Toscana

I miracoli del Banco

di Marco Lapi

La Provvidenza opera, eccome. Lo sanno bene al Banco Alimentare soprattutto coloro che tutto l’anno prestano la loro opera perché non venga mai meno quell’aiuto concreto a chi non riesce a mettere assieme il pranzo con la cena. E se le cifre del bisogno, complice la crisi economica, si fanno ogni anno più consistenti, la generosità della gente continua a non venir meno e nascono nuove occasioni di trasformare lo spreco di un tempo in immediata risorsa. Come il progetto Siticibo, ormai ben avviato a Firenze e dintorni, che consente il recupero dei pasti non consumati da mense aziendali e scolastiche.

Ma nemmeno la generosità sarebbe sufficiente se, appunto, la Provvidenza non ci mettesse del suo. Può ben dirlo Natale Bazzanti, il presidente regionale del Banco, che da quando l’opera da lui guidata assieme agli amici di sempre è cresciuta in modo imprevedibile, ha qualche patema d’animo in più. Oltre all’affitto del magazzino di Calenzano, ampliato rispetto alla superficie iniziale, ci sono da pagare cinque stipendi. Già, perché se ieri si diceva che al Banco Alimentare tutto era frutto di gratuità, oggi a quel «tutto» si dovrebbe premettere un «quasi». Da opera di puro volontariato, il Banco si è infatti trasformato almeno in parte in impresa sociale, proprio per la necessità di presenze stabili che accompagnino quelle del «nocciolo duro» dei volontari, in particolare i pensionati che, guidati dal direttore Marco Tommasi, dedicano il proprio tempo al magazzino per garantire al meglio l’approvvigionamento degli enti convenzionati.

Tuttavia, a rendere improprio quel «quasi» c’è il fatto che la gratuità rimane comunque all’origine di tutto. Il Banco Alimentare non vive di risorse proprie, e allora c’è anche da trovare il conto corrente vicino allo zero, com’è capitato recentemente, a pochi giorni dal pagamento dei cinque stipendi. Lo ha raccontato lo stesso Natale Bazzanti all’ormai tradizionale incontro di Villa Bifonica, presso Firenze, dove responsabili provinciali e capi-équipe si sono ritrovati sabato 24 ottobre per cominciare a preparare la Colletta in programma un mese dopo, ospiti del Provveditore della Misericordia Andrea Ceccherini e dell’amico Marcello Marinai. La preoccupazione, ha confessato Natale, era più che motivata, ma il giorno dopo su quel conto sono tornati i soldi sufficienti: come non pensare, allora, all’intervento della Provvidenza?

Anche molti altri interventi all’assemblea che ha caratterizzato l’incontro di Villa Bifonica hanno evidenziato i «miracoli» che caratterizzano l’avventura del Banco. «Come tutti gli anni in cui ho preparato la Colletta – ha raccontato Raffaele Fiacchini – nella provincia di Siena si ripropone ad un certo punto la necessità di poter trovare un magazzino temporaneo nella zona di Sinalunga e sempre è stato possibile trovarlo grazie allo spettacolo di una mobilitazione gratuita di persone fino ad allora sconosciute: la proprietaria di un ferramenta che quando non ha più potuto ospitarci ci ha mandato da un suo amico benzinaio, il quale l’anno dopo ci ha segnalato un fondo liberatosi nel centro commerciale; il proprietario della multisala cinematografica che ci ha indirizzato dal comandante della locale stazione dei Carabinieri e così via… Tutte le volte c’è stata la sorpresa gratuita di trovare il magazzino e ho capito che non è per una capacità o una casualità: è un Altro che fa le cose e ti fa incontrare quello di cui hai bisogno. Si può dire che in realtà “nessun dono di Grazia più ci manca”. Allora partecipare alla Colletta mi aiuta a guardare tutto con sorpresa e quindi a vivere veramente».

A Pisa, invece, protagonisti del «miracolo» sono i militari del Capar – il Centro addestramento paracadutisti – e della 46ª Brigata Aerea, che da ormai sei anni, come racconta il responsabile provinciale del Banco Alberto Mannini, collaborano alla logistica della Colletta fornendo ciascuna un mezzo di trasporto. «Il giorno prima – spiega Mannini – trasportano le scatole vuote, assegnate alla nostra provincia, nei punti vendita; il sabato le raccolgono trasportandole al magazzino temporaneo». E aggiunge che due anni fa il comandante del Capar mise a disposizione non uno ma due mezzi, oltre a quattro dei suoi ragazzi per tutta la giornata della Colletta. Non solo: sempre su iniziativa dello stesso comandante, la raccolta fu estesa all’interno della caserma e consentì di mettere assieme ben 85 chilogrammi di scatolette monoporzione di tonno e carne. Successivamente, il 12 dicembre, Alberto fu inaspettatamente invitato a rendere conto di quanto avvenuto durante la giornata della Colletta Alimentare, durante il raduno mattutino dell’alzabandiera, al quale partecipava anche il presidente nazionale dell’Associazione italiana donatori di organi, dato che 400 militari si erano da poco tesserati. «Mentre il presidente dell’Aido parlava – ricorda Mannini – pensavo a che cosa avrei detto a tutta questa gente, perché (ormai mi conosco) non ero riuscito a preparami nemmeno per un minuto di discorso. Mi chiama il comandante. Tocca a me. Sono emozionato. Mi avvicino al piccolo ambocino di legno preparato per l’occasione. Aggiusto i microfono. Le mie parole di rigraziamento rimbobano nella piazza. Penso: “È una grande occasione per dire a tutti che cosa mi muove per un così grande gesto di carità cristiana”, e lo dico! È un’esigenza che ognuno di noi ha nel cuore, che ogni persona ha e alla quale prova a dare una risposta dentro un gesto come quello della colletta: condividere, con chi ha più bisogno, chi ci sta accanto, ultimamente amare. Tutti! È un’esperienza e il test è che alla fine di una giornata come quella della colletta, distrutti dalla fatica uno è contento, è felice… Ho concluso con quanto mi aveva raccontato uno di noi alla fine della giornata: “Una signora anziana che mi dava uno dei sacchetti più consistenti di quelli che io ho ricevuto mi ha detto: mi scusi, ma sono povera e più di così non posso proprio fare”».

Già, sanno di «miracolo» anche certi incontri che si fanno l’ultimo sabato di novembre, come quello che racconta il fiorentino Giuseppe Guidotti: «Alla Colletta dell’anno scorso, ad un certo punto arriva una signora, si ferma con l’auto e ci dà tre borse colme degli alimenti indicati. Velocemente, ci dice che aveva fatto questa spesa per noi il giorno precedente, perché il sabato non poteva, e ci ringrazia. Lo facciamo anche noi dandogli il volantino, ma è davvero di fretta e non possiamo aggiungere altre parole».

E se non succede niente di tutto questo? Gian Marco Mazzanti, ormai noto ai nostri lettori e sulla breccia fin dalla prima Colletta, ammette di aver «stentato a ricordare qualche episodio significativo dove il “miracolo della gratuità” si sia manifestato in maniera evidente». «Possibile – si chiede – che da altre parti ci sia il mendicante che va a fare la spesa per gli altri poveri e lo dice, che l’operaio disoccupato va a fare comunque la spesa per gli altri e lo dice, che l’ex povero fa la spesa per altri poveri e lo dice, che l’invalido manda qualcuno a fare la spesa e lo dice, che lo zingarello aiuta a fare i pacchi, che i dipendenti del punto vendita si tassano per fare la spesa, e da me non succede niente di tutto questo? Forse sono io che non mi sono mai accorto di nulla… Poi, il Vangelo di domenica 8 (la vedova che dà tutto quello che ha), mi ha illuminato. Il primo “miracolo della gratuità” sono io stesso e insieme a me tutti quelli che con me, con gioia, fanno la Colletta quel giorno». Ed è questo, in fondo, che ha mosso anche la lucchese Daniela Rosellini a diventare volontaria: «Conoscevo già – racconta – l’iniziativa della Colletta Alimentare, a cui annualmente aderivo da semplice cliente di supermercato ma, solo incontrando alcune delle tante persone che operano “dietro le quinte”, ho potuto capire pienamente il valore di questo gesto di carità, che arricchisce non solo chi lo riceve, ma anche chi lo fa». Oggi che «la povertà non è più un problema solo degli altri», e che «chiunque di noi potrebbe essere il prossimo nell’elenco», aggiunge ancora Daniela, «possiamo scegliere di continuare a vivere nello smarrimento e nella paura, oppure reagire». Da qui la decisione: «Quest’anno ho scelto di non essere solo un donatore di generi alimentari; voglio regalarmi la gioia di vivere intensamente un piccolo, grande gesto di carità cristiana». E ancora: «Alla domanda: “Perché hai scelto di impegnarti nel Banco Alimentare?” potrei rispondere con una citazione di Madre Teresa di Calcutta: “In questa vita non possiamo fare grandi cose ma possiamo fare piccole cose con grande amore”».

In fondo, il primo «miracolo» che il Banco e la Colletta rendono evidente è proprio questo. Anzi, miracolo senza virgolette, improprie come quel «quasi» di fronte all’espressione «tutto è gratuità».

LE DIECI RIGHE: La sorpresa di scoprire che qualcuno ci vuol bene

La confusione e lo smarrimento, in questo tempo di crisi, sembrano diventati lo stato d’animo più diffuso tra la gente. Imbattersi, però, in volti lieti e grati, per la sorpresa di essere voluti bene, scatena un desiderio e un interesse che trascinano fuori dal cinismo e dalla disperazione. Per questo anche quest’anno proponiamo di partecipare alla Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, perché anche un solo gesto di carità cristiana, come condividere la spesa con i più poveri, introduce nella società un soggetto nuovo, capace di vera solidarietà e condivisione del destino dei nostri fratelli uomini».

Sono le «dieci righe» di quest’anno, ossia l’ormai tradizionale appello che precede la Colletta Alimentare offrendo motivazioni e ragioni di un impegno mai scontato. Stavolta, a colpire è soprattutto quella «sorpresa di essere voluti bene» che stona pure un po’ come italiano, ma riesce a comunicare qualcosa che forse non si poteva dire in altro modo. Se ne è parlato anche sabato 24 ottobre all’incontro di Villa Bifonica (vedi articolo principale) e soprattutto un intervento, quello del fiorentino Leonardo Berni, ne ha chiarito il significato. «Quello che mi colpisce delle 10 righe di quest’anno è che uno che scrive così sulla Colletta vede la vita completamente unita, vede il gesto della Colletta completamente unito al suo lavoro, alla sua famiglia, e quindi vede il suo rapporto con chi incontra allo stesso livello di libertà e gratuità, tanto che le 10 righe sono un giudizio vero sulla realtà: se si tolgono alcune parole specifiche sulla Colletta, raccontano tutta la mia vita».

«Il cambiamento più evidente – ha proseguito Leonardo – è che quest’anno non ho minimamente sentito la fatica di iniziare nuovamente con l’organizzazione della giornata, anzi l’ho subito sentita come una possibilità per me: non vedevo e non vedo l’ora di buttarmi dentro alle circostanze che mi propone. Questo perché per me il Banco è fare ogni volta l’esperienza di “imbattersi volti lieti e grati e una sorpresa di essere voluti bene”, che “scatena un desiderio ed un interesse che trascinano fuori dal cinismo e dalla disperazione”, ed è questo che io desidero nella mia vita. Sono grato che una proposta così mi sia fatta tutti gli anni, nonostante la mia pochezza, nonostante i miei evidenti limiti e la mia scarsa fedeltà. Mi rendo conto che il mio aderire, la ragione adeguata a dire di sì alla proposta del Banco, sono stati e sono questi volti, in cui vedevo già realizzata quell’umanità che desidero per me. Solo perché mi sento oggetto per primo di questa carità, posso diventarne strumento, con gioia».

E quanto ci sia bisogno oggi di simili «strumenti di carità» lo dimostra una recente indagine realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà, secondo la quale sono più di 3 milioni in Italia le persone che faticano ad acquistare cibo a sufficienza. Un fenomeno che, come la stessa ricerca ha evidenziato e il presidente della stessa Fondazione Giorgio Vittadini ha spiegato, «ha come origine principale la solitudine, l’allentamento di quei legami familiari, di quella rete di amicizie, di quell’appartenenza a comunità locali, circoli, movimenti, parrocchie, realtà sociali di qualunque credo, in una parola, di quell’intreccio di legami personali che hanno fatto e fanno il nostro tessuto sociale e la nostra welfare society, caratteristica più profonda del nostro Paese. Tutto quello che distrugge questo sistema naturale e storico diventa fattore di ineguaglianza».

Quei «capi équipe» solerti e appassionati

Un responsabile della staff della Colletta Alimentare presenta, in queste righe, i «capi équipe», figure fondamentali nell’organizzazione della raccolta.

Non sono un esercito di mercenari e neppure una squadra di militanti organizzati, sono lì per passione, padri o madri, lavoratori o pensionati: sono i capi équipe che ormai da 13 anni nel giorno dell’ultimo sabato di novembre fanno la Colletta Alimentare.

Li puoi trovare davanti ad ogni punto vendita della Toscana così come in tutta Italia, imperterriti, che seguono tutta la raccolta della giornata dando indicazioni ai volontari che si alternano quel giorno secondo i turni stabiliti.

Per loro il lavoro organizzativo parte già molto prima del giorno della colletta con la ricerca dei volontari e i contatti con i direttori dei punti vendita, con l’approvvigionamento del materiale occorrente e per tutto quanto occorre sapere per il buon esito della raccolta.

Ognuno a modo suo ci mette qualcosa di sé liberamente, non c’è uno schema rigido: la Colletta è un gesto di popolo e chiunque la può fare portando per primo se stesso col suo sorriso e la sua letizia da donare ai clienti che fanno la spesa quel giorno.

Questo è il succo di un gesto che vede tutti consapevoli che la differenza nella giornata, nonostante la stanchezza e la fatica ed i chilogrammi di prodotti raccolti, è la carità che rende possibile l’impossibile, come il coinvolgimento di oltre 7000 volontari in tutta la regione: e forse anche la più strutturata organizzazione di marketing aziendale avrebbe qualche problema a metter su una giornata così pur pagando le persone.

Tutto ciò accade invece in Colletta, e i capi équipe con i loro figli, le loro mogli o i loro mariti, i loro amici e parenti, i loro colleghi di lavoro, i vicini di casa coinvolti, sono in prima fila da anni a fare la colletta, magari sotto l’acqua che spesso accompagna questa giornata, a lottare perché le scatole non si bagnino proprio perché sanno che poi vanno immagazzinate e ridistribuite alle tante associazioni che accudiscono o sostengono i poveri della nostra regione.

Questa è la coscienza grande con cui affrontano tutti insieme la preparazione e la giornata stessa della raccolta, perché anche un solo pacchettino di pasta o barattolo di pelati è come quel soldino donato dalla vedova del Vangelo, ha un valore immenso perchè parla di un Amore più grande che è appunto gratuità e dono, e non può andare sprecato per nessuna ragione al mondo.

Leonardo CarraiLE CIFREPoveri, non solo cibo ma anche rapporti nuovi

Olio, omogeneizzati e alimenti per l’infanzia, tonno e carne in scatola, pelati e legumi in scatola. Sono questi, come sempre, i prodotti che la Fondazione Banco Alimentare onlus e la Cdo – Opere Sociali (con cui collaborano l’Associazione Nazionale Alpini e la Società San Vincenzo De Paoli, nonché moltissime altre associazioni tra cui in Toscana le Misericordie) invitano a donare in occasione della 13ª giornata nazionale della Colletta Alimentare, in programma per sabato 28 novembre. In oltre 7600 supermercati di tutta Italia oltre 100 mila volontari renderanno ancora una volta possibile questo grande appuntamento di solidarietà che avrà come esito la distribuzione del cibo raccolto a circa un milione e 300 mila indigenti attraverso gli 8000 enti convenzionali a livello nazionale (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza, ecc.).

In occasione della Colletta Alimentare dello scorso anno, oltre 5 milioni di italiani hanno donato 8970 tonnellate di cibo per un valore economico di oltre 27 milioni di euro. A livello regionale, la Colletta del 2008 ha fatto registrare una raccolta di 700 mila 249 chilogrammi, di poco inferiore all’anno precedente (713 tonnellate) nonostante la già incalzante crisi economica. Si stima che in quel sabato 29 novembre più di 350mila toscani abbiano comprato e donato cibo al Banco Alimentare nei 415 punti vendita interessati dall’iniziativa. Per quest’anno i punti vendita in Toscana sono saliti a 435, mentre gli enti convenzionati hanno ormai superato il muro dei 500 (sono già 508) e il numero degli assistiti, in forte aumento, è di oltre 76 mila, il 10% in più rispetto all’anno scorso.

Il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini, commentando ancora l’indagine sulla povertà citata nella colonna di pagina 2, affermava: «Oggi può diventare un “nuovo povero” chi ha in casa un malato cronico da curare; chi perde il lavoro a 50 anni per una improvvisa crisi aziendale; chi, senza una pensione adeguata, si ritrova anziano senza parenti che lo sostengono; chi si trova ad affrontare separazioni matrimoniali e non riesce a mantenersi da solo. La famiglia che si disgrega può segnare anche l’inizio di un’esclusione nei casi di gravidanza precoce, malattia mentale, tossicodipendenza, abusi. Nella definizione di povertà non si può più considerare solo il reddito, ma bisogna includere la vulnerabilità, il rischio, la marginalizzazione, la limitazione nelle scelte. Il vero indigente alimentare non è solo quello che non ha il pane: è colui che non riesce a migliorare la propria condizione». «La questione cruciale nella lotta alla povertà – aggiungeva Vittadini – è l’educazione del povero a ricostruire questi legami, a prendere iniziativa verso la propria condizione. La povertà non si potrà mai vincere intervenendo dall’alto, ma accompagnando la capacità di azione delle persone svantaggiate ed emarginate a essere protagoniste di un possibile cambiamento del proprio destino. La stima per quanto ogni essere umano è in grado di fare è proprio il cuore di ciò che chiamiamo “sussidiarietà”. Il Banco Alimentare italiano e la rete di realtà sociali con cui opera, oltre a soddisfare un’esigenza primaria come quella alimentare, favoriscono la tessitura di rapporti tra uomini, aiutano le persone più bisognose a giudicare la propria condizione e tutta la realtà con uno sguardo diverso».

COME ADERIRE

Per informazioni su quali punti vendita aderiscono all’iniziativa oppure su come dare la propria disponibilità per fare il volontario è possibile chiamare lo 055-8874051, scrivere una e-mail a direzione@toscana.bancoalimentare.it oppure visitare la pagina http://toscana.bancoalimentare.it/wp/ del sito nazionale www.bancoalimentare.it. Ma la Colletta è solo la «veste pubblica» del Banco e rappresenta il 35% dei prodotti annuali che vi arrivano. Tutti gli altri giorni il magazzino di Calenzano, così come quelli delle altre regioni, lavora con le ditte, le industrie agroalimentari e la grande distribuzione organizzata, suddivide le scorte e giornalmente le consegna agli enti e associazioni convenzionate per permettere loro di rispondere a un bisogno sempre crescente. Chi volesse dare la propria disponibilità al di là del 28 novembre può rivolgersi agli stessi recapiti. Chi invece volesse fare un offerta per sostenere il lavoro del Banco Alimentare della Toscana può trovare le modalità cliccando la voce «Come aiutarci» dalla pagina internet regionale sopra citata.