Politica & società

Disabili: in Toscana trovare lavoro è un’odissea

Mancano le risorse e aumentano le situazioni di indigenza


La vita si allunga, l’età media si alza e cresce il numero delle disabilità. L’Istat ipotizzava nel 2019 una platea da 3 milioni di persone, ma oggi il settore stima circa 13 milioni. In Toscana, secondo l’ultimo rapporto sulle disabilità della Regione, sono quasi 500mila i residenti con «limitazioni funzionali gravi». Tradotto: quasi un cittadino su sette ha disabilità invalidanti. D’altro canto, la povertà non è mai stata un problema così grave in Italia: secondo Istat, nel 2022 oltre 2 milioni di famiglie viveva in indigenza assoluta. Oltre 50mila in Toscana. Con il risultato, sempre più frequente, che siano le disabilità stesse a costringere alla povertà. E viceversa. A denunciarlo è il rapporto «Disabilità e povertà nelle famiglie italiane», redatto da Cbm Italia (associazione internazionale presente nel Sud del mondo con progetti di salute ed educazione per disabili) e Fondazione Emanuela Zancan. Secondo lo studio, quasi nove persone con disabilità su dieci vivono in famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, il 65% non può permettersi una settimana di vacanza all’anno e il 62% non saprebbe affrontare una spesa imprevista di 500 euro. Non solo: negli ultimi dodici mesi solo il 17% avrebbe ricevuto un aiuto economico, almeno un invalido su sei non beneficerebbe di sussidi da enti pubblici e circa uno su quattro ritiene gli ausili ricevuti inadeguati. In generale, spiega il report, si vive «un senso di abbandono da parte delle istituzioni».La situazione si complica oggi di fronti ai tagli del Governo, che ha ridimensionato il fondo per l’inclusione e ha negato il bonus del 75% per le barriere architettoniche a chiunque intenda sostituire infissi, bagni o porte automatiche. In Toscana, però, le risorse non mancano: solo un mese fa, la Regione ha dedicato 375 milioni di euro al piano per la non autosufficienza, rivolto alle Società della salute e alla Zone distretto, allo scopo di garantire i servizi domiciliari e l’accoglienza nelle residenze sanitarie assistenziali. E per ogni persona con disabilità, la Regione riserva ora una spesa sanitaria vicina ai 700 euro. Eppure, un’assistenza adeguata ed egualitaria pare ancora una chimera lontana.
«A Firenze c’è il problema dei negozi – denuncia Mauro Sbrillo, sentinella del capoluogo costretto in sedia a rotelle dal 1958 a causa di un’infezione di poliomielite –. È una città in cui mi muovo bene ma non posso entrare da nessuna parte». In effetti, quella delle barriere architettoniche è una piaga che da anni affligge la Toscana. Basti pensare al comparto scolastico: pur con numeri in diminuzione, quasi un istituto toscano su due (46,6% secondo i dati regionali) non è tuttora accessibile per presenza di barriere fisiche, mentre solo il 17% ha già svolto lavori per migliorare la fruibilità dei locali. In altre parole, per gli studenti con disabilità fisiche è spesso impossibile entrare in aula. Anche per questo, l’amministrazione ha stanziato a fine 2023 oltre due milioni di euro per l’abbattimento delle barriere architettoniche negli immobili toscani. Ma lo sforzo economico, spesso, non è sufficiente.
«Chi ha i soldi si può permettere una carrozzina elettrica o superleggera anche se non la passa la Asl», continua Sbrillo, che ritiene le Asl sempre più lontane dai bisogni dei cittadini. «Si stanno comportando sempre peggio – sostiene –, dando gli ausili in appalto a ditte che vengono da fuori». Con il risultato che, spinte al risparmio, le società vincitrici dei bandi mettono a rischio la qualità degli aiuti. E, a farne le spese, sono sempre i più deboli: «Sono iscritto a diverse chat – racconta Sbrillo – in cui molti disabili raccontano i problemi che hanno. Alcuni devono usare cateteri 4 o 5 volte al giorno, ma si trovano male con la marca della società vincitrice d’appalto e sono nei pasticci. La differenza fra il povero e il ricco sta proprio lì: nei beni di prima necessità». La stessa carrozzina di Mauro Sbrillo – confessa – porta ormai batterie che durano la metà di quelle fornite un tempo dal pubblico.
Superato lo scoglio dei bisogni primari, per le persone con disabilità, inizia la sfida dell’autosufficienza. Ma, in Toscana, trovare un lavoro da invalidi è un’odissea. Secondo i numeri dell’Unione degli invalidi civili, solo il 10% dei cittadini con limitazioni essenziali trova un impiego. Nello specifico, oltre 40mila erano i toscani iscritti al collocamento mirato nel 2021 e – di questi – solo 10mila sono stati assunti (dati Regione). Con numeri in crescita fra chi cerca occupazione e, al contrario, assunzioni in costante diminuzione.
Il quadro non è più roseo per gli anziani – sempre di più – che perdono l’autosufficienza in tarda età. «Il Covid – spiega Anna Maria Celesti, vicesindaca di Pistoia e delegata di Anci Toscana al welfare – ha portato a una diminuzione delle strutture residenziali per non autosufficienti diffusa su tutto il sistema toscano». Perciò, anche i Comuni, in prima linea a sostenere le spese per quote sociali e sanitarie, cercano alternative incentivando l’assistenza domiciliare e gli accomodamenti intermedi. «Le soluzioni – ragiona Celesti – a tutto non esistono se hai in casa un anziano non autosufficiente. E parlo da medico. Ma, se si riesce a dare dignità al soggetto che rimane a casa e alla sua famiglia, è preferibile tenerlo nel domicilio». È così ad esempio, studiando cioè percorsi diversificati, che la Società della salute pistoiese, dal 2017 a oggi, ha praticamente esaurito la lista degli anziani in attesa di un inserimento a tempo indeterminato in Rsa.