Toscana
Il Libano ostaggio di Israele ed Hezbollah
Una bravissima cristiana, per nulla politicizzata, mi scrive esprimendo un’ira tremenda contro Israele, benché lei sia una convinta oppositrice di Hezbollah. Ma in questo caso, con un milione di libanesi in fuga, i mezzi di comunicazione bloccati, le è cresciuto l’odio contro il nuovo invasore. Mi sintetizza la situazione in questo modo: Israele, per due ostaggi, prende in ostaggio tutto il Libano. Un’ altra persona mi dice: Anziché attaccare i suoi veri nemici, l’Iran e la Siria, Israele preferisce distruggere un paese innocente e pacifico, perché più debole.
Anche il caso del soldato rapito a Gaza da Hamas ha dato il pretesto ad Israele di bombardare, demolire e distruggere Gaza. In nome della sua sicurezza e sopravvivenza, Israele sembra servirsi di tutto per distruggere i vicini. E ciò con l’appoggio dei Paesi più potenti.
Personalmente, lotterei con tutte le mie forze per la sicurezza d’Israele, ma mi domando: è davvero Israele che ha bisogno così tanto di sicurezza? Non si dovrebbe garantire almeno altrettanta sicurezza ai suoi vicini: palestinesi, libanesi e siriani?
Il Primo ministro israeliano Ehud Olmert ha detto: Noi vogliamo solo sradicare il terrorismo di Hezbollah, ma mi domando se per colpire Hezbollah c’è bisogno di distruggere l’intero Paese. Occorre distruggere tutte le strade principali, i ponti, l’aeroporto Rafic Hariri appena rinnovato, l’autostrada verso la Siria, la centrale elettrica, i tre porti, la fabbrica di latte, etc. solo perché potrebbero servire a Hezbollah? Di questo passo, si potrebbe distruggere tutto il Libano!
Più profondamente, come sradicare il terrorismo?L’esperienza degli ultimi 5 anni dimostra che il terrorismo non si combatte solo con i mezzi militari. Anzi, l’invasione illegale dell’Irak ha avuto per conseguenza di diffondere il terrorismo e farlo proliferare. Le radici del terrorismo non sono, in primo luogo militare, ma ideologiche, culturale e talvolta spirituale. Sono queste radici che devono essere sradicate.
Per capire l’anomalia di Hezbollah, occorre rivedere la sua storia. Essa è una milizia nata durante la guerra civile, ma a differenza delle altre, è nata dopo la seconda invasione israeliana del Libano nel 1982. Ufficialmente essa è nata il 16 febbraio 1985, ma in realtà, la sua prima apparizione pubblica è avvenuta il 22 novembre 1982, per liberare il territorio libanese il Sud, dove vivono molti sciiti dall’invasore.
Questa è una delle ragioni essenziali che alimenta il terrorismo medio-orientale d’ispirazione islamica: rispondere a quello esercitato dallo Stato d’Israele coi suoi attacchi continui e soprattutto con l’occupazione illegale delle Terre non-israeliane.
Una delle cause fondamentali del terrorismo medio-orientale di matrice islamica è infatti l’occupazione, da quasi 40 anni, del territorio della Palestina da parte di Israele. E in effetti Israele, mettendo avanti ragioni di sicurezza, ha sempre compiuto guerre espansioniste per allargare il suo territorio. Se si paragona la carta d’Israele stabilita dalla Società delle Nazione (poi ONU) nel 1947, con quelle successive, del 1948-49, 1956 (l’aggressione contro l’Egitto a Suez), 1967 (la guerra dei Sei Giorni), e di oggi, si può costatare che Israele ha sempre allargato in modo notevole la sua superficie, fino a raddoppiarla. Tutto questo in modo illegale, cioè non riconosciuto dalle Nazioni Unite, unica istanza internazionale che può dare legittimità a una Nazione.
Ad ogni modo, in questa situazione di occupazione, una parte della popolazione si è esaltata all’idea di una rivincita contro Israele (alimentata anche da falsi argomenti islamici) e almeno in un primo momento ha sostenuto con simpatia gli Hezbollah.
Va detto subito che se Hezbollah avesse avuto ragione a provocare Israele (e secondo me non l’ha avuta), da un punto di vista strategico essa ha compiuto una imperdonabile stupidaggine. L’esito della sua provocazione sono stati centinaia di morti e soprattutto la distruzione di un Paese che da 15 anni lavorava alla ricostruzione dopo la guerra civile.
Ormai il Libano è tutto distrutto. Ci vorranno parecchi miliardi di euro per ricostruirlo e chissà quanto tempo. Inoltre, l’unica fonte economica era il turismo: ora gli stranieri sono tutti fuggiti e nessuno sa se e quando potranno tornare. La situazione del Paese è catastrofica; il morale della popolazione è allo stremo.
Anche l’intero G8 ha giustificato a modo suo la guerra d’Israele, perché non c’è stata una condanna netta dell’azione d’Israele, ma solo la condanna dell’eccesso della reazione.
Il problema non è l’eccesso, ma il principio stesso. Non si può prendere qualunque cosa come pretesto per fare una guerra. C’è una differenza di natura e non di grado tra una provocazione come quella di Hezbollah e una guerra con bombardamenti, navi, aerei, militari e carri armati sul campo. Il Libano non ha messo in campo un esercito, anzi il governo di Beirut non era neanche al corrente dell’iniziativa di Hezbollah. Del resto, sulla frontiera sud del Libano ci sono stati sempre degli attacchi reciproci. Come mai questa volta una reazione così violenta?
Come in passato, anche la Santa Sede condanna sia gli attacchi terroristici degli uni (cioè di Hezbollah) sia le rappresaglie militari degli altri (cioè di Israele). Infatti, il diritto alla difesa da parte di uno stato non esime dal rispetto delle norme del diritto internazionale, soprattutto per ciò che riguarda la salvaguardia delle popolazioni civili. In particolare, la Santa Sede deplora l’attacco al Libano, una nazione libera e sovrana, ed assicura la sua vicinanza a quelle popolazioni, che già tanto hanno sofferto per la difesa della propria indipendenza.
Ma la guerra ricomincerà alla prima occasione finché non vi è una soluzione internazionale multilaterale (e non unilaterale com’è stato per il Libano e per Gaza), che riconosca il doppio diritto d’Israele e della Palestina. Il papa lo ha detto al Corpo diplomatico lo scorso 9 gennaio:
In Terra Santa lo stato d’Israele deve poter sussistere pacificamente in conformità alle norme del diritto internazionale; in essa, parimenti, il popolo palestinese deve poter sviluppare serenamente le proprie istituzioni democratiche per un avvenire libero e prospero.
Purtroppo in questo momento la comunità internazionale sembra avere altri problemi: ognuno si preoccupa che le scelte non portino ripercussioni a uno o all’altro e non c’è desiderio di risolvere il problema di fondo. Forse si potrà fermare questa guerra, ma se non si risolve il problema alla radice, fra un po’ ne seguirà un’altra e poi un’altra ancora. Bisogna avere il coraggio di cercare una soluzione definitiva. Questo problema dura ormai da decenni ed è come un cancro presente nella situazione, che cambia forma di continuo.
La soluzione radicale non può che essere basata sulla legalità internazionale. Ciò significa applicare la risoluzione 242, che esige il ritiro di ognuno dentro le frontiere proprie, riconosciute internazionalmente, seguita dalla risoluzione 1559, che esige la smilitarizzazione di tutti i gruppi libanesi (e dunque di Hezbollah). Questo significa anche che i paesi arabi devono riconoscere Israele come stato definitivo nelle sue frontiere internazionali, e Israele deve riconoscere gli stati confinanti (Egitto, Palestina, Libano e Siria) come stati definitivi nelle loro frontiere internazionali, con scambi di ambasciatori fra tutti (ricordiamo che la Siria non ha mai riconosciuto il Libano nelle sue frontiere internazionali, né ha scambiato ambasciatori con il Libano). Solo allora la pace sarà possibile.
Da questa guerra la nostra comunità uscirà ancor più indebolita, soprattutto perché la violenza terrorista – è innegabile – è tutta di stampo islamico. Una volta di più sono i cristiani a pagare il prezzo più alto della violenza in Medio Oriente.