Italia

Famiglia, conferenza di Firenze: tutti aspettano un piano

FIRENZE, 26 MAG – Si è conclusa con una festa con i bambini la tre giorni di Conferenza nazionale a Firenze. “Sono state giornate di grande lavoro – ha detto il ministro Rosy Bindi – ma molto serene. Ho visto uno spirito costruttivo da parte di tutti. Sulla famiglia è tornato un clima di dialogo. E, come aveva chiesto il Presidente della Repubblica all’inizio della Conferenza, sulla famiglia il Paese si deve unire e non dividere. Pare ora che ci siano le condizioni per farlo”. La festa è stata organizzata da Comune e Regione in Piazza Santissima Annunziata, nel centro storico di Firenze, davanti alla storica sede dell’Istituto degli Innocenti. C’erano giocolieri, clown, prestigiatori che hanno fatto giocare i bambini. Il ministro, al suo arrivo nella piazza, è stato accolto da un giocoliere che l’ha abbracciata e coinvolta in un gioco collettivo.Per tre giorni, ministri, politici, esperti e associazioni, si sono confrontati sulla famiglia, nella prima Conferenza nazionale, voluta dal ministro Rosy Bindi a Firenze (24-26 maggio) e inaugurata dal capo dello Stato con un forte invito a cattolici e laici a superare le divisioni. Grande l’attesa per un piano concreto d’azione per la famiglia che dovrebbe scaturire da questi tre giorni di dibattito. Ecco la nostra diretta dalla Conferenza con una sintesi dei principali interventi.

LE ATTESE E I NUMERICon dieci rappresentanti dell’esecutivo, sembrerà un po’ di stare in Consiglio di ministri. A quel tavolo – al quale siederanno anche sindaci, presidenti di regione e parti sociali – guardano con interesse le 23 milioni di famiglie italiane, molte delle quali chiedono un welfare più attento ai loro bisogni e più adesione agli standard europei. Da qui, da Firenze, dove da giovedì 24i e fino a sabato 26 si tiene la prima Conferenza nazionale della Famiglia, è atteso un piano d’azione per la famiglia.

Oltre 2 mila iscritti, un centinaio di relatori, dieci gruppi di studio, l’evento, organizzato da Rosy Bindi, è stato inaugurato a Palazzo Vecchio dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Anche se, stando al programma, parteciperanno alla conferenza nove ministri (oltre a Bindi, Amato, Damiano, Di Pietro, Fioroni, Melandri, Padoa-Schioppa, Turco, Pollastrini) ed un sottosegretario (Visco) a poche ore dall’inizio del confronto e a tenere banco erano ancora le polemiche che hanno accompagnato la preparazione della Conferenza, relative alla decisione del ministro Bindi di non invitare le organizzazioni delle famiglie di fatto e dei gay.

Il ministro Pollastrini, pur intervenendo, sottolinea “di essere dispiaciuta perché qualcuno sia stato escluso. Rimango convinta che investire sulla famiglia significhi, innanzitutto, investire sui diritti di cittadinanza delle persone e sulle loro libertà. Proprio per questo non c’é alcuna contraddizione tra il sostegno alle famiglie e l’ allargamento dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini anche con proposte di legge come quella sui Dico”. Pesa l’assenza di due ministri, Bonino e Ferrero. In particolare, di quest’ultimo a cui spetta il coordinamento delle politiche sociali. Per Ferrero, dalla Conferenza giunge un “messaggio di discriminazione”.

Per conto del suo ministero interverranno il direttore generale dell’inclusione sociale Raffaele Tangorra ed il vice capo di gabinetto Isabella Menichini. Altri no alla partecipazione sono giunti, ancora oggi, da Enrico Boselli, segretario dello Sdi, secondo il quale “Bisogna smetterla di immaginare conferenze che sono per metà dello Stato italiano e per metà dello Stato Vaticano”. Il capogruppo della Rosa nel Pugno alla Camera, Roberto Villetti, é più esplicito: “Alla Conferenza non parteciperanno né i socialisti né i radicali, come altri gruppi parlamentari e partiti laici, perché è stata operata un’inaccettabile ed odiosa discriminazione verso le associazioni degli omosessuali”. Assenti anche le parlamentari del Prc e la sinistra dell’Unione. Sull’assenza della Cei, Bindi chiarisce: ‘dalla Cei non c’é stato un no. Il presidente della Cei che avevo invitato con il Cardinale Antonelli mi ha scritto una lettera molto cordiale per augurarci buon lavoro. La Cei sarà rappresentata dal Cardinale di Firenze, visto che in questi giorni tutti i vescovi italiani sono impegnati nella loro Assemblea generale”.

Sull’assenza di Ferrero, Bindi osserva: “Quella di Firenze non è la mia conferenza ma la conferenza del Governo. Avrei auspicato la presenza di Ferrero. Quando ci sono il presidente della Repubblica ed il presidente del Consiglio la scelta di tenersi fuori la fa chi non partecipa, non chi aderisce”.

Per il ministro Melandri, la Conferenza è un “momento importante promosso dal governo per discutere concretamente, al di fuori della retorica, delle politiche a sostegno della famiglia”. Intanto, le organizzazioni avanzano le loro richieste. Il Forum delle associazioni familiari intende presentare una pdl di riforma dei consultori che, fra l’altro, prevede un assegno alle donne indigenti che rinunciano di abortire. Quoziente familiare, assegno di maternità, sgravi fiscali per le giovani coppie sono fra le priorità indicate dall’Azione cattolica. Per sabato, ultimo giorno della Conferenza, è confermato il sit-in di ‘Facciamo breccia’, una rete di organizzazioni gay. (ANSA).

NAPOLITANO: SUPERARE DIVISIONI LAICI-CATTOLICI24 maggio – “C’é ampio spazio per un confronto costruttivo, per una ricerca di risposte che non dividano il paese in una artificiosa e perniciosa contrapposizione tra cattolici e laici”. Ne è convinto Giorgio Napolitano che aprendo la conferenza della Famiglia, esorta la politica a cercare soluzioni ai vecchi e nuovi problemi di una realtà sociale che cambia, evitando “impropri spartiacque ideologici”. A pochi giorni dal Family day, il Capo dello Stato non sfugge alla questione del riconoscimento delle unioni di fatto, tema che tuttora spacca trasversalmente la politica. Si tratta, osserva dal palco della splendida sala dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, di un problema “che è solo parte del discorso sulla famiglia”, la cui soluzione però “non va elusa”. Ancora una volta la stella polare per Napolitano è la Carta Costituzionale: “Il riconoscimento dei diritti e dei doveri di unioni che non sono confondibili o equiparabili con il matrimonio – chiarisce il Capo dello Stato – va concretamente assunto come destinatario di principi fondativi della Costituzione senza alcuna discriminazione”.

Ma il capo dello Stato va oltre alla semplice rivendicazione del diritto all’uguaglianza, ricordando che ogni tipo di unione basata sull’affetto ha un valore sociale: “Tutte le solidarietà e le corresponsabilità che nascano da stabili rapporti di affetto e di reciproco rispetto costituiscono una realtà da considerare significativa, sotto il profilo della convivenza civile e della questione sociale”. Ovviamente Napolitano non cita il discusso ddl sui Dico all’esame del Senato, tuttavia a pochi passi da Rosy Bindi, rilancia il ruolo che le Camere possono svolgere alla ricerca di una soluzione condivisa, pur sempre nel rispetto delle sensibilità della Chiesa e del mondo cattolico: “Su questi problemi si deve impegnare il Parlamento – sottolinea – le istituzioni rappresentative dello Stato democratico nel pieno e sereno esercizio dell’autonomia sancita dalla Costituzione e nell’attento e serio ascolto alle preoccupazioni e dei contributi di pensiero che possono venire dalla Chiesa e dalle organizzazioni cattoliche, come da ogni altra componente della società civile”.

Ma la questione della famiglia in Italia non si risolve nella regolamentazione delle unioni di fatto. Per questa ragione, Napolitano apre il suo intervento richiamando tutte le componenti della società italiana a “favorire e sostenere la famiglia”, impegno che definisce “ineludibile”, sancito dalla prima parte della Costituzione, “mai messa in discussione per cui da ritenersi condivisa”. Ma anche la Carta, ammonisce il presidente della Repubblica, venne compiutamente attuata solo nel ’75 in occasione dell’approvazione del diritto di famiglia. “Allora grandi personalità come Nilde Iotti e Maria Eletta Martini, portatrici di tradizioni culturali diverse, contribuirono a costruire un largo consenso finale”. Grazie a loro, ricorda Napolitano, si votò una riforma grazie alla quale, “ci si adeguò alla Costituzione e insieme ai tempi nuovi”. In fondo, è il ragionamento presidenziale, anche oggi come allora, se si evitano “spartiacque ideologici” è possibile giungere a soluzioni condivise. (Marcello Campo – Ansa)

GIACOBBE (FORUM), «NO AD UNA CONCEZIONE INDIVIDUALISTICA DEI DIRITTI»25 MAGGIO.“L’impressione complessiva è positiva, ma ci sono state delle piccole disfunzioni perché si è inteso riportare elementi di polemica che non si sarebbero dovuti inserire”. A Giovanni Giacobbe, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, presente alla Conferenze governativa sulla famiglia in corso a Firenze, non sono piaciute le contestazioni di cui ieri è stato vittima, durante il dibattito tra politici e mondo delle associazioni. “La contestazione – ci spiega – è nata dal fatto che mi è stata proposta una domanda che non era pertinente all’incontro che si stava facendo tra istituzioni e associazioni sulle questioni della famiglia: mi è stato chiesto perché la manifestazione del Family Day è stata organizzata adesso e non prima e quindi è stato introdotto un elemento di polemica che ha portato a delle intolleranze”. “Niente di drammatico”, comunque, a giudizio di Giacobbe, a cui “è piaciuta moltissimo, per contenuto, tono e argomentazione, la relazione di stamattina, nel gruppo di lavoro ‘Famiglia e diritti’, del presidente emerito della Corte costituzionale, Francesco Paolo Casavola”. In particolare, nella relazione di Casavola è piaciuta a Giacobbe “la netta distinzione tra famiglia come aggregazione stabile fondata sul matrimonio e altri tipi di convivenza”. “Qui – evidenzia il presidente del Forum – c’è un punto importante: tutto il dibattito attuale ci porta ad una concezione individualistica dei diritti e non solidaristica. E, da questo punto di vista, ci porta un po’ fuori dalla Costituzione, che è fondata sulla solidarietà sociale”. Insomma, per Giacobbe, “il sottolineare l’esigenza di tutelare questo tipo di diritti è il segno della deriva della società verso l’individualismo più sfrenato, che va arginato”. Il presidente del Forum delle famiglie guarda, comunque, con ottimismo il proseguimento della Conferenza di Firenze: “Adesso mi aspetto che i lavori in commissione si svolgano con più serenità e meno polemiche e che si possa arrivare a qualcosa di positivo”. “Da parte del Forum – aggiunge – abbiamo fatto il nostro dovere perché abbiamo presentato sei documenti estremamente corposi e, quindi, ci auguriamo venga accettato il dibattito in questo senso”. Guardando alla giornata di ieri, Giacobbe osserva: “La relazione del ministro per la Famiglia, Rosy Bindi, è stata molto equilibrata, anche se ha cercato di barcamenarsi tra le posizioni un po’ contrapposte: d’altra parte, mi rendo conto che l’onorevole Bindi facendo parte di un Governo in cui c’è tutto e il contrario di tutto è in difficoltà, ma questa è la politica”. CASAVOLA: EDUCARLA PER SALVARLA «DA INSIDIOSI E POTENTI CATTIVI MAESTRI»25 MAGGIO. Dare priorità “a politiche di sostegno alla famiglia stabilita in Costituzione” e promuovere “un’educazione alla famiglia per salvarla, non con leggi e sentenze, ma con una libera e critica rivoluzione culturale, da insidiosi e potenti cattivi maestri”. Queste le indicazioni emerse oggi alla Conferenza nazionale sulla famiglia nel corso della relazione del giurista Francesco Paolo Casavola, intervenuto su “Famiglia e diritti”. La Costituzione, ha ricordato, laddove nell’art. 29 parla di “diritti della famiglia”, viene comunemente interpretata “come diritti nella famiglia, vale a dire diritti di coloro che nell’ambito familiare hanno lo ‘status’ di genitore, coniuge, figlio”. Ma “questa lettura, nella sua radicale portata individualistica, finisce con il dimenticare che il riconoscimento della Repubblica ha per oggetto una comunità originaria, non individui singoli”. “E’ il matrimonio ‘ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare’ – ha aggiunto – il fondamento della famiglia”. Una proposizione del dettato costituzionale che già basta “a persuadere che la famiglia ha diritti, che non si esauriscono in quelli individuali dei suoi membri”. “La società naturale fondata dalla coppia paritaria dei coniugi – ha precisato Casavola – è la prima delle formazioni sociali ove si svolge la personalità dell’uomo”. Perciò è impegno “cogente per il legislatore” finalizzare “ogni norma del diritto di famiglia per il compimento della vocazione umana di ciascuno dei membri della comunità domestica”. Tornando all’art. 29, “il sistema ‘diritti della famiglia’ ha come sua fonte il matrimonio” e, in assenza di esso, “quel sistema non si costituisce”. Pertanto “le famiglie non matrimoniali sono riconducibili alle formazioni sociali, di cui all’art. 2 della Costituzione, non al modello costituzionale della famiglia matrimoniale dell’art. 29”. Ne consegue che “le tutele apprestabili dal legislatore a situazioni proprie della famiglia di fatto vanno ricollegate ai diritti inviolabili e alle formazioni sociali di cui all’art. 2 della Costituzione o al diritto patrimoniale comune”. ROSINA (DEMOGRAFO), «SEI MILIONI DI FIGLI IN MENO E GIOVANI SEMPRE PIÙ PRECARI»25 MAGGIO.Da 30 anni, la fecondità italiana è scesa sotto la soglia fatidica dei due figli per donna: “Nell’ipotetica situazione di mantenimento fino ad oggi di tale produzione annua di figli, ci sarebbero adesso nel nostro paese circa 6 milioni di figli in più”. E’ uno dei dato contenuti nella relazione di Alessandro Rosina, docente di demografia all’università cattolica di Milano, alla Conferenza governativa sulla famiglia, in corso a Firenze. “Il nostro paese – ha detto Rosina – è tra quelli nei quali è economicamente più penalizzante avere figli. La quota di spesa per protezione sociale che va alla famiglia è una delle più basse (meno della metà della media europea), ed il rischio di povertà delle famiglie con figli (soprattutto oltre il secondo) è uno dei più elevati”. A mantenere inoltre bassa la fecondità è la “difficoltà di conciliazione in Italia tra occupazione femminile e famiglia”, Tra i fattori che mantengono bassa la fecondità vanno aggiunte, infine, anche “le crescenti difficoltà dei giovani nel diventare autonomi e formare una propria famiglia”: nella fascia tra i 25 ed i 30 anni hanno un lavoro tre persone su quattro negli altri grandi paesi europei, mentre ci si ferma a poco più dei due terzi in Italia. In Italia il fenomeno delle convivenze “risulta in forte crescita”, e “senz’altro non interessa solo 600mila uomini e donne, ovvero il numero di chi dichiara di vivere attualmente in una coppia di fatto”. Eppure – nonostante “l’arcipelago delle convivenze”, con “situazioni, motivazioni e implicazioni diverse – “nella maggioranza dei casi il matrimonio rimane il punto di riferimento essenziale nel processo di formazione della famiglia”, come dimostra il caso “molto frequente” dei genitori conviventi che si sposano dopo la nascita del primo figlio. A metterlo in evidenza è stato Alessandro Rosina, intervenuto alla Conferenza nazionale sulla famiglia di Firenze. Il demografo si è soffermato sul fenomeno dell’”instabilità coniugale”, grazie al quale in Italia nel giro di poco più di una decade si è assistito “a quasi un raddoppio” del tasso dei divorzi, passato da 80 ogni mille matrimoni ai quasi 150 attuali. ”Non solo sono in aumento i matrimoni che si sciolgono, ma durano anche sempre meno”, ha fatto presente il relatore: “Attualmente circa il 20% delle separazioni ha durata inferiore ai cinque anni”, mentre la vita media in matrimonio per le coppie che si separano è attorno ai 13 anni, una durata che però si sta progressivamente accorciando”. ARGENTIERI (PSICANALISTA), «NON CONSIDERARE NORMALE LA VIOLENZA IN FAMIGLIA»25 MAGGIO. “Dalle umiliazioni, al ricatto economico, all’abuso sessuale, al plagio, fino alle percosse ed all’omicidio”. Sono le violenze in famiglia più frequenti, che in genere vengono esercitate da uomini “normali”, con l’assurda e paradossale “complicità conscia e inconscia” delle donne. A parlarle alla Conferenza sulla famiglia di Firenze è stata Simona Argentieri, medico-psicoanalista dell’Associazione Italiana di Psicanalisi, secondo la quale la “responsabilità” della violenza in famiglia “si allarga dall’uomo violento alla donna complice, all’intera società che, sotto l’apparenza della modernità, disconosce, tollera e indirettamente avalla come ‘normale’la violenza nella coppia”. “Da almeno due generazioni – è l’analisi dell’esperta – l’educazione dei nostri figli, maschi e femmine, è andata in una direzione progressista ma anziché verso una parità di intelletto ed affetti, emozioni e passioni, sembra che i giovani abbiano scelto la via difensiva dell’indifferenza e dell’indifferenziazione, contrassegnata al tempo stesso dall’apatia e dalla incapacità di contenere gli impulsi”. Per questa via, “anziché il superamento della logica della violenza, rischiamo di ottenere solo l’instabile alternanza dei ruoli di vittima e carnefice”. In materia di pedofilia, occorre “prendere le distanze da due atteggiamenti culturali opposti, entrambi perniciosi e che, paradossalmente, si rinforzano a vicenda”: quello della “caccia alle streghe”, nutrito da una “sospettosità persecutoria e sessuofobica, scatenata in una indefessa ricerca di colpevoli da giustiziare”, e quello “snobistico di una sorta di tollerantismo, che si schiera a difesa della ‘libertà sessuale’ anche nei casi dei crimini più vistosi, o che pretende di fare capziosi distinguo tra coloro che consumano bambini e coloro che consumano immagini di bambini”. Ne è convinta la psicoterapeuta Simona Argentieri, che alla Conferenza sulla famiglia di Firenze ha fatto notare che oggi “è aumentata notevolmente la ‘zona grigia’ tra normalità e patologia, con forme di disturbo meno vistose, ma non per questo meno nocive a livello individuale e collettivo; e che comunque richiedono modalità di diagnosi, prevenzione, intervento giudiziario, diversificate”. Di qui la necessità di “distinguere il quadro classico della perversione da altre forme ambigue ed episodiche di comportamento sessuale deviante”, come il “consumo di immagini di pedofilia praticato da giovanissimi”. DE RITA (CENSIS), «EDUCAZIONE ATTRAVERSO IL DIALOGO»25 MAGGIO. “Tra i tanti ruoli che la famiglia svolge, quello educativo è sicuramente uno dei più importanti”: questo ha sostenuto, stamattina, Giuseppe de Rita, della Fondazione Censis, nella sua relazione per il gruppo “Famiglia e responsabilità educative”, all’interno della Conferenza governativa di Firenze. Malgrado l’attuale crisi della famiglia, per de Rita, essa “continua ad essere il luogo della attenzione alla qualità della vita, al dialogo e alla comprensione, oltre ad essere ancora il luogo principale della procreazione, con una sostanziale ‘tenuta’ per quello che riguarda la sua affidabilità sociale, in un panorama complessivo di individualismo e di deresponsabilizzazione”. Parlando della cosiddetta “emergenza educativa” e della “crisi di senso delle funzioni dell’apprendere e dell’insegnare”, de Rita ha evidenziato: “In realtà, i giovani chiedono educazione, ma la chiedono attraverso il dialogo e la responsabilizzazione reciproca. A questi giovani non si può parlare con formule antiquate di trasmissione unilaterale del sapere, del saper fare, o del saper essere”. Il compito, allora, “diventa ancora più difficile, in quanto occorre ripensare il ruolo educativo in un contesto di libertà e responsabilità condivise”. Questo significa, ha chiarito de Rita, “credere nella contaminazione tra generazioni”, “lavorare per la costruzione di un contesto educativo largo attorno alle tradizionali agenzie di socializzazione ed istruzione (scuola e famiglia)”, “porre al centro degli interessi (anche dei mass-media) i problemi veri della vita”, “puntare sull’autorevolezza costituita dalla serietà dell’atteggiamento, dalla veridicità del messaggio, dall’intensità del dialogo”, “giungere ad un nuovo Patto formativo capace di captare, interpretare e riordinare efficacemente i problemi e le trasformazioni in atto”; “sostenere la famiglia nei suoi ruoli educativi”, “riprogettare i servizi per la famiglia, dai consultori, agli asili-nido, in un senso educativo, con sostegno e coinvolgimento reciproco”. Per de Rita, “va immaginata come una vera e propria rieducazione ai ruoli, va arginata la potenza di fuoco distruttiva di alcuni antagonisti della funzione educativa familiare, all’interno della cosiddetta ‘società educante’, e soprattutto dei media, vecchi e nuovi, ma anche dei luoghi di consumo e di vita”. In tal senso, “politiche educative, politiche della famiglia e politiche della comunicazione dovrebbero trovare le modalità, i punti di raccordo per procedere insieme. Troppo spesso esse procedono autonomamente senza mai incrociarsi in snodi che invece hanno grosse potenzialità sociali”. DON COLMEGNA, «VALORIZZARE LA SUSSIDIARIETÀ ATTIVA E PARTECIPATA»25 MAGGIO. “La relazione della famiglia con la fragilità è una dinamica complessa, esperienza presente nella quasi totalità delle nostre vite”: lo ha detto don Virgilio Colmegna, presidente della fondazione “Casa della Carità”, per anni legato alla Caritas lombarda, tenendo, stamattina, la relazione del gruppo di lavoro “Famiglia e fragilità”, durante la Conferenza sulla famiglia di Firenze. Per don Colmegna, la famiglia “non può e non deve essere lasciata sola” nelle situazioni di fragilità, ma piuttosto “venire protetta”. A giudizio del sacerdote, “sono urgenti politiche serie e concrete nel farsi carico della fragilità della e nella famiglia nella quotidianità”. “Non si può pensare – ha detto – di superare la solitudine della famiglia fragile con una mera logica di trasferimento di pure risorse monetarie”. Infatti, “la famiglia attende dal contesto sociale cultura solidale, non solidarietà concessa in casi di emergenza o una delega totale di responsabilità di cura e accompagnamento in forma privatistica; la famiglia ha diritto ad una solidarietà strutturale che rafforzi i principi-chiave della responsabilità sociale e della cittadinanza inclusiva”. Per don Colmegna, “la strada vincente” è rappresentata “da una buona sintesi tra i legami solidali-affettivi e le risposte socio-sanitarie competenti, non emergenziali, ben distribuite sul territorio”. “La relazione della famiglia con la fragilità è una dinamica complessa, esperienza presente nella quasi totalità delle nostre vite”: ha detto don Virgilio Colmegna, che ha sottolineato come la famiglia “non può e non deve essere lasciata sola” nelle situazioni di fragilità, ma piuttosto “venire protetta”. A giudizio del sacerdote, “sono urgenti politiche serie e concrete nel farsi carico della fragilità della e nella famiglia nella quotidianità”. “Non si può pensare – ha detto – di superare la solitudine della famiglia fragile con una mera logica di trasferimento di pure risorse monetarie”. Infatti, “la famiglia attende dal contesto sociale cultura solidale, non solidarietà concessa in casi di emergenza o una delega totale di responsabilità di cura e accompagnamento in forma privatistica; la famiglia ha diritto ad una solidarietà strutturale che rafforzi i principi-chiave della responsabilità sociale e della cittadinanza inclusiva”. Per don Colmegna, “la strada vincente” è rappresentata “da una buona sintesi tra i legami solidali-affettivi e le risposte socio-sanitarie competenti, non emergenziali, ben distribuite sul territorio”. DONATI (SOCIOLOGO), «NON POSSIAMO IGNORARE I PROBLEMI SOCIALI E FAMILIARI CHE I FLUSSI MIGRATORI COMPORTANO»25 MAGGIO. “Siamo ancora lontani dall’avere una politica delle migrazioni, tanto meno in relazione alle problematiche familiari” e vi è “difficoltà” a riconoscere “che l’Italia è un Paese di crescente immigrazione” e “lo sarà sempre di più”. Lo ha affermato Pierpaolo Donati, docente di sociologia all’Università di Bologna, intervenendo oggi alla Conferenza nazionale sulla famiglia. Per Donati “non aver ancora affrontato in maniera esplicita e approfondita la questione sociale dell’immigrazione, con tutte le sue conseguenze, è una grave mancanza sia della politica, sia della società civile”. “Non possiamo più andare avanti”, ha precisato, con “misure improvvisate decise sull’onda dell’emergenza, ignorando i problemi sociali e familiari che i flussi migratori comportano”. Le varie leggi sull’immigrazione varate negli ultimi anni, ha aggiunto Donati, “non hanno affrontato i problemi familiari dei migranti al di là degli aspetti di ordine pubblico”. Resta quindi “da affrontare il tema dal punto di vista della politica sociale”, ossia quei “nodi culturali e sociali che riguardano il confronto fra culture familiari diverse fra loro, con tutti i problemi di ‘welfare’ relativi alla vita quotidiana”. Donati bolla come “inadeguate” le misure prese finora circa le migrazioni. Ad esempio, i ricongiungimenti familiari sono stati affrontati in maniera “abbastanza burocratica, senza grandi slanci di politica sociale, soprattutto a livello nazionale, mentre un po’ più dinamiche sono state le amministrazioni locali, ma con una certa disparità fra le diverse aree territoriali”. Per il sociologo affrontare il rapporto famiglia e migrazioni significa “interrogarsi sui vissuti di speranza e di sofferenza, di distacco e di recupero degli affetti e dei sostegni familiari, di tenace costruzione del proprio futuro, cioè di sentimenti ed esperienze che intessono la vita quotidiana degli uomini e delle donne migranti”. Il processo migratorio è “familiare” per una serie di ragioni, prima tra tutte la “scelta di partire”, che è in genere “mediata dallo stesso contesto familiare”. Inoltre “le decisioni migratorie dipendono dalle vicissitudini della propria famiglia, che può spostarsi o meno, in tempi diversi, con modalità diverse, può accettare o meno nuovi stili di vita, e così via” e, ancora, le migrazioni “sono influenzate dai rapporti di genere, e modificano i rapporti di coppia e fra le generazioni”. C’è poi, secondo Donati, la “sfida” delle famiglie della seconda generazione. “Se i processi d’inclusione non funzionano sorge il rischio della formazione di minoranze etniche svantaggiate e rancorose, tentate di isolarsi dal contesto esterno”. L’importanza della famiglia è “cruciale nell’ottica di come le migrazioni influiranno sull’Italia di domani: dipende dalla famiglia se l’immigrazione potrà essere metabolizzata dalle nostra società e diventerà un fattore di sviluppo, oppure se aumenterà solo le condizioni sociali più marginali o degradate”. “Per questa ragione – ha precisato il sociologo – diventa essenziale capire come dobbiamo accogliere e accompagnare le famiglie immigrate e quali rapporti possiamo e dobbiamo costruire con esse”. Donati ha proposto a tal proposito la “valorizzazione” di politiche “interculturali”. E, riferendosi in particolare alla comunità musulmana, ha sottolineato come la crescita di questa comunità in Italia abbia posto “problemi importanti, ma non totalmente nuovi”. DE MARCO (PRESIDENTE TRIBUNALE MINORI), «SOSTEGNO MATERIALE ALLA FAMIGLIA CHE ACCOGLIE»25 MAGGIO. Favorire l’affidamento, anche attraverso “un sostegno materiale” alla famiglia che accoglie e la creazione di “equipes composte da più figure professionali in grado di formare e selezionare le famiglie affidatarie” e accompagnare la coppia che adotta un bambino anche con “forme di sostegno post-adozione”. Sono alcuni degli spunti emersi nell’intervento di Giulia De Marco, presidente del Tribunale per i minori di Torino, alla Conferenza nazionale sulla famiglia, in corso a Firenze. “In alcune Regioni – ha ricordato – sono state adottate delibere che prevedono il versamento di un contributo spese fisso mensile alle famiglie affidatarie”, ma nella maggior parte dei casi esse “non ricevono il minimo aiuto economico”. Questo, tuttavia, servirebbe a ribadire “il ruolo istituzionale che la famiglia affidataria svolge”, oltre che a porre rimedio a una condizione nei fatti iniqua. “La disponibilità all’accoglienza”, infatti, “implica un impegno in termini di risorse fisiche e mentali di tutta la famiglia, ma non può e non deve tradursi anche in una rinuncia a un livello di vita consolidato, come di fatto avviene quando il numero dei membri della famiglia cresce con l’affidamento di un bambino”. Le “equipes per l’affidamento familiare” proposte da De Marco, invece, “dovrebbero essere capaci di trasmettere il valore della temporaneità dell’accoglienza come valore in sé, come esperienza di condivisione e compartecipazione” e “preparare gli affidatari ai possibili problemi”. “Bisogna infatti evitare che l’affidamento familiare fallisca” ed essere consapevoli che “non tutte le offerte di disponibilità equivalgono a idoneità all’accoglienza”. Infine, il sostegno post-adozione, la cui necessità è sentita “tanto dai servizi sociali e dagli enti, quanto dai magistrati”, tutti consapevoli che il rapporto con i servizi instaurato per ottenere l’adozione “va ripreso e sviluppato in funzione di aiuto ai due soggetti, la coppia e il bambino, per farli diventare famiglia, stimolando la conoscenza reciproca, aiutandoli a vedere oltre l’apparenza, insegnando ad accettare le diversità, spianando le tensioni, avvicinando chi si allontana, infondendo sicurezza, restituendo fiducia”.

ONOFRI (ECONOMISTA), «ALCUNI PUNTI IRRINUNCIABILI DA PERSEGUIRE SUBITO»

25 MAGGIO – “Trasferimenti alle famiglie, sgravi fiscali mirati a creare condizioni di equità di trattamento di fronte all’ammontare elevato di spese necessarie cui le famiglie incorrono e la predisposizione di servizi che assistano le famiglie all’interno delle quali occorrono lavori di cura sia per i minori sia per gli anziani” sono, secondo Paolo Onofri, docente di Politiche economiche all’Università di Bologna, “interventi necessari, ma che si scontrano con i vincoli di bilancio” pubblico. “Si tratta – ha spiegato nella relazione per la sessione ‘Famiglie e risorse’, tenuta stamattina nell’ambito della Conferenza governativa di Firenze – di interventi spesso promessi e altrettanto spesso abbozzati senza alcun ridisegno dell’esistente e con quasi impercettibili incrementi delle erogazioni correnti lungo i canali esistenti”. Per Onofri, “riforma radicale degli assegni per i minori, ristrutturazione dell’imposizione sulla casa e sugli affitti, piano triennale di dimensione consistente per gli asili nido e piano quinquennale per l’andata a regime di un sistema di assistenza alla non autosufficienza sono punti irrinunciabili che si dovranno perseguire sin da subito” dando a essi “una dimensione piena e non una progressività così cauta che non riesce a sposare adozione del provvedimento e incidenza positiva del medesimo sulle vita quotidiana delle famiglie”.

BOSI (ECONOMISTA), «IL MODELLO ITALIANO DI WELFARE VA MUTATO»

25 MAGGIO – “E’ unanime il giudizio che il modello italiano, mediterraneo” di welfare “debba essere mutato, ponendo fine al connotato di familismo residuale e all’inefficiente uso delle risorse pubbliche, causa di costi elevatissimi per il lavoro femminile”. Lo ha detto, stamattina, nella relazione centrale del gruppo di lavoro “Famiglia e welfare” della Conferenza sulla famiglia di Firenze, Paolo Bosi, docente di Scienza delle finanze alla facoltà di Economia di Modena-Reggio Emilia. “Il modello svedese, naturalmente in una versione che tenga conto dell’ormai insostituibile ruolo del terzo settore e della valorizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale – ha evidenziato Bosi – rappresenta nel lungo periodo il punto di riferimento più appropriato, ma ha come implicazione uno sforzo straordinario di ridisegno e ammodernamento dell’amministrazione pubblica e deve vincere radicati orientamenti politici che privilegiano aspetti produttivistici”. Si pensi, ha chiarito il docente, “al tema del rapporto tra lavoro di cura familiare e incentivazione dell’abbandono del mercato del lavoro”. Per Bosi è importante, inoltre, affrontare “il problema della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (lep) per la famiglia”, che “richiede compiti formidabili di valutazione della spesa standard necessaria per l’offerta dei servizi che costituiscono oggetto dei lep”.DEL BOCA (ECONOMISTA), «PUNTARE SUL LAVORO FEMMINILE»25 MAGGIO – “In Italia conciliare famiglia e lavoro è più difficile e costoso che in altri Paesi, non solo nella fase riconosciuta come la più critica e complicata, cioè la nascita dei figli, ma per tutto l’arco del ciclo vitale”. Lo ha denunciato, stamattina, Daniela Del Boca, docente di Economia politica all’Università di Torino, nella relazione della sessione “Famiglia e lavoro” della Conferenza di Firenze. Questo perché durante gli anni ‘80 e ‘90 “in Italia gli interventi sono stati scarsi, frammentari e non continuativi”. Sono necessarie, quindi, politiche della famiglia “in grado di sostenere le scelte di lavoro e di vita (studio, fertilità, salute)” che “avranno anche un importante impatto sulla povertà e la distribuzione del reddito”. Ad esempio, “l’occupazione remunerata della madre è un importante strumento di difesa dalla povertà per le famiglie”. Per Del Boca, “il lavoro delle donne è una risorsa essenziale per la crescita economica”, anche in considerazione dell’aumento della popolazione anziana. “L’Italia per non perdere competitività, avrà strategicamente bisogno – osserva – di aumentare la forza lavoro e potrà farlo solo mobilitando una risorsa finora poco utilizzata e valorizzata, ovvero l’occupazione femminile”. “Il miglioramento delle possibilità di occupazione” è, quindi, “un’esigenza che risponde anche alle necessità di crescita economica del Paese”. AMATO, «NO A CHIUSURA DIRITTI CONVIVENTI

26 MAGGIO – “Mi chiedo perché ci sia tanta chiusura verso i diritti dei conviventi”. Se lo chiede il ministro dell’Interno Giuliano Amato che, dalla conferenza nazionale della famiglia, di fronte ad una platea e al premier Romano Prodi, dice: “Sarò sempre il primo a difendere il valore della famiglia fondata sul matrimonio, ma non possiamo chiuderci ed alzare i ponti levatoi” ed aprirsi ad un confronto. In un discorso applaudito dalla platea della Conferenza, il ministro Amato, sottolineando i cambiamenti culturali e confrontando la famiglia italiana degli anni ’60, ha tenuto a dire che ”non si può chiudere un confronto solo per paura del male che si può ricavare”. Ma anzi, il confronto è necessario proprio perché serve “contenere quel male e arrivare al bene”. “Mi chiedo quindi perché un atteggiamento di chiusura verso i diritti dei conviventi. So che c’é un problema, so che c’é un limite. Ma non possiamo chiuderci, alzare ponti levatoi”. Il ministro ha quindi fatto l’esempio del testamento biologico: “perché fermarci di fronte al testamento biologico per paura di superare il limite?”. “Ci vuole coraggio – ha osservato Amato – su un terreno di intese comuni”. (ANSA).

ERRANI, «REGIONI PRONTE A DARE LORO CONTRIBUTO 26 MAGGIO. “Le Regioni sono pronte a dare il loro contributo concreto alla costruzione del primo Piano nazionale, come hanno sottolineato nel loro documento unitario, attraverso una cooperazione interistituzionale, che superi qualsiasi sovrapposizione e conflitto di competenze, valorizzando le Autonomie e il territorio”. Lo ha assicurato il presidente della Conferenza delle Regioni e presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani nel suo intervento alla Conferenza nazionale della famiglia. “Nuove politiche per la famiglia – ha detto Errani – sono possibili e necessarie, se sapremo misurarci con le questioni concrete, senza approcci ideologici. Del resto valorizzare il ruolo della famiglia come ci propone la Costituzione e riconoscere pienamente i diritti delle persone nel pieno rispetto delle loro scelte affettive, non sono obiettivi contrastanti. Fondamentale sarà un approccio fondato sull’integrazione delle politiche, ma anche sulla collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, per diffondere in tutto il Paese una cultura di buone pratiche. Mai come oggi il federalismo deve significare cooperazione interistituzionale. Noi non vogliamo 20 sistemi sanitari, né 20 sistemi assistenziali”. (ANSA).

PRODI, PRECARIATO DISTRUGGE GIOVANI, ORA SI CAMBIA

BINDI: DA PRODI FORTE E REALE IMPEGNO; TROVARE SINTESI CON DIRITTI DELLE PERSONE

Il sito della Conferenza sulla famiglia