Cultura & Società

Gian Paolo Meucci, il pragmatico sapiente

di Andrea Drigani

Nel 2006, in occasione del ventesimo anniversario della morte del magistrato Gian Paolo Meucci, nato nel 1919, per molti anni presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze, furono organizzati diversi convegni ed incontri per ricordare questo giurista ed operatore del diritto, nonché intellettuale cattolico. Tali commemorazioni non furono dirette soltanto a rammentare la figura e l’opera di questo personaggio, ma si erano allargate alla ricerca e alla riflessione sull’ampia esperienza politica e civile, che nell’ispirazione cristiana, fu vissuta a Firenze negli anni Cinquanta e Sessanta, con notevoli riflessi d’ordine nazionale ed internazionale.

Anna Gravina Ridolfi, nel volume I valori del nuovo. Laicità, lavoro, Costituzione, ha scelto, come in un’antologia, gli interventi più rilevanti, che dunque non riguardano unicamente la persona di Meucci, ma si estendono all’ambiente sociale e culturale nel quale visse, come pure alle questioni giuridiche ed economiche di quel tempo.

Il volume si divide in tre parti. La prima («Per una nuova laicità») raccoglie gli scritti di Giuseppe Matulli, Agostino Giovagnoli, Giulio Conticelli e Giuseppe Alberigo. La seconda («Per i nuovi diritti») offre i contributi di Leonello Tronti, Gustavo Zagrebelsky, Ugo De Siervo e Gian Franco Casciano. La terza parte contiene le testimonianze di Luciano Alberti, Simone Aspidi, Lia Barile, Antonio Campanaro, Gian Franco Casciano, Giorgio Galli, Nori Galli, Sergio Givone, Luciano Martini, Ivan Nicoletti, Pierluigi Onorato, Pina Ragionieri.

Il libro si conclude con un’appendice nella quale sono pubblicati tre inediti di Meucci: due lettere ed una lunga riflessione sulla Chiesa fiorentina (forse un articolo?) che prende le mosse dal caso dell’Isolotto. Luciano Martini, lo storico della Chiesa anch’egli ormai scomparso, nella sua testimonianza definiva lo stile di Gian Paolo Meucci come «pragmatismo sapienziale» inteso come «L’esigenza di andare avanti nonostante le condizioni avverse, di non fermarsi alle analisi intellettuali che smontavano la realtà e poi la evadevano in qualche misura» e rilevava, inoltre, la sua «capacità di sdrammatizzare i conflitti con autoironia e ironia nei confronti delle cose». Queste considerazioni di Martini mi sono sembrate particolarmente calzanti leggendo il già citato testo, mai stampato, dal titolo «Per un’intelligenza dei fatti. La chiesa fiorentina fra passato e avvenire. Dal cardinale Dalla Costa al cardinale Florit». Questo dattiloscritto, che è stato ritrovato nell’archivio personale di Meucci, non sappiamo per che cosa era destinato, probabilmente per un periodico, e non ne conosciamo neanche i motivi di questa mancata pubblicazione. Non si sa neppure la data della stesura, che deve essere comunque ai primi inizi della vicenda dell’Isolotto, perché non è citata la famosa lettera autografa che il Papa Paolo VI scrisse a don Mazzi, nel Natale del 1968, in cui lo esortava a riconciliarsi col suo arcivescovo. Meucci, nell’articolo, ripercorre la storia della Chiesa fiorentina dall’arrivo del cardinale Dalla Costa nel 1932, all’azione di Giorgio La Pira non solo come sindaco, ma come promotore dei convegni per la pace e la civiltà cristiana, l’attività di monsignor Florit, le esperienze di don Lorenzo Milani, la rivista «Testimonianze», la predicazione di padre David Maria Turoldo, la catechesi liturgica di don Divo Barsotti, l’alluvione del 1966 con la connessa dimostrazione di solidarietà.

Gian Paolo Meucci non tralascia, ne nasconde, le divisioni e le divergenze presenti all’interno della comunità ecclesiale, sorte in special modo sull’interpretazione e l’applicazione del  Concilio Vaticano II, ma che, in forme diverse, sono sempre esistite nel cattolicesimo fiorentino, il quale a detta di Meucci ha «un sano senso del realismo cristiano che imprime un marchio anche nella esperienza dei grandi mistici e che fa di Firenze un centro di unità, di quella unità che, proprio perché il fiorentino è un fazioso, si avverte più acutamente come un bene». Lo scritto termina infatti con un auspicio affinché la Chiesa di Firenze ritrovi la sua unità, proprio in linea con quel «pragmatismo sapienziale» che appare la cifra caratteristica di Gian Paolo Meucci.

I valori del nuovo. Laicità, lavoro, costituzione. Scritti per Gian Paolo Meucci. A cura di Anna Gravina Ridolfi , Leo S. Olschki, Firenze, 2009, p.146.