Opinioni & Commenti

Impara l’enciclica e non metterla da parte

Piace a molti. Dispiace a qualcuno. Convince e spaventa, attrae e impegna. Di certo sarebbe piaciuta ad Alex Langer, di cui assai pochi si sono ricordati l’anniversario tondo (1995, luglio) della tragica morte fiorentina: la conversione ecologica cui ci chiama papa Francesco – quella capace di dare centralità non solo alla evoluzione delle tecnologie per la difesa dell’ambiente ma anche ai mutamenti sociali e ai nuovi stili di vita per costruire un «futuro amico» – era infatti fondamentale nel pensiero e nell’azione di colui che fu tra i fondatori dei Verdi italiani ed europei oltre che, più in generale, del pensiero ecologista. Pensiero che oggi, almeno in Italia, continua a vivere fasi di appannamento in un contesto (le infinite potenzialità della sharing, l’economia «di condivisione») teoricamente favorevole anche a causa del fallimento di altri «pensieri» con un vuoto di valori assai urgente da riempire. Pensiero che, adesso, potrebbe essere reinterpretato e rilanciato anche come conseguenza di Laudato si’, l’enciclica che piace e dispiace, convince e spaventa, attrae e impegna.

Un documento che non sarebbe male i vacanzieri trovassero il modo di mettere in valigia ma trovassero soprattutto il tempo di leggere. Facendosi aiutare da uno fra i più noti, e citati, ricordi proprio di Langer quando, poco tempo prima di togliersi la vita sulle colline di Firenze, invitò ad abbandonare la triplice tentazione del motto olimpionico (citius, altius, fortius) per imboccare il sentiero opposto (lentius, profundis, suavis). E non c’è bisogno di traduzioni per capire il senso di un cambio di ritmo valido non solo a livello macro ma anche nei nostri privati stili di vita.

Ed è anche questo l’invito forte di papa Francesco con la sua enciclica dedicata alla «cura della casa comune». Attenti, però, a dirla tutta: l’aspetto forse più originale del documento (lo hanno notato in tanti, ad esempio un altro Alex, padre Zanotelli) abita nel fatto che papa Francesco al «grido della terra» ha voluto unire il «grido dei poveri»: ricordandoci (49) che «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri».

E adesso, adesso che fare? Parole così dure e ferme, esplicite e semplici, possono lasciarci – come popolo cristiano e come cittadini di democrazie sempre più ferite – indifferenti e impotenti? Certo che sì. È certo questo che capiterà a tanti fra noi, colpiti per qualche attimo, dalla drammaticità dei cambiamenti climatici o dalle contraddizioni sui rifiuti o dallo scandalo del cibo che sovrabbonda fra noi obesi per «mancare» in altre zone dello stesso pianeta, ma poi, tutto sommato, incapaci di sottrarsi alle potenti lusinghe delle tante distrazioni di massa. Chi se ne frega, continueremo a dirci, del grido dei poveri intrecciato con il grido della terra? E perché cambiare stili di vita se, all’apparenza, tutto può andare avanti ancora per chissà quanto tempo, alla faccia di catastrofisti e gufi ma anche alla faccia di un papa pure simpatico ma arrivato da così tanto lontano che osa perfino parlare come … mangia?

Possiamo, certo, cavarcela così. Ma possiamo pure prenderlo sul serio quel grido. E possiamo anche agire: ad esempio localmente, iniziando da realtà parrocchiali ancora troppo lontane, in generale, dal farsi coinvolgere su scenari sociali, figurarsi gli ambientali. Qualcuno (ad esempio Greenaccord che sta lanciando un progetto sperimentale: «sentinelle del Creato») inizia a muoversi. Può avere la sua importanza, nella riflessione e nell’azione, una giornata (il primo settembre), da celebrare magari anche in altra data, comunque nel mese dopo la pausa estiva: la giornata voluta dalle Chiese europee per la «salvaguardia» e la «custodia» del Creato.

Meglio se si è capaci di non fermarsi alla retorica delle frasi fatte. Meglio se si riesce, anche in sede locale, a reagire contro quelle «strutture di peccato», in ambito economico e ambientale, che in concreto attentano alle ragioni di «sorella terra». E meglio se, oltre a riflettere, si passa a qualche azione pratica. Dispiacendo magari a qualcuno come spesso capita a papa Francesco.

Ad aiutarci, qui in Toscana, abbiamo la fortuna di non pochi ambienti. Uno possiamo trovarlo in provincia di Grosseto: la comunità monastica di Siloe, fresca di un film festival («Alla ricerca del volto fra i volti») che si è concluso la scorsa settimana. Avendo in mente l’invito di Alex Langer a costruire, partendo dal basso di noi stessi, un futuro «amico» con tre leve all’apparenza deboli: lentezza, profondità, dolcezza.