Toscana

FESTA DELLA TOSCANA, L’ASSISE CONTRO LA PENA DI MORTE

E’ stato l’intervento di Laura Carpini, del ministero degli Esteri, ad aprire le assise internazionali contro la pena di morte, questa mattina, giovedì 26 novembre, nel salone di Palazzo Bastogi. Nelle parole della Farnesina, l’impegno portato avanti dal 2007 per la moratoria della pena capitale, impegno contrassegnato dal successo delle prime due risoluzioni delle Nazioni Unite e oggi concentrato per la prossima, attesa nel 2010. “Il ruolo di propulsione dell’Italia è universalmente riconosciuto” ha affermato Carpini, in un intervento che ha preso le mosse da “un dato oggettivo che nessuno può negare: l’applicazione della pena di morte rende in accettabilmente irreversibile l’errore giudiziario”. E se è vero che “il responsabile delle violazioni dei diritti umani è, per definizione, lo Stato nei confronti dei propri cittadini, nel caso della pena di morte questa responsabilità è portata alle sue estreme conseguenze”. E di qui, l’impegno sul fronte internazionale, il lavoro per consolidare e rafforzare il fronte dei Paesi abolizionisti, per il lento ma graduale affermarsi di una “communis opinio” in seno alla Comunità internazionale. Un dato sottolineato dalla stessa presenza, all’assise, dei rappresentanti dei Paesi che hanno abolito la pena capitale negli ultimi dieci anni: Armenia, Filippine, Kosovo, Ucraina, Uzbekistan, Togo. Un dato, ancora, che Carpini ha legato all’impegno dell’Italia sul fronte internazionale: “se questo successo è stato possibile – ha detto – il merito va soprattutto al fatto che il nostro Paese è stato unito in questa battaglia, che è stata condotta dalla società e con ugual vigore dalle istituzioni, locali e centrali, in un’armonia di intenti e comunanza di fini che raramente si riscontrano nella vita civile”. E la Toscana “ha dato evidente testimonianza e determinazione” su questo cammino, portando con il suo impegno negli anni all’evento di oggi e conferendo al Paese intero il patrimonio di “civiltà, cultura, tradizione giuridica e civica”. “La Festa della Toscana, in questi anni, si è evoluta; ma i temi sono rimasti gli stessi”. “Il primo diritto è il diritto alla vita e il 30 novembre molte città del mondo, tra cui New York, illumineranno un loro monumento per ricordare con noi quella prima azione eversiva con cui Leopoldo scrisse una pagina importantissima della storia”. Riccardo Nencini, presidente del Consiglio regionale, saluta i Paesi e le autorità nazionali e internazionali intervenute alle assise in corso in Palazzo Bastogi, svolgendo un filo che lega il Granducato con la più stringente attualità dell’impegno contro la pena capitale. Certo, ricorda alla platea, ”Gli anni felici aiutano le decisioni importanti”, e la Toscana di Leopoldo lo fu. Quella terra già madre di libertà e cultura, come ricordò Carlo Azeglio Ciampi all’inaugurazione della prima edizione della Festa della Toscana, nel 1786 trascorse un anno tranquillo. E qui Leopoldo concepì quel suo atto da “eretico” che, primo e unico Stato al mondo, condusse il Granducato ad abolire tortura e pena capitale. Vi influirono delle sua cultura illuminista, nella terra che a Livorno permise la stampa dell’opera di Cesare Beccaria “Dei delitti e delle Pene”, e che sempre lì, a Livorno, vide la pubblicazione della prima edizione con commento laico dell’Encyclopèdie. In questo contesto, il Granducato consegnò alla storia le Leopoldine, il testo giuridico “che fece subito scalpore, e fu immediatamente tradotto in inglese, francese e tedesco”. Fu un fatto conosciuto in tutta la civiltà occidentale, e certo anche molto criticato. La Toscana, da allora, consegnò alla storia un secondo primato, quando nel 1859 abolì nuovamente la pena capitale, “facendo da apripista per i tanti paesi che nel corso del ‘900 seguiranno il suo percorso”. Quella strada che oggi le assise internazionali riconoscono e difendono.Il 30 novembre 1786 è “il biglietto da visita della Toscana, che anch’io mi onoro di portare nel mondo, il simbolo dell’opera di civiltà che la nostra regione svolge da oltre due secoli”. E la Toscana può aiutare la comunità internazionale a compiere un altro passo sulla strada dell’abolizione della pena di morte in tutto il mondo. È questa la convinzione di Riccardo Migliori, presidente della Delegazione italiana presso l’Osce, l’Assemblea dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, che avanza, alle assise internazionali contro la pena di morte, una proposta operativa: “Propongo al presidente del Consiglio regionale, Riccardo Nencini, e al sindaco, Matteo Renzi, di ospitare a Firenze la grande commissione parlamentare italo-russa in programma nel 2012: sarà quella l’occasione per un invito alla federazione russa alla revisione della Costituzione per la definitiva eliminazione della pena capitale”. C’è bisogno, aggiunge Migliori, “di un grande lavoro sull’opinione pubblica di tutti i paesi del mondo: non solo in Russia, dove oltre il 90 per cento della popolazione è a favore della pena capitale, o in Cina, ma anche nei paesi che già l’hanno abolita, così come negli Usa, dove nonostante tutte le difficoltà si registrano segnali importanti e ci sono già pronte al Senato federale proposte di legge per una progressiva abolizione”. La delegazione italiana all’Osce, ha aggiunto Migliori, “ha proposto di recente, primo firmatario l’onorevole Mecacci, una risoluzione che invita nuovamente tutti i paesi ad una moratoria della pena di morte e impegna quelli in cui è già abolita ad una forte azione di informazione verso l’opinione pubblica”.Un impegno ed una azione che la Toscana e il Comune di Firenze continuano a svolgere intensamente, ha spiegato l’assessore comunale alle politiche giovanili, Rosa Maria Di Giorgi, “con un grande lavoro nelle scuole, con atti ufficiali, dei quali è ricco il nostro Consiglio comunale, con i tanti fiorentini nel mondo che rappresentano con orgoglio i nostri valori e contribuiscono alla difesa della nostra civiltà”.C’è da “riannodare il legame con la società che il reato ha in qualche modo prodotto”. Il presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa, Mauro Palma, ha offerto una visione e un approccio in qualche modo diverso al drammatico capitolo della storia della pena di morte. Ai giovani studenti della V B del Liceo Agnoletti di Campi Bisenzio (Fi) intervenuti all’Assise internazionale, Palma ha ricordato i due elementi imprescindibili da tenere sempre a riferimento: “L’efficacia della potestà punitiva dello Stato e la pratica di mediazione perché la sofferenza della pena sia la minore possibile”. Una pena che per il presidente del Comitato europeo “non è il male simmetrico con cui ristabilire un presunto equilibrio”. E sempre rivolgendosi ai giovani, ha ricordato l’alto valore morale e formale di convenzioni siglate che seppur conservano una “intrinseca debolezza”, rappresentano un “tessuto prezioso, una base dalla quale partire per adempiere, in positivo, a quell’obbligo di costruzione di una cultura diversa. Il valore fondante di ognuno: la vita”. In tarda mattinata i rappresentanti dei paesi invitati all’Assise hanno fornito il loro contributo all’evento. Il moderatore, il direttore del Corriere Fiorentino Paolo Ermini, ha ricordato ai numerosi giovani presenti che la Toscana non si deve sentire appagata del fatto di essere stata la prima in passato ad abolire la pena di morte, ma che “questa eredità deve rappresentare una continua sfida, da onorare giorno dopo giorno”. Il presidente dell’Unione Armeni in Italia Baykar Sivazliyan ha spiegato che in Armenia la pena di morte è stata abolita sei anni fa, quando, il 1 agosto 2003, è entrato in vigore il nuovo codice penale della Repubblica Armena. Lo stesso giorno il presidente armeno ha definitivamente sospeso tutte le esecuzioni in calendario. “L’Armenia – ha detto Sivazliyan – è un paese che per secoli ha lottato contro la morte, riaffermando il valore inestimabile della vita. Il popolo armeno è oggi profondamente convinto che la vita è sacra e inviolabile, ma sono troppi ancora i paesi in cui la pena di morte è attiva. Dobbiamo alzare la voce per dissuadere, e se del caso supplicare, questi paesi”.L’abolizione della pena di morte nelle Filippine, come ha spiegato il Console generale Danilo T. Ibayan, ha avuto una storia più tormentata. Le Filippine hanno bandito, primo paese in Asia a farlo, le esecuzioni capitali nel 1987. Successivamente nel 1993, sotto il governo di Fidel Ramos, la pena è stata reintrodotta con l’adozione del metodo delle iniezioni letali. Negli anni il numero dei condannati a morte è continuamente cresciuto, passando dai 12 del 1992 ai quasi 1000 del 1999. “Questo dimostra – ha detto Ibayan – che la pena di morte come deterrente è del tutto inefficace, senza contare che le pecche del sistema giudiziario filippino hanno fatto sì che due condanne su tre non fossero confermate dalla Corte suprema”. La pena di morte è stata poi di nuovo definitivamente abolita nel 1996 dalla presidente Gloria Arroyo.Anche in Kosovo l’abolizione della pena capitale è recente, e risale al 2000. “Il Kosovo – ha raccontato il ministro della Giustizia Nekibe Kelmandi – dopo l’indipendenza ha deciso di rispettare il valore umano più grande, il diritto alla vita, e ha anche adottato come legge di stato la Convenzione europea sui diritti dell’uomo”. Fino al 2000 in Kosovo la pena di morte era vigente, anche se in pratica non applicata, con lo scopo di eliminare le vendette di sangue, ma, ha proseguito il ministro, durante la guerra il popolo kosovaro divenne consapevole del fatto che questi delitti non andavano più commessi e di fatto sono spariti. “La pena di morte – ha commentato Kelmandi – è l’approccio più disumano che lo Stato possa avere con i suoi cittadini, ed essa non può essere paragonata ad alcun male peggiore”. (cs)