociali, a partire dal quale realizzare una programmazione pastorale non limitata al solo ufficio diocesano per le comunicazioni sociali o ai media, ma capace di coinvolgere tutti gli ambiti pastorali”. Il Direttorio indica, quindi, “alcuni ambiti di specifica attenzione: coniugare fede e cultura; capire e parlare i nuovi linguaggi mediatici; integrare i media con la pastorale; formare gli operatori pastorali; favorire la ricerca della verità; condividere le risorse e creare sinergie; partecipare al progresso dei popoli; investire risorse umane ed economiche”.

L’ANIMATORE DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CULTURA: a questa “nuova figura” è dedicato il VI capitolo del Direttorio. “Cultura e comunicazione, tra loro interdipendenti, spalancano – si legge nel documento Cei – nuovi orizzonti all’azione pastorale, chiamando in causa nuove figure di animatori nell’ambito della cultura e della comunicazione, che affianchino quelle ormai ampiamente riconosciute del catechista, dell’animatore della liturgia e della carità. La loro azione da un lato dovrà svilupparsi verso chi è già attivamente impegnato nella pastorale, per aiutarlo a meglio inquadrare il suo operato nel nuovo contesto socio-culturale dominato dai media; dall’altro dovrà aprire nuovi percorsi pastorali, nell’ambito della comunicazione e della cultura, attraverso i quali raggiungere persone e ambiti spesso periferici, se non estranei, alla vita della Chiesa e alla sua missione”. Quanto ai “nuovi animatori”: il documento suggerisce di “individuarli in particolare tra i giovani. Sono loro oggi a coltivare in modo particolare competenze informatiche, musicali, mass-mediali, artistiche, socioculturali. Oltre ad essere sensibili e competenti, i giovani sono spesso più duttili, intraprendenti e disponibili ad avviare esperienze nuove”.

Tre le “modalità d’impegno”: “In nome della Chiesa e all’interno di una precisa programmazione pastorale”; “in base alla propria sensibilità e competenza”; infine, “all’interno di ambiti professionali o settori della comunicazione e della cultura dove la Chiesa è poco presente o del tutto assente”. Per quanto riguarda il metodo: “La prospettiva più realistica sembra quella di formare gruppi di animatori che lavorino insieme perseguendo progetti specifici, anche a livello interparrocchiale, zonale o diocesano, quando fossero di difficile attuazione nelle singole parrocchie”. Il Direttorio chiede infine il “rilancio di iniziative già esistenti”, come i “diffusori della stampa cattolica”: “Costituiscono un patrimonio da recuperare e rimotivare. Al fine di valorizzarne il contributo culturale e formativo, gli animatori potranno indicare strade nuove per la divulgazione e offrire utili suggerimenti dettati dall’esperienza concreta”.

I MEDIA NELLA MISSIONE DELLA CHIESA. “L’interesse della Chiesa per i media – viene spiegato nel VII capitolo – non nasce primariamente dalla ricerca di spazi per la comunicazione religiosa, ma piuttosto dalla responsabilità di fronte a mezzi tanto potenti, capaci di influenzare, fino a determinarli, i modelli di pensiero e gli stili di vita”. E a proposito delle nuove tecnologie: “La nascente cultura segnata dalla presenza di media elettronici pervasivi e potenti solleva nuove domande, ma offre anche nuove opportunità per la comunicazione religiosa, la formazione e la stessa ricerca teologica. Non basta travasare le espressioni della fede, i valori etici o i modelli di pensiero e di vita cristiani nei nuovi contesti comunicativi”.

RESPONSABILITÀ, STRUTTURE E ORGANISMI: a questi tre temi è dedicato l’ultimo capitolo (VIII). Per quanto riguarda la responsabilità: “L’intera comunità ecclesiale è responsabile dello sviluppo di una compiuta pastorale delle comunicazioni sociali, pur nella diversità dei ruoli e delle competenze. Le comunità ecclesiali, in ogni articolazione ed espressione, sono chiamate ad approfondire la conoscenza del fenomeno della comunicazione nei vari aspetti”. Tra gli Organismi e le strutture pastorali, il Direttorio suggerisce la creazione nelle diocesi di un “osservatorio permanente cui fare riferimento per la comprensione del fenomeno comunicativo”.

a cura di Vincenzo Corrado

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