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FUNERALI MILITARE UCCISO IN AFGHANISTAN, MONS. PELVI: OPERATORE DI PACE E SEGNO DI SPERANZA

«Un operatore di pace» che «pattugliava le strade e distribuiva cibo alla povera gente; difendeva i quartieri dall’attacco di possibili terroristi, accogliendo i bambini nei fortini; fermava i trafficanti di armi, ma, intanto, ripristinava acquedotti distrutti dalla guerra, convinto che la pace si costruisce persino con un pezzo di pane e una scuola che riapre».Con queste parole l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, ha ricordato il sergente maggiore Michele Silvestri, caduto sabato scorso in Afghanistan e del quale oggi, a Roma, si sono celebrati i funerali di Stato. Cinquantesima vittima italiana della Missione Isaf, Silvestri, ha detto mons. Pelvi nell’omelia, “sta davanti a noi come segno di consolazione, d’incoraggiamento, di speranza. La porta del cuore di Michele, fatta di laboriosità, umiltà, generosità e dedizione si è aperta a una grande missione: il servizio ai fratelli più deboli e bisognosi. È stato capace di dire al Signore: ‘Eccomi’, cioè sono pronto per il servizio alla pace. Michele ha giurato fedeltà alla Patria, mettendosi pienamente a disposizione degli altri. Per lui l’amore non è dipendenza ma dono. Spesso soleva affermare: solo se viviamo nel modo giusto l’uno con l’altro e l’uno per l’altro, la libertà può svilupparsi”. Il vescovo castrense, attraverso la figura di Silvestri, ha voluto poi ricordare i soldati italiani impegnati nelle missioni internazionali: “Sono un po’ speciali – ha detto – perché portano con sé quel bagaglio di umanità e di fede che contraddistingue da sempre i nostri militari impegnati in missioni di sicurezza nel mondo”. “Mi piace sottolineare – ha aggiunto – questa spinta pedagogica e partecipativa della famiglia militare che sta portando un livello più alto di coesione e solidarietà nella coscienza civile del nostro Paese. è urgente – ha concluso mons. Pelvi – educare alla cittadinanza mondiale, consapevoli che le differenze etniche e culturali non sono una minaccia, bensì una risorsa, a patto che esse non si limitino a coltivare rapporti di buon vicinato, ma che si sforzino di comunicare e interagire, trovando il modo di contribuire alla costruzione e alla continua revisione di un orizzonte comune di valori condivisi”. (Sir)