Lettere in redazione

Grosseto, un altro caso di cattiva informazione

Ho letto sul Televideo: «Grosseto. Vive in auto con marito per 15 giorni e perde bimbo. Erano sfrattati da albergo della Curia dopo fine convenzione». Come credente ritengo dover rispettare gli insegnamenti e le indicazioni del magistero, a cominciare dai frequenti e fermi richiami ai «valori non negoziabili». Di fronte a quanto accaduto a Grosseto ritengo anche quanto mai necessari opportuni approfondimenti ed urgenti chiarimenti. Non vi pare?

Pier Giovanni Billeriindirizzo email

Quanti danni, caro Billeri, può fare la cattiva informazione. La diocesi di Grosseto sbattuta come un mostro in prima pagina nonostante si fosse adoperata proprio per far fronte all’emergenza che non sono stati capaci di risolvere gli enti locali. Non c’è infatti nessuno sfratto da parte della Curia. La diocesi aveva messo a disposizione «casa Betania», un complesso del seminario vescovile, per ospitare alcune famiglie straniere rimaste senza tetto dopo che il Comune di Grosseto le aveva alloggiate per un po’ di tempo in un albergo della costa. La diocesi, che aveva messo a disposizione gratuita le camere, aveva anche fatto sapere che si trattava di una soluzione temporanea in quanto la struttura era già destinata ad accogliere gruppi e iniziative programmate da tempo. Le famiglie sono comunque rimaste lì per un mese. Poi, in base agli accordi, la casa andava liberata ed è per questo intervenuto il sindaco in prima persona per chiedere agli ospiti di liberarla. Quindi toccava al Comune farsi carico delle famiglie. Da qui anche la reazione dura, ma comprensibile, del vescovo Franco Agostinelli, che in una lettera aperta al sindaco premette che «davanti ad una vita che si spegne nulla può lasciar tranquilla la nostra coscienza, né i 50 mila pasti distribuiti ogni anno grazie alla dedizione dei volontari della Caritas, né la distribuzione di vestiario e pacchi di generi alimentari, né i contributi di un Fondo di solidarietà per le famiglie, né gli appartamenti tenuti a disposizione dell’emergenza abitativa, né la volontà dell’acquisto di un terreno destinato alla costruzione di un centro di accoglienza, né l’ospitalità offerta ai migranti; niente di tutto questo può in nessun caso assolverci per aver assistito, senza trovare soluzione adeguata, alla situazione della famiglia egiziana “sfrattata” da una nostra struttura e che oggi ci chiede conto di quel figlio che non nascerà». «Possiamo dire – aggiunge il vescovo – che non si trattava di sfratto; possiamo ricordare che alla suddetta famiglia erano state offerte, nel passato recente, soluzioni abitative, puntualmente rifiutate; spiegare che come Diocesi non abbiamo il controllo diretto della gestione della struttura; sostenere che quello che potevamo fare, non poteva essere adeguato a dare una soluzione accettabile al problema; tutto può apparire come un tentativo di attribuire le responsabilità agli altri, in uno stile che purtroppo nell’epoca in cui siamo chiamati ad operare ci è fin troppo familiare». Ma non possiamo nemmeno sopportare che «di fronte ad emergenze si ricorra sempre alla Chiesa e magari così tacitare la propria coscienza di borghesi benpensanti (al di là dello schieramento politico!), pronti subito a scaricare ogni responsabilità su di essa ed esporla al pubblico ludibrio, quando siamo di fronte a questi fallimenti».

È un danno grave all’immagine della Chiesa al quale ha contribuito anche il servizio pubblico riportando su Televideo, come ricorda lei caro Billeri, quella notizia d’agenzia, ma anche non rettificando il giorno dopo, almeno a livello regionale, quella stessa notizia una volta appurato che la diocesi non aveva colpe dirette. Nonostante questo, la Chiesa di Grosseto, come ha scritto il vescovo Agostinelli, «non vuole sottrarsi ad una seria rifessione sulle proprie responsabilità dirette ed indirette, ma chiede anche alla amministrazione comunale di avviare un percorso altrettanto impegnativo di rifessione sulle proprie, allo scopo di attivare nell’intera cittadinanza la sensibilità alle emergenze che come cittadini ci interpellano ogni giorno».

Andrea Fagioli