Opinioni & Commenti

Il nostro direttore, un maestro di vita e di fede

di Andrea Fagiolivicedirettore di Toscanaoggi

Questa volta non ce l’ha fatta. Il male è stato più tenace di lui. Eppure, per avere il sopravvento, il male (uno di quelli brutti davvero) deve aver combattuto parecchio, perché Alberto in quanto a volontà ne aveva da vendere.

Per noi di Toscana Oggi, forse, non è stato prima di tutto un maestro di giornalismo. Del resto a questo mestiere ci era arrivato tardi, alla soglia dei cinquant’anni, e praticamente per obbedienza ai vescovi toscani e per servizio a quella Chiesa (nel caso specifico le Chiese toscane) che ha sempre amato pur nella distinzione tra quella che lui diceva essere la Chiesa con la C maiuscola e quella con la c minuscola. «Uomo di forte radicamento ecclesiale», lo ha definito l’arcivescovo Giuseppe Betori.

Per questo, prima ancora che maestro di giornalismo, è stato maestro di vita e soprattutto di fede. Alberto era uno di quelli che ci credevano davvero. E questo alla fine di tutti i conti è la sola cosa che conta.

Ma proprio perché si sentiva un «prestato» al giornalismo, ci ha dato sempre una grande lezione di umiltà, pronto ad accettare suggerimenti, a discuterli, ma senza mai rinunciare alle sue idee. Rispettoso delle capacità altrui, le «sapeva armonizzare nel quadro d’una strategia condivisa», racconta l’amico Umberto Santarelli.

Per noi Alberto è stato un esempio di saggezza e di equilibrio. Non sempre abbiamo condiviso le sue scelte e i suoi atteggiamenti, ma il più delle volte ci siamo dovuti ricredere.

«Quale credente era più di lui fatto per servire la comunione?», si è chiesto Dino Boffo nel ricordo pronunciato durante la cerimonia funebre: «Non importa se bisognava pazientare, cucire e ricucire, se occorreva talvolta abbassare la testa, deglutire amaro e incassare qualche colpo: per la comunione questo e altro, questo e ogni altro, senza sosta».

In quell’ormai lontano dicembre 1983, i vescovi toscani non potevano che puntare su di lui per avviare la coraggiosa avventura di Toscana Oggi: un settimanale unico, con più edizioni, nella regione dei mille «campanili». La stima nei suoi confronti era grande, soprattutto da parte degli stessi vescovi che lo vedevano come persona affidabile e autorevole, a dispetto di un’apparenza a volte persino dimessa.

Uno dei suoi valori era la sobrietà e quella bara, con su una croce e il Vangelo, senza fiori sopra, poggiata sul marmo dell’Annunziata, la Basilica mariana più cara ai fiorentini, ne è diventata l’ultima icona.

«Fra noi bastano poche parole», diceva quando si trattava di fare un elogio o di complimentarsi per qualcosa. Rispettosi di questo, non vogliamo aggiungere altro se non lasciare la parola a tre dei tanti autorevoli suoi amici: Mario Agnes (direttore emerito dell’Osservatore Romano), Dino Boffo (direttore di Avvenire) e Umberto Santarelli (giurista) oltre che al vescovo con cui ha iniziato e più a lungo condiviso il cammino di Toscana Oggi, il cardinale Silvano Piovanelli.

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