Giubileo 2025
Giubileo seminaristi: testimoni in un tempo cupo
Le voci di quattro giovani del Pontificio Seminario Romano Maggiore: un cammino personale e comunitario per annunciare la speranza “incarnata”

Configurato a Cristo, il sacerdote annuncia il Vangelo, porta la consolazione agli uomini, è testimone e operatore della speranza cristiana. Attraverso la formazione spirituale, umana e pastorale, anche i seminaristi sono chiamati a questa vocazione, diventando segno della presenza salvifica di Cristo e “ministri di speranza”, come affermato da Papa Leone XIV nella Messa con le ordinazioni presbiteriali del 31 maggio scorso. Un’esortazione che risuona con forza per il Giubileo dei seminaristi, in programma lunedì 23 e martedì 24 giugno. Due giorni di preghiera pensati per rinnovare la chiamata a essere annunciatori di speranza in un tempo cupo.
Gianluca Petrone, 34 anni, frequenta il terzo anno al Pontificio Seminario Romano Maggiore, il cosiddetto anno dell’esperienza pastorale. Fino a ottobre è in servizio nella parrocchia dei Santi Simone e Giuda Taddeo a Torre Angela, dove“la speranza si è incarnata, ha assunto volti, storie da ascoltare. La speranza – afferma – non può essere frutto delle nostre fantasticherie, dei nostri discorsi, della nostra capacità di incoraggiare, ma si fonda sull’annuncio di Gesù. Senza questa roccia parleremmo solo di noi stessi”.Entrato in seminario a 30 anni, Gianluca è cresciuto nella parrocchia romana di Santa Caterina da Siena tra catechesi, liturgia e vita comunitaria. “Il seme del sacerdozio è germogliato fin da bambino”, racconta. Dopo la laurea in Storia dell’arte e un’avviata carriera come ricercatore conduceva “una vita sì tranquilla” ma velata da una “inquietudine di fondo. Sentivo che c’era un ‘magis’, qualcosa di più”, afferma.
Giuseppe Caracciolo, 25enne originario di Crotone, è impegnato nella parrocchia del Santissimo Crocifisso a Bravetta. Anche il suo cammino vocazionale è iniziato quando era piccolo sull’esempio del suo parroco. Ha frequentato il seminario minore arcivescovile in Calabria ma “ogni cammino ha le sue soste”. Dopo qualche anno si è trasferito a Roma per studiare filosofia. “Sentivo che ero produttivo ma non fecondo – ricorda -. Mi sono chiesto come trasformare la mia produttività, come generare vita soprattutto per gli altri”. Da qui la decisione di riprendere il cammino verso il sacerdozio nel seminario romano.Pensando al Giubileo dei seminaristi, vissuto a cavallo tra due pontificati, sottolinea che la vera continuità della Chiesa non sta nei Papi, “ogni Pontefice ha il suo stile, ma la figura centrale è Gesù”, nel quale risiede anche la speranza, “virtù teologale che nasce da Dio e orienta il cuore dell’uomo verso il desiderio del Paradiso”.
Meridionale è anche Ludovico Cannazza, 22 anni, di Otranto, dove ha frequentato il seminario minore durante il liceo. “È stata un’esperienza formativa di grande livello, siamo cresciuti seguendo il Vangelo”, dichiara. Ammette che non è stato semplice decidere di proseguire il cammino, perché “scegliere di essere sacerdote a 18 anni oggi genera domande in chi incontri” ma fondamentale è stata la guida del suo padre spirituale e l’accoglienza ricevuta. Ora sta per concludere l’esperienza pastorale nella parrocchia di San Mattia, nel quartiere Talenti, dove ha potuto “respirare la fede e la dimensione ecclesiale di Roma”. Per Ludovico, il Giubileo dei seminaristi è un appuntamento di grande valore.“ C’è una frase che mi accompagna da sempre – dice -, Spes messis semen, la speranza del raccolto è nel seme. Ognuno di noi è quel seme piantato e curato dal Signore per prendersi cura del suo gregge”. Avverte la responsabilità di essere portatore di speranza soprattutto tra i giovani che incontra in parrocchia. “Spesso vedo nei ragazzi tanto scoraggiamento ma è nostro compito aiutarli, come diceva Papa Francesco, a non farsi rubare la speranza. Se questa abita il mio cuore – conclude -, allora potrò trasmetterla agli altri”.
Alessio Liguori, 33 anni, per molto tempo ha respinto quella chiamata che sentiva in fondo al cuore fin dall’adolescenza. “Importante è stato un viaggio a Lourdes dal quale sono tornato cambiato – riflette – ma ancora una volta ho finto di non capire”. Si è laureato, aveva un buon posto di lavoro ma si sentiva “sempre incompleto”. “Dovevo dare una risposta a ciò che sentivo nel cuore – dichiara -. È stato molto importante il fatto che nel Seminario maggiore c’è stato rispetto della mia storia e nei primi mesi dell’anno propedeutico ho potuto mantenere il lavoro”. Per Alessio la speranza “non è un’idea ma una persona: Gesù, una presenza viva che incontriamo ogni giorno nella preghiera e nei sacramenti. È una gioia presente di un futuro che è già presente perché Dio è qui”. Sta svolgendo servizio nella parrocchia di San Giuseppe Cottolengo, a Valle Aurelia, dove vive l’anno giubilare con la comunità. “Per tanti è un’occasione per ricominciare lasciandosi guidare dallo Spirito Santo”.