Cet Notizie

Dove il muro non ferma l’amore: la Casa del Fanciullo a Betlemme

Fra’ Sandro Tomasevich direttore della Casa famiglia a Betlemme ha incontrato i vescovi della Toscana

Arriva da Fiume, in Croazia, fra’ Sandro Tomasevich, un ragazzone di quasi due metri che da alcuni anni è al servizio della Custodia di Terra Santa, la grande provincia francescana che da sette secoli — per volere del Papa — serve l’umanità in quel lembo di terra che non comprende solo Israele e Palestina, ma anche Siria, Libano, Cipro: realtà dove il Vangelo è germogliato nel tempo immediatamente successivo alla resurrezione di Gesù, e dove oggi i cristiani, pur essendo una piccola minoranza, rappresentano davvero un lievito capace di fermentare la pasta, nonostante il contesto difficilissimo, aggravato — da venti mesi — dalla tragedia di Gaza.

Questo lievito, a Betlemme, ha la forma della Casa del Fanciullo, una casa famiglia che fra’ Sandro dirige, oltre a essere anche animatore vocazionale. La realtà di Betlemme è particolarmente drammatica. Il muro che già la isolava è diventato, dopo il 7 ottobre 2023, una sorta di “prigione” a cielo aperto. «Qui — conferma fra’ Alessio — per un cristiano è ancora più difficile vivere che a Gerusalemme, perché servono permessi per recarsi a lavorare, e non vengono rilasciati facilmente… Il primo mese dopo il 7 ottobre siamo stati praticamente chiusi dentro Betlemme: tutte le vie erano state bloccate. Ora la situazione è leggermente migliorata». Ma in questa morsa di dolore, paradossalmente, «la vita di fede aumenta», assicura il religioso. Anzi, «più c’è oppressione, più aumenta la fede».

In questo contesto, l’opera della Casa del Fanciullo è diventata ancor più importante. Avviata 18 anni fa, la casa accoglie 10 ragazzi cristiani tra i 7 e i 18 anni, dal lunedì al sabato, e altri (una ventina) che partecipano solo alle attività diurne. Si tratta di ragazzi provenienti da famiglie fragili e distrutte dopo l’intifada, che qui trovano una casa dove imparare di nuovo l’alfabeto delle relazioni risanate, che li aiutino a crescere come persone liete e riconciliate. «In diciotto anni — dice fra’ Sandro, incontrando i vescovi toscani — abbiamo accolto non meno di 200 ragazzi. Alcuni di loro si sono affermati professionalmente, altri hanno comunque trovato un loro percorso. A 18 anni escono dalla casa famiglia, ma noi continuiamo a seguirli».

Nella casa famiglia lavorano 12 persone, tra cui educatori e una coppia di sposi, «perché è necessario che i ragazzi vedano un modo di essere famiglia diverso da quello a cui sono abituati». Tra le condizioni, infatti, per l’accoglienza, c’è quella che i ragazzi vivano in contesti segnati da maltrattamenti, abusi, o comunque da famiglie disgregate. «Per questo siamo una casa e non un istituto: perché vogliamo offrire una logica familiare», spiega fra’ Sandro. E, in effetti, nella struttura di Betlemme si respira davvero aria di casa.