Opinioni & Commenti

Il cortocircuito sul libro del Papa

di Giuseppe Savagnone

Ancora una volta i mezzi di comunicazione non hanno reso un buon servizio a Benedetto XVI, offuscando con interpretazioni frettolose e superficiali il significato dell’importante messaggio, contenuto nel suo nuovo libro, riguardo alla sessualità. E ancora una volta, come a Ratisbona, come nel viaggio in Africa, il rischio è che si passi il tempo a discutere su questioni marginali, trascurando l’essenziale.

Il problema è stato impostato male, da parte dei commentatori, fin dall’inizio, concentrando l’attenzione in modo esclusivo sulla legittimità o meno dell’uso dei profilattici. Lo hanno fatto sia coloro che volevano cogliere nel testo del Papa un «permesso» a questo uso, sia coloro che hanno negato che ci fosse qualcosa di nuovo nel suo pensiero su questo punto. Cadendo entrambi precisamente nell’errore di prospettiva che Benedetto rimprovera al nostro tempo: «Concentrarsi solo sul profilattico – scrive il Pontefice nel suo libro-intervista – vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una specie di droga che si somministrano da sé».

È questo che il Papa ha voluto dire, fedele a una prospettiva personale di pensiero che ha sempre fortemente sottolineato il primato della dimensione relazionale: il sesso, se vissuto in modo autoreferenziale – come rivela non tanto l’uso in sé del profilattico, quanto il concentrarsi su di esso –, è svuotato della sua identità e del suo significato. A parlare è l’Autore dell’enciclica Deus caritas est, dove si trova una vigorosa rivalutazione dell’eros, anche in Dio. Il dramma del nostro tempo non è di essere troppo dominato dall’erotismo, ma di averlo in realtà annullato, misconoscendolo in quanto relazione all’altro e riducendolo a un triste meccanismo di auto-appagamento.

«Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità». Altro che sessuofobia! Qui abbiamo un Papa che si pone come paladino di una campagna a favore del sesso!

Un libro non è un documento del magistero, ma in questo caso siamo esattamente sulla stessa linea della Deus caritas est, in uno dei suoi punti più innovativi e meno compresi.

È alla luce di questo messaggio di fondo che vanno lette anche le «aperture» contenute nel testo dell’intervista. In questa prospettiva si capisce perché siano andati fuori strada sia coloro che hanno voluto vedere in esse una rivoluzione della morale cattolica sia coloro che hanno negato la loro stessa esistenza. In realtà, come ha detto il portavoce del Papa, padre Lombardi, siamo davanti a «un contributo originale» che, se da un lato «non può essere certo definito una svolta rivoluzionaria», dall’altro «manifesta però una visione comprensiva e lungimirante, attenta a scoprire i piccoli passi – anche se solo iniziali e ancora confusi – di una umanità spiritualmente e culturalmente spesso poverissima».

Il problema del corretto esercizio della sessualità, ha detto Benedetto XVI, non è riducibile al «sì» o al «no» al profilattico. Non sono automaticamente fedeli alla visione cristiana – che è quella più umana – coloro che non ne fanno uso, così come non sono automaticamente in contrasto con questa visione coloro che, in certe condizioni, lo usano. C’è spazio per le intenzioni e per i contesti, alla cui luce gli atti umani – anche questo – vanno sempre giudicati «Vi possono essere singoli casi giustificati», ha detto a questo proposito il Papa.

Ha poi portato un esempio che ha destato innumerevoli discussioni, anche per l’errore del traduttore italiano, che ha trasformato il maschile «prostituto» nel femminile. Qualcuno ha ritenuto che, una volta chiarito l’equivoco, nelle parole di Benedetto non ci sia nulla di nuovo, dimenticando che la questione linguistica riguarda solo l’esempio, di per sé secondario rispetto all’affermazione di principio che dichiara possibili «singoli casi giustificati» di uso del profilattico. Senza prestarsi a strumentalizzazioni, è una dichiarazione che implica qualcosa di nuovo, almeno relativamente. Ci sono sempre state, osserva padre Lombardi, posizioni analoghe, volte a sdrammatizzare la rigida alternativa posta da alcuni, dopo la Humanae vitae, tra uso e non uso, e a sottolineare la gradualità dei processi che, attraverso «piccoli passi», possono portare a una più piena maturità etica. «È vero tuttavia – ammette il portavoce vaticano – che non le avevamo ancora ascoltate con tanta chiarezza dalla bocca di un Papa, anche se in una forma colloquiale e non magisteriale».

È in questa luce complessiva che va letto il testo di Benedetto XVI. E per una volta, almeno, speriamo che si sia capaci, dopo gli equivoci iniziali, di accoglierlo per quello che dice veramente. Se vogliamo salvare la sessualità da coloro che la valutano in base al profilattico.

Un Papa che non ha paura