Mondo

Europa, qui l’austerity picchia duro

Alla rassegna «Terra futura», che si è chiusa ieri a Firenze, presentato dalla Caritas uno studio sull'impatto della crisi in cinque Paesi europei: Italia, Portogallo, Spagna, Grecia e Irlanda attraverso la voce dei territori.

Un giovane su due in Spagna è disoccupato, il 55% della popolazione. Lo stesso ad Andria, piccola cittadina pugliese. In Grecia la crisi snocciola le cifre più deprimenti d’Europa, ma c’è chi riesce a trasformarla in opportunità di crescita personale. Nel nord Italia, a Torino, la gente non si aspettava difficoltà così grandi: alcuni ex impiegati la sera cenano con le candele accese perché non hanno i soldi per pagare la bolletta. Sono alcuni dei dati e racconti emersi nel pomeriggio di sabato 18 maggio a Firenze al seminario «La Caritas e le crisi europee: la parola ai territori. L’impatto della crisi in cinque Paesi: Italia, Portogallo, Spagna, Grecia e Irlanda» promosso da Caritas italiana, Caritas Grecia, Caritas Spagna e la campagna «Sbilanciamoci» nell’ambito di Terra Futura, la mostra mercato internazionale delle buone pratiche di sostenibilità economica, sociale, ambientale, che si è conclusa ieri. Punto di partenza della riflessione è stato il rapporto di Caritas Europa, presentato a febbraio a Dublino e Bruxelles, sull’impatto della crisi economica nei cinque Paesi «deboli» dell’Unione europea. Un’analisi dettagliata giunta a una conclusione categorica: le misure di austerity a cui sono stati sottoposti i governi europei non hanno risolto la situazione. Al contrario, hanno impoverito di più, soprattutto le fasce già fragili, senza creare occupazione e sviluppo. E’ ora di invertire la rotta, anche perché le vie d’uscita ci sono, e la società civile da anni sta facendo proposte e raccomandazioni ai governi. Manca solo la volontà politica. Ecco cosa è emerso durante l’incontro.

Nei cinque Paesi e in Italia. I cinque Paesi presi in esame dal rapporto di Caritas Europa partono da situazioni diverse, con alcuni elementi comuni: «uno Stato sociale in via di smantellamento – ha spiegato Walter Nanni, di Caritas italiana -, alti livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile, superiori alla media europea; disoccupazione di lunga durata; aumento della povertà relativa e della povertà minorile; reti familiari messe a dura prova». L’esperienza Caritas nei territori italiani, con l’impennata del 54% in più di presenze nei centri di ascolto nel 2011, dimostra che l’impatto della crisi è stato sconvolgente. E se nel 2012 il dato dei Cda è rimasto lo stesso, ha precisato Nanni, «è solo perché c’è stata una saturazione della domanda e non riusciamo ad accoglierne di più». Tra le tante misure e raccomandazioni al governo italiano, l’introduzione di «una misura universalistica di contrasto alla povertà» come il reddito minimo di inserimento.

«Servono investimenti pubblici». Anche Andrea Baranes, presidente della Campagna «Sbilanciamoci», che riunisce una cinquantina di organizzazioni che propongono un uso diverso della spesa pubblica, a favore dei diritti, la pace e l’ambiente, concorda sull’inutilità delle politiche di austerità. Servono, al contrario, «investimenti pubblici per liberare reddito»: «Le risorse ci sono ma vengono usate male. Si acquistano gli aerei militari F35 e si tagliano invece i servizi alla popolazione». Baranes ha citato paradossi assurdi: «Il Pil del mondo è di 70mila miliardi di dollari. Una sola banca detiene una cifra più alta di derivati. Nel 2008 tutte le principali economie del pianeta si sono dovute indebitare per salvare le proprie banche. I Paesi più forti riescono, quelli più fragili no: per restituire fiducia ai mercati si taglia il welfare, la ricerca, la sanità. Questo produce maggiore povertà». Le proposte ci sono, ha concluso Baranes: «E’ ora di chiudere questa finanza casinò e metterle in pratica».

In Grecia e in Spagna. Dalla Caritas Grecia è arrivata l’esperienza personale di Nikos Paleologos: cinque famiglie si sono riunite per affrontare la crisi, creando una ditta e lavorando 12 ore al giorno per cercare di assicurare a tutti, datori di lavoro e dipendenti, lo stesso salario, anche grazie a prestiti di solidarietà arrivati dall’Italia: «Con la crisi ci siamo resi conto che possiamo considerarci ricchi per i valori umani che viviamo, e non per il rapporto con i soldi. Anche se la realtà è cruda e porta alla depressione, la povertà vera è solo la mancanza di speranza. Possiamo cambiare solo partendo da noi stessi». Anche nella penisola iberica, come ha raccontato Ruben Requena, di Caritas Spagna, stanno aumentando le disuguaglianze sociali «con il rischio che diventino strutturali». Requena ha snocciolato cifre disarmanti: disoccupazione al 26,5%, aumento dell’inflazione del 10%, 630mila famiglie senza nessun tipo di reddito, 44,5% delle famiglie che non riescono a fare fronte a spese impreviste, ecc. – «Ma ricordiamo – ha ammonito Requena – che siamo una democrazia solo se garantiamo i diritti ai più vulnerabili».

A Torino e Andria. Quali le ricadute della crisi nei territori? A Torino, «città carsica e un po’ massonica, vivace ma dopata – ha detto la sociologa Tiziana Campolini, della Caritas diocesana – la crisi è iniziata due anni fa». La presenza dei nuovi poveri, ha sottolineato, «ci ha permesso di fare un salto: da Caritas caritatevole a promotrice sociale. I centri di ascolto non bastavano più, siamo andati fuori. Abbiamo creato un Servizio di intercettazione delle povertà. Le persone non se l’aspettavano. Solo chi è robusto psicologicamente ce la fa». Se le politiche non danno risposte, ha concluso, «come Caritas possiamo solo occuparci delle policies, ossia piccoli interventi per restituire fiducia». Situazione diversa invece al Sud, nella diocesi pugliese di Andria, dove il reddito medio pro capite era già il più basso d’Italia prima della crisi, con una disoccupazione giovanile al 50% e «giovani che si sono arresi in partenza e vivono alla giornata, con tanta criminalità, dipendenza da droga e da gioco d’azzardo», ha raccontato Francesco Delfino, di Caritas Andria. Qui la Caritas ha avviato una iniziativa di microcredito, grazie al Progetto Policoro della Cei, che ha favorito finora la nascita di 33 nuove attività produttive, aiutando 70 giovani e 20 famiglie.

*inviata Sir