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Israele, Vaccari (Rondine): “Non lasciamoci risucchiare dall’odio”

A parlare è Franco Vaccari, fondatore e presidente della Cittadella della pace in provincia di Arezzo, che ospita in questo momento anche 3 giovani israeliani, 3 palestinesi e 2 libanesi

Franco Vaccari, fondatore e presidente di Rondine

Pur venendo da luoghi di guerra, Palestina, Israele e Libano, Ucraina e Russia, da Armenia e Azerbaijan e da altri territori della «terza guerra mondiale a pezzi» – come l’ha definita papa Francesco – i giovani di Rondine hanno «scelto di diventare leader per i propri popoli, pur restando differenti nelle proprie storie personali, culturali, nazionali e religiose, ma annullando tra loro l’inimicizia, cioè svelando l’inganno che li separa e alimenta la spinta alla distruzione». A parlare è Franco Vaccari, fondatore e presidente della Cittadella della pace in provincia di Arezzo. Parlare di pace mentre fuori spirano venti di guerra sembra un’utopia.

A Rondine, in questo momento, ci sono 3 giovani israeliani, 3 palestinesi e 2 libanesi.

«Ma sono circa quaranta gli ex studenti di questi luoghi – continua Vaccari – che sono tornati a casa loro nei 25 anni della nostra scuola. Abbiamo uno sguardo nei luoghi della guerra e uno sguardo qui a Rondine, luogo della pace. Si potrebbe dire che siamo “strabici”».

Come stanno vivendo questo momento così drammatico i giovani del Medio Oriente?

«Tutti i sentimenti si mescolano di ora in ora: dolore, sgomento, angoscia, paura per i cari e gli amici. Abbiamo un collegamento privilegiato e continuo con fonti anche non ufficiali per essere aggiornati su quello che accade in varie parti del paese. Continua a salire il numero dei morti anche se, fortunatamente, i familiari dei ragazzi che sono da noi per il momento sono tutti salvi. Ma nella cerchia degli amici si contano già le prime vittime.

Però, ora più che mai, è il momento di tenere duro perché c’è bisogno di una luce che brilli e indichi una strada da percorrere: quella di non lasciarsi risucchiare dall’odio, di non farsi strappare il dono prezioso dell’amicizia che da noi nasce tutti i giorni. Dobbiamo trasformare i motivi della vendetta in occasioni di dialogo. Quindi con il dolore si mescola anche la speranza».

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