Vita Chiesa

GIOVANI: CONVEGNO CEI, PRESENTI DELEGAZIONI DI NOVE PAESI EUROPEI

“Mi hanno chiesto di venire in Italia e vedere cosa si fa e come per i giovani e scrivere poi un report in inglese”. Catriona Dow è una giovane studentessa scozzese che partecipa al convegno Cei di pastorale giovanile in corso a Roma. Sono quattordici, provenienti da nove Paesi diversi, i rappresentanti delle pastorali giovanili europee che guardano all’Italia per avere idee e ispirazione: tra di loro anche quattro rumeni di rito bizantino. La giovane ha raccontato al SIR che “da noi i fedeli appartenenti alla Chiesa cattolica sono meno del 10% della popolazione e non c’è molto per i giovani: abbiamo il problema di coinvolgerli e di dare loro le motivazioni per partecipare alla vita della Chiesa”. Fondamentale per Dow l’esperienza della Giornata mondiale della gioventù di Madrid: “Siamo rimasti molto colpiti dalle parole e dalla presenza del Papa, nonostante il caldo e la fatica di stare sotto il sole, a cui non siamo abituati”. “È la prima volta che siamo stati invitati a questo incontro – ha raccontato suor Barbara Poredos, della Slovenia – e per noi è un grande arricchimento. Nel nostro Paese è urgente lavorare molto per le famiglie, che sono in crisi, e investire nell’educazione dei ragazzi fin da quando sono piccoli”. Per la religiosa, ci sono anche dei problemi comuni che caratterizzano i Paesi europei, come “l’invecchiamento della popolazione e il clima culturale che respirano i giovani: per questo, credo che sia importante condividere qualche esperienza e individuare insieme alcune soluzioni”. Don Mauro Portelli, di Malta, si è detto particolarmente interessato ad “ascoltare, scambiare idee ma soprattutto a individuare possibili attività comuni, gemellaggi, contatti”. Il sacerdote ha sottolineato che “nel mio Paese i cattolici sono la maggioranza, ma coloro che vanno alla messa e i praticanti veri e propri sono molto pochi. Per questo dobbiamo essere attenti a non escludere nessuno, ma anzi a pensare a una pastorale il più possibile inclusiva che tenga conto anche dei più lontani”. Per don Portelli i giovani, non solo del suo Paese, “vanno ascoltati e accolti. Dobbiamo avere un cuore aperto alle nuove generazioni, alla loro mentalità, dobbiamo fare pastorale con loro e farli sentire apprezzati e stimati”. (Sir)