Lettere in redazione

Influenza «A», il bluff dei vaccini

E’ notizia di questi giorni che il ministero della salute ha chiesto alle regioni di restituire le dosi di vaccino per l’influenza A non utilizzate, per girarle poi all’Oms o ai paesi più poveri. E sarebbero milioni di dosi, per una cifra davvero rilevante. Soldi pubblici buttati via. O meglio, «regalati» alle grandi aziende farmaceutiche. Prima si è fatto del terrorismo descrivendo la pandemia come già in corso e con effetti devastanti. Poi si è creato attesa per quel vaccino che non arrivava. E alla fine ci dicono: «Signori abbiamo scherzato, non è successo niente». Eppure mi sembra che nessuno si scandalizzi di quanto è successo.

A. L.Siena

In tutta la vicenda vi sono delle zone d’ombra, che non so se saranno mai chiarite. Per esempio il ruolo avuto da alcuni consulenti di cui si avvale l’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità), palesemente in conflitto d’interesse per essere a libro paga delle principali aziende farmaceutiche, come ha denunciati il capo della Commissione sanità del Consiglio d’Europa. Nel nostro paese, il ministro Sacconi ha firmato il 21 agosto 2009 un contratto con l’azienda farmaceutica Novartis per l’acquisto di 24 milioni di dosi di vaccino, per una spesa attorno ai 184 milioni di euro. Contratto le cui clausole, però, non sono state ancora rese pubbliche. Di quelle 24 milioni di dosi ne sono state effettivamente distribuite – in otto fasi – 10 milioni e 47 mila, ma utilizzate soltanto 855 mila. La Toscana, ad esempio, aveva ricevuto 623 mila dosi e ne ha usate l’8,5%.

I primi a non credere nella necessità di vaccinarsi sono stati medici e operatori sanitari (una delle categorie più a rischio e che, per questo, avevano la precedenza): solo il 15% lo ha fatto. Quanto al bilancio finale della pandemia, gli infettati in Italia sono stati attorno ai 4,5 milioni. 455 i ricoverati per sindrome respiratoria acuta. Le vittime – in tutto 228, di cui 6 in Toscana – sono stimate nello 0,005% dei malati, molto meno di quelli di una normale influenza stagionale. Ma probabilmente il dato è ancora inferiore, dal momento che i contagiati effettivi potrebbero essere stati di più.

Detto questo, mi chiedo però cos’altro poteva fare il nostro Paese di fronte ad un allarme pandemia a livello 6 (il massimo) lanciato l’11 giugno 2009 dal direttore generale dell’Oms Margaret Chan. In Europa solo la Polonia non ha acquistato vaccini e oggi può essere contenta di aver risparmiato tanti soldi.

Ma il principio di precauzione che ha mosso le nostre autorità è giusto. Ricordiamoci cosa si diceva a settembre, in Italia quando a Napoli ci furono le prime vittime per l’influenza A. E del panico –immotivato – che stava prendendo tanti, con l’assalto ai pronto soccorso degli ospedali. Ringraziamo Dio che la strage non c’è stata e magari per il futuro chiediamo più trasparenza e competenza all’Oms e ai governi.

Claudio Turrini