Giubileo 2025

Giubileo dei vescovi, Leone XIV: “Il vescovo aiuta a non disperare”

L’identikit del vescovo, tracciato da Leone XIV nella meditazione per il Giubileo dei vescovi

Prima udienza di Papa Leone XIV (Foto Vatican Media - Sir)

Un uomo “pienamente docile all’azione dello Spirito Santo, che suscita in lui la fede, la speranza e la carità e le alimenta, come la fiamma del fuoco, nelle diverse situazioni esistenziali”. È l’identikit del vescovo, tracciato da Leone XIV nella meditazione per il Giubileo dei vescovi, nella basilica di San Pietro. Il vescovo è “testimone di speranza”, capace di “andare controcorrente, persino contro l’evidenza di situazioni dolorose che sembrano senza via d’uscita”, ha detto il Papa rivolgendosi ad oltre 400 vescovi provenienti da 38 Paesi  per l’appuntamento giubilare a loro dedicato. Papa Leone ha citato in particolare la figura di Mosé, “uno che, per la grazia di Dio, vede oltre, vede la meta, e rimane saldo nella prova”.

“Specialmente quando il cammino del popolo si fa più faticoso, il pastore, per virtù teologale, aiuta a non disperare: non a parole ma con la vicinanza”, l’indicazione di rotta del Pontefice: “Quando le famiglie portano pesi eccessivi e le istituzioni pubbliche non le sostengono adeguatamente; quando i giovani sono delusi e nauseati di messaggi illusori; quando gli anziani e le persone con disabilità gravi si sentono abbandonati, il vescovo è vicino e non offre ricette, ma l’esperienza di comunità che cercano di vivere il Vangelo in semplicità e condivisione. E così la sua fede e la sua speranza si fondono in lui come uomo di carità pastorale”.

“Tutta la vita del vescovo, tutto il suo ministero, così diversificato e multiforme, trova la sua unità in questo che Sant’Agostino chiama amoris officium”, la sintesi di Prevost: “Nella predicazione, nelle visite alle comunità, nell’ascolto dei presbiteri e dei diaconi, nelle scelte amministrative, tutto è animato e motivato dalla carità di Gesù Cristo Pastore. Con la sua grazia, attinta quotidianamente nell’Eucaristia e nella preghiera, il vescovo dà esempio di amore fraterno nei confronti del suo coadiutore o ausiliare, del vescovo emerito e dei vescovi delle diocesi vicine, dei suoi collaboratori più stretti come dei preti in difficoltà o ammalati. Il suo cuore è aperto e accogliente, e così è la sua casa”.

“La prudenza pastorale, la povertà, la perfetta continenza nel celibato e le virtù umane”.

Sono queste, per il Papa, le “virtù indispensabili” del vescovo. “La prudenza pastorale è la sapienza pratica che guida il vescovo nelle sue scelte, nel governare, nei rapporti con i fedeli e con le loro associazioni”, ha osservato Leone XIV, secondo il quale “un chiaro segno della prudenza è l’esercizio del dialogo come stile e metodo nelle relazioni e anche nella presidenza degli organismi di partecipazione, cioè nella gestione della sinodalità nella Chiesa particolare”. “Su questo aspetto Papa Francesco ci ha fatto fare un grande passo avanti, insistendo, con saggezza pedagogica, sulla sinodalità come dimensione della vita della Chiesa”, la sottolineatura del Pontefice: “La prudenza pastorale permette al vescovo anche di guidare la comunità diocesana sia valorizzando le sue tradizioni sia promuovendo nuove strade e nuove iniziative”.

 “Le persone povere devono trovare in lui un padre e un fratello, non sentirsi a disagio nell’incontrarlo o entrando nella sua abitazione”,

il riferimento al secondo requisito, che per il vescovo comporta il dovere di assumere “uno stile semplice, sobrio e generoso, dignitoso e nello stesso tempo adeguato alle condizioni della maggior parte del suo popolo”: “Egli è personalmente distaccato dalle ricchezze e non cede a favoritismi sulla base di esse o di altre forme di potere. Il vescovo non deve dimenticare che, come Gesù, è stato unto di Spirito Santo e inviato a portare il lieto annuncio ai poveri”. Papa Leone ha declinato in senso molto esteso anche la castità:

“Non si tratta solo di essere celibe, ma di praticare la castità del cuore e della condotta

e così vivere la sequela di Cristo e offrire a tutti la vera immagine della Chiesa, santa e casta nelle membra come nel Capo”, ha precisato. Altro dovere irrinunciabili per chi è a capo delle comunità ecclesiali è quello di

“essere fermo e deciso nell’affrontare le situazioni che possono dare scandalo ed ogni caso di abuso, specialmente nei confronti di minori, attenendosi alle attuali disposizioni”.

“Essere uomini di comunione, promuovere sempre l’unità nel presbiterio diocesano, e che ogni presbitero, nessuno escluso, possa sperimentare la paternità, la fraternità e l’amicizia del vescovo”, l’invito finale riguardo alle “virtù umane” che devono accompagnare il vescovo nell’esercizio del suo ministero: “la lealtà, la sincerità, la magnanimità, l’apertura della mente e del cuore, la capacità di gioire con chi gioisce e soffrire con chi soffre; e così pure il dominio di sé, la delicatezza, la pazienza, la discrezione, una grande propensione all’ascolto e al dialogo, la disponibilità al servizio. Anche queste virtù, delle quali ciascuno di noi è più o meno dotato per natura, possiamo e dobbiamo coltivarle in conformità a Gesù Cristo, con la grazia dello Spirito Santo”.