Fiesole

Domenica scorsa l’ordinazione diaconale in CattedraleDiaconi, per non essere prigionieri del proprio “io”

DI LORENZO ARTUSI

Domenica scorsa, 17 febbraio, il vescovo Luciano Giovanetti ha celebrato, nella cattedrale di Fiesole, l’ordinazione diaconale di Antonio José Gutiérrez Penaranda, Héctor Armando Largo Agudelo, del seminario della nostra diocesi e di fra Luca Maria Di Felice e fra Alferedo Maria Paladini dell’Ordine dei Cappuccini.

Come aveva potuto osservare già padre Henri de Lubac, sulla base della sua straordinariamente ampia e approfondita conoscenza dei Padri della Chiesa, la salvezza è stata sempre considerata dalla Chiesa come una realtà comunitaria. In effetti, lo stesso Benedetto XVI, nella sua Lettera enciclica «Spe Salvi», ha annotato con forza la necessità di riscoprire questa dimensione comunitaria della salvezza, così – scrive il sommo pontefice – la «vita vera, verso la quale sempre cerchiamo di protenderci, è legata all’essere nell’unione esistenziale con un “popolo” e può realizzarsi per ogni singolo solo all’interno di questo “noi”. Essa presuppone l’esodo dalla prigionia del proprio “io”, perché solo nell’apertura di questo soggetto universale si apre anche lo sguardo sulla fonte della gioia, sull’amore stesso, su Dio» (n. 14). È questo il senso della solenne celebrazione dell’ordinazione diaconale che si è svolta domenica scorsa e che prende tutto il suo risalto proprio nell’ecclesialità dell’evento.

Il ministero diaconale, infatti, come è emerso anche dall’omelia di ons. Giovanetti, è uno dei segni fecondi di questa ecclesialità fatta di servizio e di dedizione al Signore e ai fratelli. Anche la partecipazione numerosa di sacerdoti e fedeli ha espresso il forte senso che sempre la Chiesa Fiesolana ha nel vivere la fede appunto come «popolo di Dio». La gioia di appartenere a questo popolo, di essere chiamati a un ministero per l’edificazione continua e sempre rinnovata della Chiesa si contrappone, in qualche modo, all’individualismo che segna particolarmente la vita della società contemporanea e alla singolarità che può rendere prigionieri del proprio «io». «Essere misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti», è l’esortazione di san Policarpo che il ministero del diaconato può fare propria. Poiché, come afferma il Signore Gesù nell’Evangelo di Giovanni, «non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13); e «dare» la vita non è solo l’atto supremo del dono di sé, ma una dedizione continua che dà forma a tutta la vita vissuta cristianamente.