Lettere in redazione

Il Papa e l’identità dell’Occidente

Caro Direttore,il faticoso cammino alla riconquista dei ricordi indispensabili per la sua identità perduta a causa di un trauma subito, diventa la sola ragione di vita di quella persona.

Anche l’Occidente ha perso la propria memoria a causa dei tanti traumi, consapevoli ed inconsapevoli, subiti nel tempo. Ma, a differenza di quella persona infortunata, non si cura affatto di recuperare i suoi preziosi ricordi che gli permetterebbero di ritrovare la propria identità e, con questa, le ragioni del vivere. Avvertono questo non senso le agenzie preposte al recupero delle ragioni del vivere?

Alberto MarlianiScandicci Fi

E’ vero, caro Marliani, l’Occidente sta progressivamente perdendo memoria della sua identità fino a giungere, in alcuni casi, ad un vero e proprio rinnegamento.

Le ragioni vanno certo ricercate sul piano storico-politico, ma quelle determinanti, come spesso accade, sono culturali: anche su questo versante, infatti è importante chiedersi con serietà da dove veniamo, mentre «l’Occidente – sono parole del Papa nel discorso del 12 settembre all’Università di Ratisbona – da molti anni è minacciato da una avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione e così può subire solo un grande danno», come quello appunto di non riconoscere più la sua storia profonda, cioè le sue radici.

E il Papa, sempre nel discorso di Ratisbona, ripercorre brevemente questa storia.

Dopo aver parlato del «vicendevole avvicinamento interiore che si è avuto tra la fede biblica e l’interrogarsi sul piano filosofico del pensiero greco» ha affermato che «il cristianesimo, nonostante la sua origine e qualche suo sviluppo importante in Oriente, ha infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa». «Questo incontro, al quale si aggiunge successivamente il patrimonio di Roma, ha creato l’Europa e rimane il fondamento di ciò che con ragione si può chiamare Europa».

Certo a delineare la sua fisionomia, per esempio su una affermazione più puntuale dei diritti dell’uomo, hanno contribuito nel corso dei secoli anche scuole di pensiero e movimenti culturali che spesso si sono contrapposti al Cristianesimo. Sono contributi che vanno riconosciuti e valorizzati, anche se, a ben guardare, al di là delle polemiche del tempo, questi stessi valori trovano la loro origine e il loro pieno inveramento nel messaggio cristiano.Ricordare, come ha fatto Benedetto XVI, le radici cristiane dell’Europa non vuol dire affatto affermare una superiorità orgogliosa o promuovere di fatto uno scontro di civiltà, come superficialmente o forse interessatamente si è detto anche in questi giorni, magari senza neanche aver letto il testo del Papa, ma stabilire che il necessario dialogo con altre culture, con cui l’Europa è chiamata a misurarsi, presuppone per essere proficuo rispetto e apertura, ma sempre nella chiarezza della propria identità. Ma per dialogare bisogna essere in due. E le scomposte reazioni delle piazze islamiche – fomentate da tv e siti internet – ad una singola citazione estrapolata dalla «lectio magistralis» di Benedetto XVI a Ratisbona, ci dicono che non sarà facile.

Andrea Fagioli