Prato

Forum in redazione con i giovani della Diocesi di Prato: «Apriteci le porte delle parrocchie»

Non credevano che con le loro parole avrebbero suscitato l’interesse dei catechisti e degli animatori dei gruppi, invece al termine di ogni incontro qualcuno si è avvicinato a loro per chiedere, sapere, avere suggerimenti su cosa proporre a bambini e ragazzi nelle rispettive parrocchie. A sentire i loro commenti gli appuntamenti nei sette vicariati, voluti dal vescovo Franco per presentare il Piano pastorale diocesano sono stati un’ottima occasione di confronto tra il mondo degli adulti e quello giovanile. Nelle serate tenutesi a Maliseti, San Pio X, Pietà, Chiesanuova, San Pietro a Iolo, San Paolo e Usella monsignor Agostinelli, dopo una breve introduzione, ha lasciato che a parlare fossero alcuni giovani appartenenti a parrocchie diverse. «Sono stati ascoltati volentieri, hanno suscitato dibattiti e anche loro sono tornati arricchiti dal confronto», dice il Vescovo. Lo confermano i quattro ragazzi reduci da questa esperienza. Li abbiamo invitati nella redazione pratese di Toscana Oggi per fare un nuovo forum, ideale seguito di quello pubblicato nel mese di aprile, all’indomani della distribuzione della lettera scritta da mons. Agostinelli ai giovani.

Hanno partecipato in quattro: Filippo Di Rienzo, della parrocchia di Galcetello, 22 anni studente di ingegneria, Virginia Zampini, 22 anni, di Grignano studentessa di lingue, Filippo Capecchi, ventiduenne, del Soccorso universitario a Scienze dell’educazione e Gaia Frosini, 19 anni, dell’Ascensione frequentante chimica farmaceutica all’università (assente al forum per un imprevisto è stata contattata telefonicamente). Appartengono al gruppo giovanile della propria parrocchia, quasi tutti sono stati catechisti, qualcuno lo è ancora, e sono a loro volta animatori di ragazzi più piccoli.

Siete stati nei vicariati da protagonisti, vi siete messi in gioco facendovi portavoce dei vostri coetanei che frequentano le parrocchie. Com’è andata?Virginia – Io ero alla Pietà, l’incontro è stato molto partecipato, ci hanno fatto moltissime domande. Mi è sembrata una modalità innovativa, dico quella di far parlare i giovani, perché solitamente la nostra voce non viene presa molto sul serio. Sono emersi spunti e anche qualche positiva provocazione.Filippo D. – Ero a Maliseti, qui non ci sono state molte domande, ma il clima era positivo. Ho vissuto quel momento come un passo importante da parte del Vescovo. Non lo conoscevo personalmente e devo dire che questa scelta mi è piaciuta molto. Mi hanno chiesto: perché i giovani non frequentano le parrocchie. Secondo me perché spesso presentiamo un Dio che si impone, invece Gesù è stato un rivoluzionario e parlava di amore. E forse ce ne siamo dimenticati.Filippo C. – Sono d’accordo. Io ero a Chiesanuova. Qui mi ha colpito l’intervento di una capo scout che ci ha detto: si vede che credete in quello che fate, ma lo state raccontando senza gioia. È una osservazione che mi ha fatto riflettere molto. È vero occorre sempre far vedere, a grandi e piccoli, che facciamo le cose con gioia e con amore. Altrimenti sembra tutto fine a se stesso.Gaia – Io sono stata a tre incontri. Ho notato grande interesse da parte dei catechisti e tanta voglia di capire come raggiungere i giovani. Anche dopo la serata, mi hanno fermato alcune persone per parlare e avere consigli. C’è voglia di capire e migliorarsi. Allora diamo qualche consiglio ai nostri sacerdoti, ai catechisti e agli animatori.Lorenzo R. – Aprite le stanze delle parrocchie. Camminando per la città, passo davanti alle chiese, noto che molti ambienti parrocchiali sono chiusi durante la settimana. Facciamo vedere che sono vivi. E i sacerdoti dovrebbero affacciarsi di più nei gruppi. Mettiamo l’uomo al centro delle nostre attività, stimoliamo l’incontro.Virginia – Esatto, ma oltre agli spazi vanno create occasioni. Credevo che tutte le parrocchie offrissero dei momenti di incontro per i giovani, ma non è così. Se qualcuno non riesce a farlo promuoviamo appuntamenti nel vicariato. Dare la possibilità ai ragazzi di stare insieme due ore, a pregare e riflettere, è fondamentale.Filippo C. – Ai nostri preti chiederei di coinvolgere maggiormente bambini e ragazzi alla messa. I discorsi sono importanti, ma è la messa il momento centrale della vita di un cristiano. Quindi va curata e resa accessibile a tutti, giovani e adulti. Tra i vostri coetanei voi che ancora frequentate la parrocchia siete probabilmente in minoranza. Perché ci siete ancora?Filippo R. – Io sono stato fortunato, in parrocchia ho sempre trovato quello di cui avevo bisogno. Quando avevo voglia di mettermi in gioco c’era il Grest, o il teatro. Poi quando sono arrivate le classiche domande esistenziali, ho trovato una persona di fiducia che mi ha dato le indicazioni giuste. Se ci sono queste cose c’è nutrimento spirituale.Virginia – Vivo la parrocchia perché la sento come casa mia. Quando sono tornata da un lungo viaggio la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare a salutare gli amici in parrocchia, un luogo dove non cresco solo nella fede, ma anche come persona. Il punto di partenza per una parrocchia è quello di creare un clima familiare.Filippo C. – A dodici anni, dopo aver fatto la cresima, a me e al mio gruppo sono state date piccole responsabilità. Una è stata animare la messa delle 11,30. Così ho deciso di imparare a suonare la chitarra. Anche la facoltà che ho scelto, Scienza dell’educazione, è grazie all’impegno con i ragazzi. Ecco perché vivo la comunità: mi fa crescere come persona.Gaia – Mi piace la comunità, lo stare insieme per un obiettivo. In parrocchia vivo questa dimensione. L’unione tra giovani è essenziale, soprattutto se va di pari passo con l’affidamento di responsabilità. Nel precedente forum in redazione i ragazzi, tramite il giornale, hanno chiesto di poter vivere esperienze forti. Anche voi siete d’accordo?Filippo C. – Sicuramente. Ci è stato chiesto come poter «tirare dentro» ragazzi che non frequentano. Tutti i giovani si fanno domande, noi dobbiamo essere capaci di dare risposte.Filippo R. – L’esperienza è il pilastro della fede. Lo vedo all’università: un conto è studiare, un altro è metterlo in pratica. Solo facendo, possiamo capire la teoria.Virginia – L’esperienza forte è qualcosa che ti scuote e ti fa capire che la fede è oltre il testo scritto. La mia svolta è arrivata alla Gmg di Cracovia. Ci sono andata con in testa tante domande e sono riuscita ad aprire gli occhi su tante questioni. Nelle riunioni diocesane e parrocchiali si impiega molto tempo a fare analisi, confronti, progetti… ora è il momento di agire, soprattutto per coinvolgere tutti i giovani, non solo chi frequenta. Avete qualche suggerimento?Filippo C. – Una strada è quella del dialogo personale con un compagno di classe o un amico. Ce lo ha chiesto il Vescovo: provate a suscitare curiosità nei vostri coetanei. Ecco: partiamo noi.Virginia – L’esperienza della Preghiera Giovani è un momento da sfruttare, oppure la via Crucis dei giovani. Fu davvero bella quella fatta davanti al carcere. Filippo R. – Per avvicinare i lontani il modo migliore è il contatto personale, non i grandi incontri. Non ci possiamo aspettare che uno da zero si presenti a un nostro evento. La scuola diocesana di animatori, giovani missionari di altri giovani, mi sembra una buona idea.Filippo C. – Sono d’accordo, in particolare sarebbe bene lavorare su noi stessi per saper rispondere alle classiche domande o obiezioni sulla Chiesa fatte dai giovani: la ricchezza, la pedofilia, le imposizioni, addirittura le crociate! E non sarebbe male fare incontri fuori dalle chiese, in piazza.Virginia – Esatto. La messa in piazza delle Carceri per il Corpus Domini è stata una bella idea. Chi passava di lì in quel momento si è incuriosito e si è fermato.Gaia – Lo sappiamo, riportare i lontani è molto difficile. Mi piacerebbero momenti di confronto e discussione tra giovani credenti e non credenti. Ma prima dobbiamo lavorare su noi stessi e capire chi siamo. Ci fai un esempio di attività o di una esperienza vissuta con la parrocchia che ti ha lasciato il segno?Filippo C. – Quando siamo andati a Scampia. Abbiamo vissuto un campo di animazione per i bambini del posto. Una esperienza forte e bellissima. Quando penso all’ultima messa celebrata insieme mi emoziono ancora.Filippo R. – Per fortuna ho tanti bei ricordi: i viaggi, i pellegrinaggi, i campi estivi, ma soprattutto il Grest. Quando un gruppo di ragazzi si ritrova per fare insieme, per realizzare progetti, scopre che divertendosi è possibile ottenere risultati positivi; penso non ci sia niente di più bello. Sono cose che ti scaldano il cuore.Virginia – La Gmg a Cracovia. In particolare la veglia con il Papa. Ho nella mente l’immagine di ognuno del mio gruppo stampata in testa. Per me quella è una immagine di speranza. Giovani che lasciano le comodità, lo svago del sabato sera, per trovarsi insieme a pregare è una cosa che da forza, ma anche tanta speranza.Gaia – Un campo di due giorni con il dopo cresima. Due giorni intensi con una coinvolgente attività di riflessione, un momento di «deserto» dove ho potuto riflettere sulla mia vita. Bellissimo.