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Intervista al ministro D’Incà: ora serve più coordinamento tra Stato e Regioni

Il governo è stato accusato di aver esautorato il Parlamento. Davvero stati compressi i diritti delle Camere?

Credo di poter rispondere prendendo in prestito le parole di Gustavo Zagrebelsky: “Il decreto numero 6 di febbraio stabilisce che le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”. Le misure sono autorizzate dalla legge e il Governo ne ha fatto uso in quanto autorità competente. Non sono stati usurpati poteri che non fossero stati concessi precedentemente dal Parlamento. I poteri sono tutt’altro che pieni, essendo limitati dallo scopo che è ‘il contenimento della diffusione del virus’. Fuori da questa finalità sarebbero illegittimi. I poteri che sono stati conferiti dal Parlamento, li stiamo utilizzando attraverso una decretazione d’urgenza che ci permette di intervenire immediatamente per affrontare la gravità di questa epidemia. Grazie alle misure prese tempestivamente, abbiamo raggiunto lo scopo di migliorare la situazione epidemiologica, aprire molte attività il 4 maggio e portare a lavorare 4 milioni di persone.

I rapporti all’interno della maggioranza, soprattutto con Italia viva, sono tornati a essere tesi. Il governo rischia?

Il Governo non rischia assolutamente. Vi è una forte unità di intenti e io condivido costantemente i lavori che portiamo avanti in parlamento con Maria Elena Boschi e Davide Faraone, i capigruppo di Italia Viva. Con loro troviamo sempre le soluzioni più adeguate per migliorare i testi di legge e portare nuova linfa vitale con idee che possano rafforzare il corso della legislatura e della maggioranza di Governo. Se potessi dare un consiglio a Renzi, gli direi solo che alcune volte si può essere grandi capitani, altre volte grandi gregari. In entrambe i casi si può essere grandi uomini.L’emergenza coronavirus ha mostrato forse delle criticità nel modello del regionalismo. Sarà necessaria una riflessione sul nostro sistema istituzionale nel rapporto con le Regioni? Alcune regioni hanno avuto eccessivo protagonismo da parte dei loro presidenti, dovuto probabilmente ad un calcolo politico locale. Abbiamo sempre cercato il confronto diretto, sia attraverso l’intervento del Ministro per gli Affari Regionali sia attraverso il premier Conte. L’obiettivo è sempre stato tenere una linea che lasciasse anche una parte di libertà nelle ordinanze locali, nel caso fossero più dure e restrittive rispetto ai nostri dpcm. Credo che in futuro dovremo fare una riflessione sul nostro sistema istituzionale, per quanto riguarda i rapporti con le regioni, perché dobbiamo essere pronti a poter reagire ad emergenze simili a quella che abbiamo affrontato velocemente e senza conflitti.

In Toscana pare che l’epidemia sia abbastanza sotto controllo. Quale sarà lo spazio di autonomia di intervento per la fase 2?

Il momento della riapertura ormai è giunto. Credo che le autonomie di intervento, della Toscana come delle altre regioni, debbano essere limitate e sia necessario lavorare con un grande coordinamento, in modo tale da individuare possibili differenziazioni. Premesso che ci sono ancora alcune regioni che hanno un grado di contagiosità del virus R0 vicino a 1 e altre che non hanno contagi da giorni, credo sia comunque corretto promuovere un lavoro nel massimo del coordinamento tra Stato e regioni stesse.

Nel prossimo decreto ci saranno misure ad hoc sui dispositivi sanitari?

Toglieremo l’Iva e i cittadini acquisteranno le mascherine chirurgiche a un prezzo di 50 centesimi. Il governo ha stretto accordi con 5 aziende che produrranno 660 milioni di mascherine al prezzo di 38 centesimi, 6 a testa. La mascherina diventerà la vera arma di protezione di massa, il salva-vita che accompagnerà per mesi e mesi. Poi starà a noi mantenere le distanze, in attesa del vaccino. Da metà giugno l’Italia produrrà mascherine in modo crescente, da 4 milioni al giorno fino a 35 milioni a metà agosto.

C’è anche la questione delle cerimonie religiose, quando sarà possibile tornare in Chiesa?

Il rapporto con la Cei è molto stretto e stiamo portando avanti un lavoro continuo e sinergico. Tutti sappiamo quanto sia importante nutrire il corpo e anche lo spirito. Siamo intervenuti in maniera restrittiva perché le messe e i funerali possono essere un momento di aggregazione e quindi ci può essere un alto rischio di contagio. Stiamo sviluppando dei protocolli che ci consentiranno di avere la massima sicurezza anche nelle cerimonie religiose e ci permetteranno quindi di poter gestire in tempi minori la riapertura delle nostre chiese.