Mondo

Israele-Iran: Paura a Teheran, sospese le attività di Caritas Gerusalemme

In Iran si vive nel terrore a causa dei continui bombardamenti, mentre gran parte della popolazione è priva di rifugi antiaerei. In Israele, Caritas Gerusalemme ha sospeso ogni attività per l’aggravarsi del conflitto, che ora coinvolge anche Teheran. Don Pagniello, direttore di Caritas italiana, denuncia la guerra come una “sconfitta per tutti” e invita a una maggiore comprensione geopolitica per prevenire le crisi future. Cresce l’impotenza della società civile di fronte a un conflitto che sembra ormai globale

Missili su Bagdad (foto Afp-Sir)

In Iran ci sono bombardamenti continui da venerdì. La notte non si dorme. Si sta chiusi in casa con tanta paura, frustrazione. La maggior parte della popolazione non ha rifugi antiaerei dove rifugiarsi in caso di attacco dal cielo da parte delle forze israeliane. La popolazione spera solo che la situazione si calmi prima o poi ma la preoccupazione è tanta. Sono alcune delle informazioni giunte al Sir da Teheran da una fonte che chiede l’anonimato.

In Israele Caritas Gerusalemme sospende le operazioni. Intanto in Israele “tutti i colleghi di Caritas Gerusalemme, da venerdì mattina, hanno sospeso tutte le operazioni, sia dentro Gaza che nel resto della Palestina”, spiega al Sir Danilo Feliciangeli, responsabile del Servizio Medio Oriente e Nord Africa, di ritorno da un incontro in Libano con tutte le Caritas del Medio Oriente, Nord Africa e Corno d’Africa. “Purtroppo, le comunicazioni con Gaza sono interrotte e non abbiamo notizie – prosegue -. Da Caritas Gerusalemme ci dicono solo che c’è stato un ulteriore peggioramento: prima c’era il rischio dell’attacco israeliano, ora c’è anche il fronte iraniano.

Quindi c’è il doppio rischio che piovano missili addosso. È una situazione in cui non si può dire: ‘Qualcuno vincerà, qualcuno perderà, o cambierà qualcosa in positivo’. Il sentimento più evidente è la frustrazione, la stanchezza, oltre a tutto il dolore che stanno vivendo da un anno e mezzo. La sensazione forte che emerge è un’incapacità totale di vedere un po’ di luce, di speranza, di prospettiva”.

“La guerra è una sconfitta per tutti”. Don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, ritiene “la situazione molto complessa: si stanno rimettendo in gioco gli equilibri del mondo, e questo sta accadendo attraverso la regione mediorientale, che da sempre è un focolaio, un luogo dove non si riesce a trovare una convivenza stabile, né tra religioni, né tra interessi diversi”. La cosa grave è che

“ancora una volta si è affidato alle armi il potere di ridisegnare i confini, ma soprattutto i ruoli. Un potere, però, che genera morte. Lo ribadisco di nuovo con forza: la guerra è una sconfitta per tutti. Qualcuno vincerà, forse, ma la gente non vincerà mai. Perché sono sempre i più deboli a perdere la vita”.

Comprendere la situazione geopolitica per prevenire. Oltre alla preghiera, in questo momento storico così difficile, secondo don Pagniello, bisogna cercare di comprendere la situazione da un punto di vista geopolitico: “Perché un Capo di Stato si propone come mediatore? Perché un altro accetta? Perché un altro rifiuta? Capire questi meccanismi per poi provare a costruire politiche nuove nei nostri Paesi. Credo che oggi viviamo una grande difficoltà: non sappiamo più interpretare il mondo con le sue complessità, e di conseguenza le nostre politiche sono mordi e fuggi o politiche cerotto. Invece, dovremmo cominciare a prevenire le situazioni”.

Dopo i 55mila morti a Gaza, oggi si parla di 224 vittime in Iran. “Le famose parole di Papa Francesco — ‘una guerra mondiale a pezzi’ oggi sono evidenti – commenta il direttore di Caritas italiana -. Cosa manca ad una guerra mondiale? La bomba nucleare? O che vengano coinvolti direttamente i nostri Paesi? In realtà ci siamo già dentro. Quello che sta accadendo, anche con le piccole azioni di pseudo-terrorismo nei Paesi europei, parlano di un malessere profondo. Ragazzi che oggi non sanno più gestire le proprie emozioni, e arrivano a prendere un’arma per farsi giustizia da soli: questo è un effetto della guerra”.

Dal punto di vista della società civile e dell’opinione pubblica, osserva don Pagniello, “oggi sperimentiamo l’impotenza. È tutto molto strano: da una parte sappiamo, attraverso i mezzi di comunicazione, che qualcosa di grave sta accadendo; dall’altra, la quotidianità ci appare immobile, come se tutto fosse normale”. Forse, “anche come Chiesa, abbiamo messo troppo da parte il tema dell’educazione alla pace”, conclude.